giovedì 26 agosto 2021

L ' EREDITA' DI FRANCESCA

 



" Un giorno, avevo otto anni, i capelli corti e una disperazione appena sbocciata, pensai : nei miei trent' anni mi ammalerò.
E così è stato ".  ( F. M. )




Se mi direte perché la palude

appare insuperabile,

allora vi dirò perché io credo

di poterla passare se ci provo.


                         Marianne Moore   ( I May, I Might, I Must )



                                      ***


" La vergogna è questa cosa qui. Ci rivela cosa siamo per gli altri, quanto valiamo nel catalogo dei vivi, ora che siamo guasti " .



                   Francesca Mannocchi  ( Bianco è il colore del danno )



ASPETTAMI...




                  

                                              Per bambini e non ...



                                             frida



IN ME IL TUO RICORDO

 


                                     Penso che tu sei il meno morto di tutti i miei morti...





bo


dici sempre bo

che cosa vuol dire bo

non vuole dire niente bo


ma se fosse

l'inizio di qualcosa d'altro il principio

di un'esplosione


bomba


bottone


bocca



                                            ***


hai predisposto tutto

come si fa ai matrimoni

le tue cartoline a sinistra

e sempre a sinistra

il libro dove si firma per dire

io c'ero

a destra una panca per riposarsi

e in fondo un giradischi

e non so quanti vinili

_ che posto perfetto per ballare!


se non fosse che

in mezzo a tutta quella vita

c'era il tuo corpo

senza vita

comprese le tue mani

che le riconoscerei tra cento

oh... Vit! mi sarei divertita!


ma ora che cosa vuoi che ti dica

se non trovo mezza parola per esprimere

tutta la vita che ci siamo scambiati

e allora quello che penso è che tu sei il meno

morto

di tutti i miei morti.



                                             ***


meno male che non si disimpara

a camminare

che ho fatto prove continue di cammino

in media

seimila passi al giorno

per trenta giorni

per dodici mesi

per ventiquattro anni

circa

cinquanta milioni

una preparazione appena sufficiente per non

restare paralizzata

sul ponte brunelleschi

sotto la pioggia di novembre

con il regalo di luca in un sacchetto di carta

mentre imploro al mio cuore di reggere

l'ennesimo attacco di

panico.



                              Stefania  Rucli      Inediti



martedì 24 agosto 2021

ALLA LUNA



                                            Che travagliosa era mia vita, né cangia stile...




XIV

O graziosa luna, io mi rammento

che, or volge l'anno, sovra questo colle

io venia pien d'angoscia a rimirarti :

e tu pendevi allor su quella selva

siccome or fai,  che tutta la rischiari.

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci

il tuo volto apparia, che travagliosa

era mia vita : ed è, né cangia stile,

o mia diletta luna.

E pur mi giova 

la ricordanza, e il noverar l'etate

del mio dolore.

Oh come grato occorre

nel tempo giovanil, quando ancora lungo

la speme e breve ha la memoria il corso,

il rimembrar delle passate cose,

ancor che triste, e che l'affanno duri!



                                Giacomo Leopardi   da   Canti, 1819



IL GRIDO DI GIOBBE ( presentazione )

 

Il male che si accanisce contro Giobbe non può più essere concepito come una punizione, perché egli non ha commesso alcun delitto; non può più essere una vendetta poiché egli non ha colpito nessuno.Nel trovarsi esposto alla violenza insensata della sofferenza, Giobbe si trova immerso in una esperienza intraducibile. Resta solo il grido rivolto a Dio come il modo più radicale della domanda. La stessa che egli porta nell'etimo del suo nome: Giobbe significa nella lingua ebraica " dov'è il padre? ". Domanda che sovrasta ogni possibile risposta. Il dolore di Giobbe non può essere ricondotto all'ordine del senso perché nessuna teologia, come nessun'altra forma di sapere, è in grado di spiegare l'eccesso. Il grido di Giobbe accade quando le parole sono costrette al silenzio, spezzate dal trauma del male. Esso non è indice di rassegnazione, ma di lotta e di resistenza.



                                            f.


IL GRIDO DI GIOBBE 1

 


" Sono diventato il sarcasmo dei miei amici, io che grido a Dio perché mi risponda; sarcasmo, io che sono il giusto, l'integro! ( Gb 12, 4 )




