mercoledì 17 aprile 2024

PORTAMI IL GIRASOLE

 


                                                                         Van Gogh -  I Girasoli




La celebre poesia di Montale si collega direttamente all'etimologia del nome della pianta Helianthus annuus, una combinazione delle parole greche " helios" ( sole ) e " anthos " ( fiore ), dunque " il fiore del sole", che la leggenda lega al mito di Clizia, la ninfa che si innamorò perdutamente di Apollo, il dio che traina il carro del sole, scortando ogni mattina l'astro ardente al centro della volta celeste. Clizia era anche senhal della donna amata da Montale, Irma Brandeis, cui questa poesia dal valore fortemente allegorico sembra destinata.* C'è chi afferma che in realtà la lirica non abbia un vero dedicatario, ma che il poeta stia parlando a sé stesso, esortandosi a vivere una felicità possibile, ignorando il proprio " male di vivere". Infatti Montale, stando alla datazione, non aveva ancora incontrato Irma quando scrisse questo componimento; eppure il girasole sembra prefigurare l'avvento della donna, come fosse una sorta di presagio.




PORTAMI IL GIRASOLE


Portami il girasole ch'io lo

trapianti

nel mio terreno bruciato dal

salino

e mostri tutto il giorno agli

azzurri specchianti

del cielo l'ansietà  del suo volto giallino.


Tendono alla chiarità le cose

oscure,

si esauriscono i corpi in un

fluire

di tinte : queste in musiche.

Svanire è dunque la ventura delle

venture.


Portami tu la pianta che

conduce

dove sorgono bionde

trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il  girasole impazzito

di luce.



                    Eugenio  Montale  da   Ossi di seppia



* In questo sito si possono leggere " Lettere a Clizia " cliccando ( a destra fra i nomi degli autori ) Eugenio Montale.




IL SUPERFLUO DI FILIPPO

 



                                                        Beato chi non sa, chi non ricorda...




Elio Filippo Accrocca, poeta laziale, di cui è ricorso il centenario della nascita lo scorso anno, fu legatissimo a Roma, soprattutto al quartiere di Portonaccio, dove visse fino al 1943, dove la casa dove abitava fu distrutta da un bombardamento alleato.

La sua poesia, da un inizio neo realista, vira verso un ermetismo più legato a una ricerca stilistica, ma sempre traducendo in versi la sua esperienza personale segnata da numerosi lutti, come la tragica morte del figlio diciottenne in un incidente automobilistico, che darà vita alla raccolta " Il Superfluo ", di cui sono riportate qui alcune poesie.





IL RITORNO


Non riesco ad abituarmi

a non vederti più, a non sentirti:

è forse la condanna per chi resta?


Se avessi potuto raccogliere

nel cavo della mano la tua voce,

avrei almeno un'eco del respiro...


La tua aurora ancora scrive: è il fiato

d'una parola che rimane, il segno

della tua presenza indecifrabile.


Oggi due moto per le vie di Roma

( la stessa marca, stessa cilindrata ):

ho chiamato, ma hanno accelerato.


Se ripercorro quella litoranea

o sollevo la sabbia di Lavinio,

tra le dita riaffiora il tuo profilo.


La filigrana del viso

torna a emergere dal vuoto,

come a un'estrema lente di follia...



                                           ***


L' IMPRONTA


Se potessi portarti

qualcosa di quello che hai lasciato

di qua... fammi sapere che desideri.


Beato chi non sa, che non ricorda:

la memoria è da uccidere, non l'uomo.

Altro che un dono, la memoria è un peso.


Però se mi mancasse pure lei,

oltre che te, mi resterebbe il nulla:

la condanna sarebbe più straziante.


Le tue cose, gli oggetti col tuo nome

sono tappe del vivere

che ci danno l'impronta dei tuoi passi.



