Caro Milo,
dopo quel che c'è stato fra noi, scriverti risulta stranissimo. Mi pare surreale spedire una lettera a casa tua, a casa nostra, ma non avevo scelta. Mi sono accorta che per troppi anni - nella nostra relazione - siamo state almeno in tre: io, la donna che mi consideravo mentre vivevo dentro la mia testa, e la donna apatica, delusa, rancorosa con cui condividevi la casa. Anche su di te ho scoperto cose nuove: che sai osare, spingerti a fondo rischiando azzardi decisivi; che la paura di perdere tutto non è in grado di impedirti di lottare per ciò che desideri. Mi hai dato conferma che l'uomo che ho conosciuto ti abita ancora. Io l'ho sempre visto, penso che dovresti farlo uscire più spesso. Ti ricordi quando ti dicevo che il compito della letteratura è illudere, mentre quello della vita è deludere? Per questo abbiamo bisogno di entrambe: la vita ci salva dall'illusione senza tempo della scrittura, dalla convinzione cieca che possa bastare a se stessa; la scrittura ci salva dalla concretezza della vita e dall'impressione che le cose non siano altro che quel che crediamo. Sai, il problema di chi scrive, è sempre la scelta di un punto di vista. Mi sono accorta che, osservandomi solo dal mio, le certezze che credevo di avere non erano niente. Che il romanzo al quale stavo lavorando da dodici anni non riusciva a procedere per un semplice motivo : non era la storia che volevo raccontare. Ma avevo paura a lasciarla andare perchè era tutto ciò che avevo. Andavo avanti nella condizione quasi disperata di restare fedele a qualcosa. Mi agitavo accarezzando un desiderio in fondo banale, comune, quello di scrivere un libro che fosse magnifico, e che nella mia fantasia sarebbe rimasto a lungo, forse per sempre. Allo stesso modo, avevo paura a lasciare andare te, per paura di sentirmi persa. Una barca senz' ancora.
Invece, nella quiete dopo la tempesta emotiva, grazie a questa nostra distanza, è germogliato in me il desiderio incontenibile di raccontare un'altra storia, forse quella che attendevo da un'intera vita, senza avere ancora capito quale fosse. Una storia che mi ha portata a una comprensione più profonda, non ottenibile in altra maniera dato che - come sai - scrivere è da sempre il mio metodo per capire le cose, volerle davvero. Mi sono resa conto - inoltre - che c'era solo una questione che non riuscivo sul serio a perdonarti. Non l'inganno in sé, non la rabbia in te, ma un sentimento più ordinario : attraverso la nostra corrispondenza tu hai avuto modo di vederti con i miei occhi, in una piccola zona segreta e protetta, mentre io non ho goduto che in parte dello stesso privilegio. Rileggendo le nostre lettere, però, più di tutto ho capito una cosa: dovevo mettere a frutto quest'esperienza. Perché forse non eri tu ad aver bisogno di restituirti alla mia vita, ma ero io ad avere bisogno di restituirmi alla mia. Ma, per farlo, anche per me diventa necessario potermi guardare con un altro paio d'occhi.
E ho scelto i tuoi.
Il pacco, che forse non hai ancora aperto, contiene una nuova storia. E' scritta per me da un punto di vista del tutto nuovo. Ciò che più amo della letteratura, è che non racconta solo le storie che accadono o che sono accadute, ma soprattutto quelle che potrebbero accadere. Questa qui non ha ancora un finale: magari potremmo scriverlo insieme.
Del resto, ti ho aspettato fino a qui, posso continuare a farlo, per tutto il tempo che servirà.
Ti bacio,
Nadia.
Matteo Bussola da L'invenzione di noi due
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