(...) Nel racconto biblico, Giobbe appare come un grido. E' la sua postura di fondo. Il grido è il modo più estremo della domanda. Non si articola nelle parole, non risponde alla legge del linguaggio, non è adottato da nessun significante. Esce dal corpo come un altro corpo. E' uno strappo, una lesione, una nuda voce. Quella del bambino inerme innanzitutto. Il grido accompagna la nascita e le prime turbolenti percezioni della vita. Di fronte alla condizione di estrema passività e sconforto nella quale il bambino si trova gettato, il grido appare come una prima invocazione della vita rivolta all' Altro. E' lo stesso che si ripete in coloro che si trovano esposti ad un pericolo o a una condizione di  derelizione. E' lo stesso che sorge dalla sofferenza che intacca alla radice la vita umana. Anche nell'esperienza analitica - in ogni paziente - si palesa il grido come domanda di soccorso. E' questa una delle eredità bibliche della psicanalisi dell'ebreo Freud : rispondere al grido della sofferenza, interrogarne il senso. E' questo ciò che Giobbe insistentemente chiede: qual è il senso del dolore che mi affligge? Di fronte alla lama della sofferenza la sua voce non si adagia remissiva nel silenzio, non sussurra, non dialoga con i suoi amici, non si ripiega in una contemplazione meramente teoretica del dolore del mondo. La voce di Giobbe prende corpo solo nel grido. E' il carattere blasfemo della sua interrogazione. E se Dio fosse l'artefice del male, se fosse un persecutore anziché un padre? Se non fosse il Dio del patto, ma il Dio voluttuoso e inumano della pura potenza? Anche la bestemmia, rompendo le consuetudini della comunicazione umana, tende al grido. Giobbe oscilla tra il grido della bestemmia e quello dell'invocazione : bestemmia il Dio sadico che infligge dolore al giusto, mentre invoca il Dio padre dell'universo. La domanda intorno al senso della sofferenza prevale su ogni possibile risposta. Perché la violenza del male si accanisce sull'innocente? Questa domanda nel Libro di Giobbe è la pietra dello scandalo. La sofferenza che non è stata generata dalla colpa, che non è manifestazione della ritorsione della Legge sul reo, eccede ogni forma di spiegazione. Il dolore dell'innocente sovverte la rappresentazione morale della Legge di Dio poiché nessuna Legge, nemmeno quella di Dio, può giustificarne l'esistenza. Questa Legge, infatti, di fronte alla domanda di Giobbe, resta opaca, illeggibile, indecifrabile. (...)



                          Massimo Recalcati  da   Il grido di Giobbe



IL GRIDO DI GIOBBE 2


(...) La scena che domina il Libro di Giobbe è allora quella di un abbandono: l'uomo retto e giusto, timorato di Dio, viene lasciato cadere, rotola nella " polvere e nella cenere", il suo corpo viene ricoperto di piaghe. La notte di Giobbe assomiglia a quella di Gesù nell' Orto del Getsemani: il padre non si cura del figlio, non lo tutela, lo lascia nella solitudine più assoluta; il silenzio di Dio appare scandaloso di fronte al dolore dell'uomo. Ma costretto a questa solitudine e a questo silenzio, Giobbe non cessa di rivolgersi a Dio. La sua deve insiste nella forma acuta del grido: " Perché ? " Perché la legge di Dio non sanziona il malvagio e azzanna l'innocente? Il dolore di Giobbe non può essere ricondotto all'ordine del senso perché nessuna teologia è in grado di spiegarne l'eccesso. Il grido di Giove accade laddove le parole della teologia sono costrette al silenzio, dove ogni forma di sapere deve rivelare i propri limiti. L'uomo non è padrone del dolore come non è padrone della propria morte. Giobbe però, diversamente dall'uomo greco, non si limita a costatare l'assurdità del dolore, la sua originaria insensatezza e crudeltà, ma insiste nel rivolgersi a Dio, esige di incontrarlo " faccia a faccia", di vederlo in persona. E' per questo suo carattere radicale che la domanda di Giobbe mette sottosopra la Legge di Dio. Il Dio della  Legge di cui Mosè canta le lodi e il rigore nel Deuteronomio mostra un altro volto, quello inquietante di un nemico irriducibile all'uomo. Mentre il Dio di Mosè è il Dio del patto, quello di Giobbe è il Dio della potenza che infrange il patto. Di fronte al destino che si accanisce contro la sua vita, egli non sceglie però la via del sacrificio rassegnato di se stesso, quanto quella del grido. Egli desidera incontrare Dio che ha rotto il patto per chiedere le ragioni di questa disdetta drammatica. Ma quando finalmente, al termine del Libro, avviene l'incontro con Dio in persona, Giobbe si trova di fronte alla dismisura della creazione. La potenza di Dio non è la potenza del male, ma quella ontologica della creazione. Egli deve così rettificare la sua posizione, convertendosi a una nuova versione della fede. (...)



                     Massimo Recalcati  da    Il grido di Giobbe



domenica 22 agosto 2021

UNA VIA LATTEA PER DIEGO




                         Così non resta che impazzire di fronte ai numeri dell'amore...


" Un'opera bianca e nera. Della stessa eleganza di una scacchiera, della tastiera di un pianoforte. Del pianissimo vellutato di Benedetti Michelangeli. Diego Caiazzo è scacchista professionista e appassionato di musica, di Bach soprattutto. Al primo impatto con la sua poesia si resta un po' perplessi, ma poi il fascino di questa parola scarna ha la meglio. " La Via Lattea" è un titolo perfetto : connota il distacco sidereo, la noncuranza emotiva del tono, la scorrevolezza senza attriti della lingua, l'impressione di una straordinaria chiarezza comunicativa. La mano di Caiazzo sembra - come quella di Manzoni per Goethe - " non avere nervi. Ma la sua tematica ce li ha, i nervi: il tempo che passa, l'invecchiamento, gli amori disillusi e finiti e quelli ancora vivi e appassionati, le domande esistenziali che tutti ci poniamo e che restano senza risposta ;tutto questo non è emotivamente neutro e " arriva" con una immediatezza lancinante proprio per la pacatezza dello stile. Tra il disadorno e lo sciatto, c'è uno scarto lieve ma enorme, e il poeta si muove su un confine da cui è facile deragliare. Solo numerose letture aiuteranno a stabilire quando l'esposizione nuda di un fatto, di una legge scientifica o di un dubbio varcano i confini della poesia e si abbandonano al flusso della quotidianità. Resta la traccia - incancellabile - del lavoro di un poeta che in un piccolo pugno di versi ha amalgamato il galileiano candore di una mente matematica ad una sensibilità esasperata e amara. " ( 