                                                ***


IL SUPERFLUO


Le pareti di casa

sono come le pagine

di un libro aperto

fessure e macchie 

sono date e nomi

che incrinano le vene

non sappiamo che il minimo

appena l'indispensabile

del tanto che esiste

non vediamo che il contorno

delle cose nel raggio

breve degli occhi

non possediamo che il cartoccio

degli oggetti di sussistenza

chiamata proprietà

ma se aggiungi un altro giorno

alla somma puoi dire

che sai e vedi e hai più del superfluo.



                                        ***


RITORNO A PORTONACCIO


Mutato ponte e più mutate cose

dell'inesausto vivere 

negli afoni mattini. Si fa monte

il ricordo degli anni quando ancora

intatta era l'immagine dei pini

densi di fumo e l'isola

di verde m'accoglieva

ogni giorno al passeggio contemplato

dei treni amici e delle amiche grida.

Oggi mutata è pure la mia vita

e il desideri, e il senso

delle parole s'è trasfigurato :

tanta merce è passata e tanto fiato...

Solo intatto mi resta

l'intramontato innesto ( amore? odio? )

per il mio Portonaccio fatto mesto

e ilare, sconvolto e avvolto a un tempo

da memoria che rende l'ora desta.



                                              ***


LA GUIDA


Vorrei essere insensibile

come un oggetto,

una cosa scartata dal destino.


A passo d'uomo

ho ripercorso l'ultima tua strada

per ritrovare l'ombra di un tuo gesto.


Eri tanto, eri tutto:

l'universo si rifletteva in te;

ora che non sei evanescenza: nulla.


Tua madre ha fatto il bucato

con le lenzuola dove dormisti

l'ultima notte : portano il tuo fiato.


Hai compiuto con noi un breve tratto,

ora osserviamo il vuoto che hai lasciato,

occupato soltanto dal ricordo.


Oggi che hai vent'anni

ti ricreiamo con la fantasia

nel luogo che conserva la tua voce.


Mi metto le tue scarpe, i tuoi calzini,

ricammino con te,

ma non so chi dei due sia la guida.



               Elio Filippo Accrocca   da     Il Superfluo






martedì 9 aprile 2024

IL PARADISO DI STEFANO

 


                                               Il cielo è completamente vuoto questa notte...




Sempre la sofferenza si trasforma

in qualcosa di sacro

sempre che siamo in grado di domarla

o assottigliarla come fa la terra

quando si chiama fuori

solo distribuendo i suoi tormenti

a ogni filo d'erba

perché restituisca inavvertitamente

la sua penosa pena al vento

che la libra sul prato e la trascende

come ogni cosa quando si affida al vento.



                                                ***


Il cielo è completamente vuoto questa notte

perché la luna di febbraio è abbagliante

e cancella le stelle

mentre qui sulla terra

gli alberi e le siepi e l'asfalto della strada

si stagliano potenti

e ci chiedono di stare

a occupare lo spazio che incombe

come se fosse un'orbita possibile

questo girare e camminare senza firmamento.



                                            ***


La soluzione temporanea

di tutta questa nuvolaglia indotta di pensieri

è stare a vedere una valle con il vento e sotto il sole

mentre il verde dei declivi

di collina in collina sovrapposti

si fa sempre più grigio di foschia

e finisce nel bianco

che confonde l' Amiata in lontananza con il cielo.


Stare a vedere è facoltà di tutti

ma ricavarne la chiarezza di un messaggio è privilegio

di chi si lasciasse intontire dal sole

scardinare dal vento e ritornasse

su di sé ma senza più visione

ora che tutto è perduto nel bianco lontano

e sale, sale da dentro la voce del mondo.



                                             ***


Un certo raggio della luna bianca di stanotte

ha attraversato il cielo e ha raggiunto me

il cane Tito e poi l'asfalto.

Io in ritardo me ne sono accorto, il cane Tito

credo era distratto

e l'asfalto ha luccicato per un attimo

sostituendosi con garbo alla

inadempienza di Tito

e alla mia.