Si presenta improvvisamente

nella storia

come uno che entra al cinema

a film iniziato

non sa nulla del mondo

questo bambino appena nato

con gli occhietti straniti

sembra chiedere a chi lo guarda

cosa si è perso

fino a quel momento.



                                             ***


L'altro giorno mi sono mancate

le parole

ora le ho tutte ma è tardi

i francesi lo chiamano

esprit de l'escalier

lo spirito che torna in sé

quando ormai si è per le scale

e davvero la vita può cambiare

per un'inezia

una parola non detta

un soffio di vento

così la mia vola via

cambia strada

senza nemmeno saperlo

e neanche può perdere tempo

a rallegrarsene

o a dolersene.



                                     ***


Con l'accumularsi dei giorni

i sentimenti diventano più sfumati,

indefiniti, come fossero dipinti

in un quadro impressionista;

l'amore è sempre meno puro,

come una reazione chimica

prende molecole dall'odio,

dall'affetto, dall'indifferenza,

così mi preparo ad un'età

di pensieri spurii, di passioni

fraintese, di sguardi incomprensibili,

da segnare - come un oculato

ragioniere - nel regno del dare

e dell'avere.



                                         ***


Dagobert D. Runes

dizionario di filosofia

Oscar Studio Mondadori

" stampato nell' Aprile 1975 ",

l'ultima pagina rivela l'età

i fogli sono gialli

come una pelle malata

picchiettati di puntini neri

come minuscoli nei

segni d'una corruzione

chimica della carta

non avevo ancora vent'anni

quando comprai questo libro

considerandolo eterno

come me stesso

ora dopo altri trenta

l'ittero della cellulosa

ne rivela la fragilità

ricorda che non resisterà

ancora a lungo

al passare del tempo

una tragica avvertenza

al lettore sul suo

disfacimento.



                                          ***


La Via Lattea di notte

si offre ai desideri degli astronomi

mostra il suo corpo fatto

di isole di luce

di gas arroventati

di ingorghi di materia,

come una donna che rivela

un po' alla volta

il suo mistero erotico

gioca con chi l'osserva

e ne suscita lo stupore immenso

lo sfacelo della comprensione

l'infinità dei calcoli e degli sguardi

così non resta che impazzire

di fronte ai numeri incredibili

dell'amore e dell'universo.




                            Diego Caiazzo   da   La Via Lattea



sabato 21 agosto 2021

C' E' MURO E MURO...




   Si è sempre detto : " Erigere un muro" per evidenziare una volontà di distanza e di allontanamento...





 .... ma il rifiuto di soccorrere chi chiede aiuto è lo stesso.

Non si è ancora del tutto cancellato ( ammesso che si possa ) il triste ricordo del muro fatto erigere dal presidente degli U.S.A Trump al confine con il Messico per allontanare, respingere, demotivare immigrazioni " clandestine" negli  States da parte di disperati messicani e di altri civili dell' America Latina, che un altro è già stato eretto a tempo di record . Mi riferisco al muro ( 40 km dotato dei più moderni sistemi di sorveglianza ) approntato ai confini greco - turchi dal Governo greco allo scopo di fermare un'eventuale ondata di migranti dall' Afghanistan :" Non possiamo aspettare passivamente il possibile impatto" ha detto ieri il ministro della Protezione dei Cittadini ( !!!! ) Michalis Chrisochoidis durante una visita nella regione di Evros : " I nostri confini rimarranno inviolabili".

Ma è passato così tanto tempo da quando al Liceo ho studiato i Classici, tramandateci come esempio " perenne " di civiltà?. Mi risulta che a quei tempi l'ospitalità fosse sacra....

( Mi rendo conto che avere a che fare con un ospite non è lo stesso che dover fronteggiare qualche ( possibile ) migliaio di persone in fuga dalla guerra, ma uno Stato che si periti di essere passato alla Storia come  la " culla della civiltà " non può erigere un MURO per respingere chi chiede aiuto.

No, Non può.



                                         frida



DON GIOVANNI ALL'OSSARIO



                                             Quanto ancora sul tasto ribattendo Sokolov...




Domandarsi, così, a tempo perso, cosa tu faccia.

Dentro gli occhi il ricordo scaleno della tua faccia.



                                                  ***


A quanti lutti, sempre a qualche lutto

dovrò rifarmi per immaginarmi

di un certo peso, in qualche modo arreso

alla coscienza, anch'io coinvolto in quanto

intanto andava, proseguiva, andava,

mi sterminava intanto.



                                      ***


Che lenti accoppiamenti. ( Delle mosche . Per aria )


                                 E parità, virtù, sinonimia.

O casta vita che con me - ma basta.


( Per stare in agio dentro il tuo deserto

ho preso una camicia color sabbia ).



                                                      ***


Le case crolleranno, si è dimezzato

nel bianco l'Oltrarno e in sovrapposte

immagini trascorre per la brina

la figura. Non avendo mercato

da comprarvi o da spendervi lo stipendio di grazia

me lo tengo per me, mi ci trastullo in cadavere:


fioccano i tuoi bei dentini da tutte le parti,

lo scrigno di Ligeia si è aperto e non posso

con l'icona di quella martoriata

bocca sdarmi nel sangue della neve.


( E quanto dura la neve, quanto dura Pistoia,

quanto ancora sul tasto ribattendo Sokolov

porterà la memoria di te a sognarsi ancora non nata.

Dentro la vita morbida ci si gettava il seme

del futuro, ma nulla funzionava. Nell'atteso

meccanismo inceppavano gli umori finali.

Quando hanno detto nevica ho guardato la neve

e con la mano affondavi nel linimento del bianco, ti ho

gettato una corda di parolette sottili, ma l'ho

mancata di poco la tua mano vermiglia, la

tensione cresceva, ti si spaccavano i pori.


Ma le città quanto durano, quanto

dura il nevaio, dalla finestra lo vedo

e mi ripete che è morto, che non si

sveglia la crepa, che qui

nessuno ti sgela ).



                    Francesco  Vasarri  da   Don Giovanni all'ossario

                                 


AUTODAFE'



                                                               Pedro Berruguete -  Autodafé



Autodafé di Pedro Berruguete raffigura il Tribunale dell' Inquisizione presieduto da Domenico di Guzman ed è un esempio di naturalismo fiammingo e stile italiano del Quattrocento. Il dipinto era parte di una Pala con storie del Santo. Fu documentata - infatti - nel convento di San Domenico de Avila. Nel quadro, San Domenico perdona Raimondo albigese che si trova con alcuni eretici condannati a morte dal Tribunale dell' Inquisizione. Gli uomini sono destinati ad essere arsi vivi.




Mi hai telefonato mentre pensavo a Costanza d' Altavilla.

Mi hai investito di parole che qualcuno era morto.

Nelle tue rare pause, facevo scivolare dei monosillabi nella corrente.

Capisci, non è stato per indifferenza o durezza di cuore.

Mi hai colto tra miniature medioevali.

Invischiato in faccende che non mi riguardavano.



                                                   ***


Una volta ho regalato a un'amica una busta.

Dicendole : " La aprirai quando sarai molto vecchia ".

Non penso più che si tratti di buon gusto.

Ho creduto così di aleggiare nella sua vecchiaia.

Di travasarmi nel suo tempo, io giovane, lei anziana.



                                                      ***


Tu in fondo, io al centro,

la tua testa spunta fra gli altri passeggeri.

Quando l'autobus sobbalza, tu spunti.

Come un'arca di Noè, tra le onde,

la tua testa mette in salvo

qualcosa di me, di te, sobbalzando.



                                                     ***


La funzione non è durata molto,

poi le macchine in processione :

abbiamo varcato il cancello,

la terra profumava di crisantemi.

Ci siamo avvicinati alla fossa,

è stato sciolto il fazzoletto:

il becchino ne ha guidato il contenuto,

è sceso senza suono.

Era da un libro che ci congedavamo.

Qualcuno ha versato una lacrima.

Ci siamo diradati in  fretta

tra saluti distaccati.

Qualcuno ha detto :" Ha smesso di soffrire ",

e qualcuno ha fatto eco:

" sì, ha smesso di soffrire ".



                                                 ***


Per sopravvivere è necessario specializzarsi,

diventare esperto in qualche specie

naturale, linguistica o sociale.

Per sopravvivere è necessario resistere

alle sirene del Tutto,

alle esche dell'enciclopedia.

Per sopravvivere è necessario un'autodafé

perché il mondo rinasca  dalle sue ceneri

sotto forma di un articolo.



             Damiano Sinfonico  da   Storie;  Lingualuce



venerdì 20 agosto 2021

LE PAURE DELL' EUROPA



                                                                 Rassicurazioni talebane



 Niente profughi, grazie. L' unica cosa che sa dire l' Europa di fronte alla crisi afghana, è che non è disposta ad accogliere chi fugge dal terrore talebano. Una posizione che squarcia il velo su cosa siamo: un continente vecchio, impaurito ed egoista che voleva esportare democrazia, e che non è stato nemmeno in grado di offrire un briciolo di umanità.  250.000 persone su un continente che ne conta 446 milioni, sono lo 0,005% della popolazione.  5 persone ogni 10 mila, se volete contarle.  1 ogni 2mila, se preferite. L' omeopatia dell'accoglienza, in un mondo anche solo vagamente normale. E invece no: oggi i giornali italiani aprono con titoli come : " La paura dell' Europa. Si rischia un'ondata di 250.000 profughi". Paura. Rischio. Come se la narrazione di quanto sta accadendo in Afghanistan, dove le ragazze nubili si barricano in casa per non essere sposate - verbo transitivo - a un guerriero talebano; dove le madri abbandonano i figli neonati gettandoli oltre il filo spinato tra le braccia di un soldato qualunque; dove dei ragazzi si siedono sul carrello di un aereo come fosse il predellino di un autobus e cascano al suolo; dove gli assassini girano casa per casa a cercare i giornalisti sgraditi; dove tutto questo - insomma - non è che l'effetto collaterale del nostro rischio di incrociare un profugo afghano per strada, uno ogni duemila.