                                              ***


Trasfòrmati in parole luna piena rossa di gennaio

e includi nel racconto il rombo della superstrada

così che tutto sia completo

ma non risponda dei significati

così che quando uno arriva

a congiungere i punti delle luci nella valle

la figura sia libera

di assomigliare a chi la traccia

e il silenzio di dentro sia tale

da sovrastare ogni mania del mondo.




              Stefano Del Bianco   da      Paradiso



venerdì 5 aprile 2024

DEAR DANTE

 


                             Gustave Doré -  Virgilio e Dante nel IX Girone dell'Inferno




DANTE TRA GLI AMANTI


(" Quand'io intesi quell'anime ofense

china' il viso e tanto il tenni basso,

fin che 'l poeta mi disse : " Che pense? ".


Quando rispuosi, cominciai : " Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio

menò costoro al doloroso passo! " )


 ( Inferno V , 109 - 114 )



                                                  

Si muove tra loro come una spia

che non conosce i peccati,

li osserva con sguardo d'uomo.


Da qui muove la sua pietà.

Non giudica ma porta amore.

Dove si smarrisce la ragione, vince il perdono.


Sebbene Dante sappia che un Dio lassù

ha dannato queste anime per la bruciante lussuria,

non rinuncia alla compassione per


la loro sofferenza. Sa che devono

pagare lo scotto. Languidi abbracci

li hanno portati fin qui. Questa nuvola di polvere


li frusta senza tregua lungo giorni

e notti d'inferno infiniti.

Di tutti i modi diabolici


di punire può essere il migliore

che chi cataloga le colpe possa punirle.

Ma Dante non freme, non si eccita


per il giusto, dolce finale. Dio tiene il libro mastro

che sgomenta il suo cuore di uomo.

Sviene per la pena, atterrato

dalla sua arte passionale.



                                            ***


NUOTANDO CON DANTE


( " Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia

la riviera del sangue in la qual bolle

qual che per violenza in altrui noccia "


Or ci movemmo con la scorta fida

lungo la proda del bollor vermiglio

dove i bolliti faceano alte strida " ).


 ( Inferno XII , 100 - 102 )



Conosco questo fiume, il fiume della rabbia.

Vi sono entrata una volta o due, forse più volte.

Bruciavano i miei piedi. Lasciai la sponda

della salute e dell'amore a guado delle acque

per immergermi in torti che non potevo raddrizzare,

per cospirare in guerre violente che non avrei combattuto,

per bollire un po' nel sangue, mio e degli altri.

E' piacevole la rabbia, è una gabbia

che rende l'anima schiava dei suoi capricci.

E quando in lei ti smarrisci, tutto lo zolfo

dell'inferno non ti salverà. Nessun centauro

in soccorso ( come al fortunato Dante ). Per sempre

stretto tra desiderio e desiderio,

nuoti finché di nuovo la follia ti abbandona.



                                                 ***


IL MONITO DI DANTE


( " O voi che siete in piccioletta barca,

desiderosi d'ascoltar, seguiti

dietro al mio legno che cantando varca,


tornate a riveder li vostri liti :

non vi mettete in pelago , ché forse,

perdendo me, rimarreste smarriti " ).


 ( Paradiso II , 1-6 )




E' mai possibile, avendoci spinti così lontano

che tu ci rimandi nuovamente a casa? Nessuna stella

a guidarci, nessuna rima o verso per spingerci

nel cammino? Alla fine, alle porte del Paradiso,

ci dici che non siamo pronti per seguirti,

che il pane degli angeli non è il nostro pane?

Anche se non così istruiti, noi abbiamo fame.

Siamo affamati come filosofi. Affamati come te.

In realtà, se siamo piccoli, abbiamo maggior bisogno

di vedere le verità che il destino non ci ha permesso

di scorgere con lo studio. Non ha forse predicato

Gesù che solo i bambini possono sperare di raggiungere

il Paradiso che ci dici non possiamo possedere?

Dimenticalo. Non ti lasceremo solo.




                   Angela Alaimo ' O Donnel  da  Dear Dante  (  Silloge apparsa sulla rivista Italian Poetry Review, 2023 ) Trad. di S. Barsella e B. Nacci.