E del resto, è quel che dice Emmanuel Macron, " che ci toccherà fronteggiare un'emergenza chiamata immigrazione clandestina", come se ci fosse qualcosa di " clandestino" nel richiedere asilo politico. Ed è quel che dice Matteo Salvini, che si è offerto - bontà sua - di accogliere  moglie e figli, ma non i padri e i fratelli, perché i maschi adulti che vengono da quelle parti là - si sa! - sono terroristi in potenza. Ed è quel che ha detto ( e mi dispiace ! , n.d.r. ) con consumato aplomb da banchiere centrale, il presidente del Consiglio Mario Draghi  " che accoglieremo chi ha collaborato con  noi", ma basta così - per carità - che i soldi ci servono per fare il ponte sullo Stretto. E viene quasi da sorridere, di fronte a tutte le volte che, in questi 20 anni, abbiamo blaterato di civiltà superiore, di diritti umani universali, di spirito europeo, di fratellanza fra i popoli, mentre la realtà ci mostra impietosamente che l'idea che abbiamo di noi stessi - noi europei - è distante anni luce da ciò che siamo: un continente di vecchi impauriti dal prossimo, che pensa solo al proprio benessere, che si accaparra ( o tenta di farlo visti gli ultimi comunicati di Pfizer n.d.r. ) la terza e la quarta dose di vaccino, per poter uscire a bere lo spritz senza mascherina, mentre a mezzo mondo manca ancora la prima; che di fronte a una catastrofe umanitaria tra le tante che finge di non vedere, pensa solo a quel maledetto afghano su duemila.

Volevamo esportare la democrazia. Non siamo nemmeno in grado di offrire una briciola di umanità. Questa è la vera lezione che abbiamo imparato dall' Afghanistan. Teniamola a mente, al prossimo conato di retorica.



                         Francesco  Cancellato,  Fanpage.it



APPELLO


   

                                                   Sahraa Karimi, regista afghana




A TUTTE LE COMUNITA' DEL MONDO


Vi scrivo con il cuore spezzato e la speranza che possiate unirvi a me nel proteggere la mia bella gente. Nelle ultime settimane hanno preso il controllo di così tante province. Hanno massacrato il nostri popolo, hanno rapito molti bambini, hanno venduto le bambine come spose minorenni ai loro uomini, hanno assassinato donne per il loro abbigliamento, hanno torturato e assassinato uno dei nostri amati comici, hanno assassinato uno dei nostri poeti storici, hanno assassinato il capo della cultura e dei media per il governo, hanno assassinato persone affiliate al governo, hanno appeso pubblicamente alcuni dei nostri uomini, hanno sfollato centinaia di migliaia di famiglie...

I media, i governi e le organizzazioni umanitarie tacciono come se questo " accordo di pace" fosse legittimo... Non è mai stato legittimo. Se i Talebani hanno preso il sopravvento vieteranno anche ogni forma d'arte, spoglieranno i diritti delle donne, saremo spinti nell'ombra delle nostre case e della nostre voci, la nostra espressione sarà soffocata... Non capisco questo mondo. Non capisco questo silenzio. Io resterò a combattere per il mio paese, ma da sola non ce la faccio. Ho bisogno di alleati/ alleate. Per favore, aiutateci a far sì che questo mondo si preoccupi di quello che ci sta succedendo. Siate le nostre voci fuori dell' Afghanistan. Non avremo accesso a internet o a nessun strumento di comunicazione... Per favore, per quanto potete, condividete questo fatto con i vostri media e scrivete di noi sui vostri social.

Il mondo non dovrebbe voltarci le spalle.. Aiutateci!

Grazie mille. Apprezzo così tanto il vostro cuore puro e vero.


                               Sahraa  Karmi



N.B.  Sono io che non comprendo il motivo del vostro SILENZIO



                                       frida



giovedì 19 agosto 2021

" NON HO PIU' PAURA DI MORIRE..."


                                    

                                                         Non ho paura di morire...



.... dice Zarifa Ghafari, la più giovane sindaca del Paese. "I Talebani verranno a casa mia e mi uccideranno, come già hanno assassinato mio padre".

Ma noi non dobbiamo permetterlo.

A riprova di quanto sia importante che TUTTI INSIEME facciamo sentire la nostra voce, riporto l'appello di Alberto Zanin, coordinatore medico dell' Ospedale di Emergency di Kabul :

" Chiediamo di NON ABBASSARE  l'attenzione mediatica , non solo in questo momento, ma per un lungo periodo. Perché un calo dell'attenzione potrebbe essere rischioso per la popolazione ".


Che poi la Cina e la Russia si stiano erigendo a " novelli protettori" del nuovo Califfato Islamico, non fa che aggravare le cose, rischiando di innescare una crisi internazionale dagli sviluppi imprevedibili. Anche perché non si tratta solo di una manovra economica ( il sottosuolo afghano è ricchissimo di minerali ), ma anche perché - da un punto di vista politico - gli Stati in questione non rappresentano certo modelli di democrazia  e il mondo rischia di spaccarsi in due.



Borrel ( Ue ) : " Non possiamo lasciare che Cina e Russia influenzino l' Afghanistan ;

 A. Grushko ( Vice ministro degli Esteri russo ): " Che provino ad ostacolarci".



                                       frida


SEMPRE SULLE DONNE...

 


                                                      Intervista dall' Arabia Saudita


In Arabia Saudita vige la Sharia e già è stato annunciato dai Talebani - ora al potere - che anche in Afghanistan sarà lo stesso...

Ma qualcosa sta lentamente cambiando nell'atteggiamento di molte donne più consapevoli : vogliamo essere dalla loro parte affinché  siano rispettati i diritti civili e la LIBERTA' personale a cui ogni persona ha diritto ?


Scrivete: IO CI SONO

                Nome ( senza cognome ) e Nazione


Dobbiamo capire che qui non è importante CHI siamo individualmente ( per quanti meriti o cariche possiamo avere). Neanche se fossimo un Ministro di un Paese o un Nobel potremmo fare nulla ( contro la superstizione e l'arroganza ignorante non ci sono discorsi che tengano ).

Solo se siamo TANTE, TANTE e ancora PIU' TANTE potremo far sentire la nostra voce ( oggi i Social hanno raggiunto un grande potere mediatico in tutto il mondo ) .

Aiutiamo queste Donne a non sentirsi sole , AIUTIAMOCI !!!!



                                       frida


poesieintornoalfuoco@gmail.com


N.B. Ovviamente il diritto di DISSENSO  è anche di pertinenza maschile : alle INGIUSTIZIE bisogna far fronte uniti!



mercoledì 18 agosto 2021

A NOI IMPORTA DI VOI !!!

 




  Appello a tutte le donne di TUTTO IL MONDO,

 di ogni età : c'è bisogno della solidarietà di tutte.

 Questo video - che ormai è diventato virale - ci

 chiama ad una responsabilità :  come DONNE non

 possiamo rimanere né insensibili, né mute di fronte

 alla parole e alle lacrime delle donne afgane.

 Ognuna di noi - da sola - evidentemente non può

 fare nulla oltre che provare tristezza e indignazione

 ma, come sempre accade nella Storia  - se siamo in

 tante possiamo far sentire la nostra voce :


 PROVIAMOCI !!!


 Io metto a disposizione di tutte questo spazio ...

 Coraggio... fatevi sentire ( la lingua non è un

 problema). Dobbiamo essere in TANTE e 

 GRIDARE forte : Siamo Donne : Dio ci ha create 

LIBERE e nessun uomo o nessun REGIME potrà 

fare di noi delle SCHIAVE...


  

                                          frida


Se credete di avere dei dubbi, potete scrivermi e vi darò tutte le informazioni del caso per verificare la mia attendibilità.


poesientornoalfuoco@gmail.com




MARTINA ( quasi ) RADIANTE

 


Persino i passi sono un soffio di niente...



" L' esperienza descritta da Campi è quella di un Io che ricerca se stesso e nella ricerca si perde proprio in funzione del ritrovarsi : un Io che è una sorta di entità ribassata a passione e sensazione, completamente deprivato  dalle scorie quantiche di una razionalità esteriore a determinarlo una volta per tutte... E' proprio attraverso questa Bildung che l'universo si spalanca davanti agli occhi del soggetto nella piena trasparenza del senso delle cose, colto e finalmente inteso in una visione assoluta di profondità inesplorata, toccando ogni stringa delle sue infinitesimali possibilità " quasi innocente", " quasi radiante" nel pleroma estensivo ed estasiato, sostanzialmente gnostico, della consapevolezza e della luce " .(  S. Caporossi )





Io l'attendevo la pioggia, purché facesse

da sé tutto il nero scompiglio

di cielo severo, pomeriggio inflessibile

lucido viscerale e disperato,

per i fondi bucati nelle giacche,

gli aggettivi, eccetera,

ossa che avevano gettato la spugna.



                                         ***


A strappare l'erba nuova

ci andavano i bambini

il pomeriggio, con l'unica voce

d'abisso, ferita aperta

senz'ombra di un fondo.



                                         ***


Io avrei voluto essere e non ero

ancora, le ombre fuggevoli

zigzagavano tra le rocce; era

la collina ad aspettare : lontana

come un ricordo, una bestemmia

alla notte, presso le sponde del fiume.



                                            ***


Passo dopo passo l'interesse

ricade a foglia sui piedi in sequenza

volevo ascoltarti ancora non perdermi

nella distanza  costante che assillava

come un dono del tempo, della notte strepitosa

di stelle e di blu, e ci spazzava via

come polvere da un libro oltre il nostro oltre.