 


mercoledì 3 aprile 2024

L' ALTRO DENTRO DI NOI

 


                                                                    La vita pulsa ovunque...




(...) Di chi scrivo? Di esseri strani, ma non per guarirli, ma per dare loro una voce. Niente rende accessibile la follia. La mancanza di ragione è sempre quello che è : un mondo a sé, solitario e inviolabile. Ma occorre ridurre il dolore dei sintomi e assorbire quella che è la sua luce di conoscenza e di profezia, la sua stravaganza feconda. Ogni volta occorre ricreare le regole del mondo. Non rassegnarsi all'esistenza di quanto è realtà costituita, ma uscire dai solchi tracciati nel terreno. Disobbedire. Delirare. Rischiare la propria ragione e sbattere contro il muro della solitudine : non c'è altra scelta per rendere meno vano il nostro soggiorno terreno. Scrivere è la " promessa etica" di restare noi stessi, liberi dal mondo, traditori del mondo, anche se nessuno si accorge che abbiamo pensato e promesso qualcosa. L' Isola Ferdinandea, al largo della costa sicula, esiste e non esiste, scompare e riemerge, ma noi sappiamo quello che vogliamo, contro ogni verità comune : parlare del vento, che non ha un nome, che va ovunque. Se non esiste vento, ci si rassegni : tutto è marmo, tomba. E invece, se esiste, morremo nel rimpianto dell'aria dove non siamo stati, dell'aria dove non saremo ancora. Non credo a nessuna giustizia postuma. Si scrive con la speranza che le proprie parole siano, un giorno oppure l'altro, se non lette, almeno sognate. Per esistere di fronte a quanto ci costringe al silenzio, occorre una speranza fatta di parole : se è impossibile, tanto meglio. Ma io continuo a sperare, anche contro le stragi che crivellano i corpi e li scagliano fra rovine senza nome. (...)



                                                    ***


(...) Perché parlo sempre dell'infelice destino umano? Mi piace ascoltare persone che sono finite ai margini del mondo, ma che non per questo rinunciano a tacere. Io racconto questa non - rinuncia alla vita attraverso il lavoro accanito sulle loro minime storie, che talvolta invento e talvolta no, dilatando alcuni dettagli reali fino a farli diventare impressionanti o improbabili. Se l'arte è una forma delicata ed esasperata di vertigine, occorre essere vertiginosi contro ogni forma di ovvietà, proprio per arricchire con la nostra ossessione personale questi miseri tempi incarcerati da obbedienze collettive. " Necessario è solo tradire ". Una realtà compatta, priva di deviazioni e di tradimenti, impone una purezza tirannica, un pensiero unico. Tradire è la natura del viaggio umano. Chi diventa adulto, tradisce se stesso bambino; chi invecchia, oltraggia la sua giovinezza. E chi interpreta la voce dei pazzi non sfigura forse il loro silenzio? Se restasse fedele al delirio e condividesse la stessa gabbia, sarebbe disorientato come loro e non più lucido di loro. Non è forse " l'esasperata lucidità " la sola, fragile illusione che il sano possiede per cogliere " la fuggitiva follia " ?.  (...)



                                                ***


(...) Io " sono e non sono " ma ho sempre bisogno dei miei ricordi, delle mie idee. Se un mio personaggio, nel corso di un racconto, non è d'accordo con me ed esige di essere sottoposto ad un intervento di lobotomia perché vuole dimenticare tutto, io, da scrittore, come reagisco?. Mi comporto con lui come se fosse un essere vivente. Lo seguo nei suoi bisogni, li descrivo, lascio che la narrazione prosegua e che lui, dopo aver subito l'intervento, dimentichi tutto proprio come voleva dimenticare. Uno scrittore deve lasciare spazio ai sentimenti e ai pensieri di un personaggio, anche se non li condivide. Cosa è vero? Cosa è falso? Tutto " è vero". Lo scrittore cede e il personaggio inventato si emancipa da lui. Da Pirandello in poi gli attori ( maschere, personaggi ) possono contrastare il loro autore. Otello, Lear, Macbeth, Ofelia, convivono nell' anima di Shakespeare. Lo scrittore adulto non parla con una sola voce, ma con tutte quelle che combattono in lui, sopraffatte o vittoriose, fragili o tenaci. Fine dei monologhi lirici o religiosi : inizio dei drammi feroci o cruenti. La vita pulsa ovunque, selvaggia, fitta di invettive barocche. (...)