                                         ***


Non ci fu rito in quest'assenza

che affama di nulla polverizzato

addosso e fa il male di un'arma

un dolore indifferenziabile, non

ecologico, persino i passi sono

un soffio di niente che la bussola

non saprebbe orientare.




                               Martina Campi   da   Quasi radiante



TRIONFO DI AMORE E MORTE

 





Ha un trionfo l'amore e la morte ne ha uno,

il tempo e il tempo dopo.

Noi non ne abbiamo alcuno.


Solo calare d'astri intorno a noi. Riverbero e tacere.

Ma il canto oltre la polvere dopo

ci saprà sormontare.



                    Ingebord Bachmann  Invocazioni dell' Orsa Maggiore



martedì 17 agosto 2021

POESIE D'AMORE E DISAMORE ( chiamami adesso )



                                                   Sento le tue dita rovistare il dolore..





VERSI D' OTTOBRE


Hai suonato il tuo olifante,

sono arrivata in ritardo.

La musica è la mia paura.

Non ho avvertito il richiamo.

Mancheremo ai nostri convegni.

Mancherò ai tuoi

occhi fermi, al tuo sangue.


Avremmo potuto non amarci di tanto in tanto.


Senza te sarò nudità,

svestita d'abiti leggeri.

Spogli se divisi.

Il fagotto accomodato sul tavolo rotondo,

il giorno in cui morirò, aprilo.

Incontrerai le vesti d'ottobre

e il mio amore, felice.



                                               ***


PANTONE SUSHINE: APOLLO


Respiro profondo ad occhi aperti,

mani in tasca :

nascondo il sole

che mi hai dato ieri per non avere freddo.


Prudono i pensieri,

sento le tue dita rovistare il dolore.



                                         ***


PANTONE VIBRANT : CUTRETTOLA


La menzogna:

profumo dolce e carezze

che precedono il pugno

utile ad allentare la tensione

per sbatterti meglio in terra,

tramortire tutto il tuo sentire

finirti fine.


( La stanchezza

non ti fa fuggire ).


Diagnostica per immagini

ti vedo appeso controluce

il radiologo interpreta la lastra,

impallidisce il suo diafanoscopio

hai i polmoni pieni di piume gialle,

potresti volare.


( La fatica sta nell'amare fuori di sé,

i sentimenti migrano dentro ).



                                                 ***


VOCE DELLA CARNE


Parlare.

Tutte le mie ossa ti dicevano amore, ti dicevano sono qui,

di dicevano scopami perché poi

( solo )

le parole ci fanno vicini

la voce del tuo corpo, la tua saliva,

Apollo...

la voce della tua carne è un'armoniosa verità.

Ti ho parlato molto corpo sesso sangue,

poi hai suonato la cetra.



                                           ***


FIORI DI LIMONI


E' tempo d'incrociare le strade

lì dove si paralizza l'anima,

un centro immaginario,

un punto morbido dove raggiungerti.

E' un'acuta distanza il mio andare,

i rapporti sono quell'acuta distanza dall'amore.


Mi cedevano fiori di limoni sui seni.




     Alessia  Bronico   da  L'abito della felicità, 2016 - Un dio giallo, 2018



lunedì 16 agosto 2021

SEMI DI FUOCO PER IDOIA

 


                                         Che fecero di questo corpo una donna innamorata...





CONTRO IL BOSFORO


Resto aggrappata a quel primo verso

che guardando il tuo collo ho scritto un giorno.

Resto affacciata al precipizio - brivido

dei tuoi fianchi.

Stringo il dolore e la polpa gustosa

del ricordo

di quel suk di Istanbul

dove mi sfiorasti la schiena

con la punta dei tuoi seni.

Seguo i tuoi piccoli passi

che ancora mi portano all'hotel,

veli, sandalo e cuscini.

Vengo verso di te, che mi consegni

pelle aperta e silenziosa,

supplichevole e sfidante

bruciando la mia bocca inesperta.



                                            ***


SALE DI SIRENA


Sorriso minuzioso di bambina brillante

( e angoli nascosti nel tuo pensiero )

- " La vita mi ha buttato giù e riposo,

in perenne

solstizio d'inverno " - Sussurri e mi tocchi.

Depongo la mia armatura ai tuoi piedi,

mentre

sento

il tuo sale di sirena che mi brucia le dita

( morsi traditori con denti di miele ),

petali di pelle, bavaglio della mia bocca.

I  miei occhi vagabondi emettono fuoco torbido.

Il mio carniere perduto nel bosco

trema col bacio di luce che mi hai dato.

Lo porto sul mio fianco ( scheggia deliziosa ),

lo accolgo sulle mie costole, consunte e tristi.



                                                    ***


SEMI DI FUOCO


La mattina mi ha riempito la memoria di cristalli :

un uomo unto di fango crolla ai miei piedi,

la donna fatta di sabbia che non cancella mai il tempo,

una grotta femminile che fu l'origine del mondo,

morta e chiusa mi abbandonò al mio destino.

Hai tracciato un cerchio intorno al mio corpo,

sono un arancio vecchio e goffo, con l'anima essiccata.

Cippi vari ci circondano:

tre penne bianche, il seno avvizzito di un'anziana,

tre maledizioni, un pettina malato di madreperla.

Braci di un amore - granchio che ancora stringe con le sue chele.

Ho acceso la pira dove mi farai ardere

in carboni arancio ( felicità, sopore ).

E il tronco mi rinverdisce libera da ombra e ceneri

quando stringi la mia vita tra le tue fiamme,

fuoco e purificazione.



                                          ***


ODE A EROS


Se si trattasse solo del battito,

membranoso e fugace, della carne e delle ossa,

o della rischiosa chimica

che si scatena a causa di incerti referenti

( ricordi - chissà - di un padre e di una madre,

ricordi puerili di un bambino dell'infanzia ).

Se tu fossi l'istinto che portai da una grotta,

dono di femmine inquiete in cerca di un marito,

o fossi il residuo della natura che cerca di procreare,

se fossi solo, Amore,

un regalo senza magia che cerca i nostri amplessi

per forgiare futuri,

se fossi questo e non lo sciroppo bianco

che si accende nelle mie vene ogni volta che lo guardo.

Anche se solo questo fossi, Eros,

e non le cento api che brulicano nella mia anima

ogni volta che lui mi bacia,

io continuerei nel mondo a percorrere le sue strade

con la speranza cucita nelle pieghe della mia gonna;

io continuerei a bere l'acqua dalle mani

che fecero di questo corpo una donna innamorata.



                                            ***


La terra si spaccherà in due e si dissangueranno i laghi,

fiumi e oceani che popoleranno il tuo silenzio di serpenti.

Fruscìo di rettili farà scricchiolare il fogliame infinito

e uno stridìo di ossa assordirà

l'universo nei suoi limiti.

E il mio spirito di riempirà di solitudine interstellare,

di grida mute ogni volta,

ogni volta che mi rifiuterai il tuo corpo.




                                Idoia  Arbillaga    Trad.  di  Emilio Coco

 


domenica 15 agosto 2021

ASCENDE LAETA




                                                Buona Festa dell' Assunzione !



                                                             frida



 

sabato 14 agosto 2021

UN SALUTO A PIERA

 






Un saluto, Piera.
Chissà se dove sei ora potrai continuare le tue performances.
Era così eccelsa la tua bravura e così grande la  voglia di vivere!

Ci mancherai.



                                            frida



FERRAGOSTI !!!!! ???? 1

 


                                                        Tranquilli : non è per voi....



                                                         frida




FERRAGOSTI !!!!!!!?????? 2

 



                                                                   frida


    15 Agosto  2021



giovedì 12 agosto 2021

SCRIPTA NON MANENT

 


                                                         E consumata la dimenticanza...





oggi la nebbia al largo

è liscia come un letto sudato

la sirena illude chi

non torna, ma s'attende sempre


non ti darò più le mie mani

decorticate a morsi

né questo bivacco di coltelli

dove insisto a tenerci


è nella preveggenza dei corvi

la fine di gennaio

nell'afasia del mare


se l'aria sospende le barche sulle grucce

lo sguardo affina il bianco

si spinge oltre alla ricerca -

un centimetro, un centimetro in più

verso  il morire.



                                          ***


il clamore della colza

tra il mattino e il suolo

è congiura di luce

e non saprei dire

di quest'aria che si estende -

aspro oro?


la partitura della strada dritta

è la spartitura tra le nostre vite


sarebbe ritrito dirti

le nostre strade si dividono

ha l'odore di canzoni


anch' io sbircio il tuo sguardo

il dirmi guarda, ma guardavo

questa fine in fondo alle parole


che bello! dici

eh sì, ricorderemo.



                                        ***


in ogni fortuna c'è l'abisso

d'una mano di traverso

una schiena che goccia nel venire


la finestra inclina

una strada di fiato stretto

di scarpe rifiutate -

l'affrettarsi della sera incespica


ma prenderemo sostegno dal pietrisco

che s'appoggia al cielo

se già svanisce il prato

e la soglia e il letto

e già lì pretendo tra le braccia


mi fai strada

con un pugno

non  nel cuore.



                                          ***


di te ricordo

                quasi nulla

                del casermone popolare

                la guerra persa

                i panni stesi

                spersi noi

                non lo sapevamo

                il cortile stretto

di te ricordo

                genitori danneggiati

                espugnati nella città

                rinchiusi

                e non lo sapevamo

                gli anni stretti


l'indomani leccava i campanelli delle case

dalle case nessuno rispondeva


ricordi

           i giorni d'acqua per voltare le stagioni

           in coda all'orizzonte

           sempre meno sempre meno

           ti serviva il tuo dialetto

           le città erano differenti

           in balzi di canguro

di te ricordo

                  aspettavo tra navi da guerra americane

                  modellini d'alluminio d'aeroplani

                  atterravo a piedi pari

                  rompendo rumoroso

                  le corte frasi che non ti avevo detto

                  un ciao almeno


la valigia dell'infanzia era cartone

da quel giorno vi ho riposto il reciproco scordarci

e consumata la dimenticanza.




                             Sandro Pecchiari  da   Scripta non manent