                  Marco Ercolani   da   L' altro dentro di noi



martedì 2 aprile 2024

LA BRUGHIERA DI ANTONIA



 

                                                                     Brughiera a primavera





BRUGHIERA


I


Accoccolato tra le pervinche

sfuggi

la furia ansante dei cavalli

e l'urlo

dei cani al sole.


Tu sei come il ramarro verde e azzurro

che del proprio rumore si spaura

e hai cari

questi ciliegi appena in fiore, quasi

senz'ombra.


Tenui 

profili di colline alle tue ciglia:

e all'orecchio

così curvo sull'erica riarsa

a quando a quando il rombo

dei puledri lanciati per la piana.



II


Con le farfalle raso terra

esitavi

al fiorire della ginestra:

e ad un tratto

enormi ali ti dà

quest'ombra trasvolante in rombo.


Ora ridi,

acciaio splendido,

all'ombroso

imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido

balzare delle lepri fra i narcisi.



III


Indugiano 

carezze non date

fra le dita dei peschi

e gli sguardi

d'amore che mai non avemmo

s' appendono alle glicini sui ponti -


Ma il fiume

è densa furia d'acqua senza creste, nel

grembo

porta profondi visi di montagne:

e all'immenso

svolto dei boschi trova lieve il vento,

tocca le fresche nuvole

d' aprile.




                                  Antonia  Pozzi   da     Parole



sabato 30 marzo 2024

BRACHETTO PASQUALE

 








Beh.... Auguri  di una Buona Pasqua!




frida


AL SEPOLCRO

 


                                                  Bartolomeo Schedoni  -  Le Marie al sepolcro




Fuggirò da questo sepolcro 

come un angelo calpestato a morte dal sogno,

ma io troverò la frontiera della mia parola.

Addio crocefissione,

in me non c'è mai stato niente :

sono soltanto un uomo risorto.



                      Alda  Merini   da      Cantico dei Vangeli



IO NON VOGLIO...

 



                                              Diego Velàzquez -  Gesù Cristo crocifisso -  1632    



( In questa poesia la Merini fa parlare Gesù )





... che si canti come pena di Dio,

né come esaltazione di un palo

che appartiene solo ai Romani.

Il supplizio della croce non è dolore vero,

ma è una verità,

e questa verità trapela solo attraverso il legno.

Il legno è poroso, è un canto.

E io su questo legno ho scritto i Vangeli.

La croce è scrittura.

L' urlo della croce non è altro

che un'invocazione assoluta dei cieli.




                        Alda  Merini   da       Cantico dei Vangeli


venerdì 29 marzo 2024

VENERDI' SANTO

 


                                          Cerca la tua pecora, vero Pastore del gregge...




Venerdì Santo  è la poesia di Christina Rossetti che mette al centro una giornata importantissima per il Cristianesimo: il sacrificio di Gesù. Ma, la poeta italo - inglese in un giorno come questo si interroga sulla propria fede, sui propri dubbi religiosi, sul fatto che non sente quella passione di fronte a un sacrificio così importante. La giornata della crocefissione di Cristo diventa un momento per riflettere e per trovare quella fede che spesso fugge via.






GOOD FRIDAY


Sono una pietra e non una

pecora.

Per il fatto di poter stare, o

Cristo, presso la tua Croce

ad assistere goccia dopo 

goccia alla lenta effusione del

tuo sangue.

 Senza piangere?


Non hanno amato così quelle

donne

che ti hanno pianto con tanto

dolore;

non così Pietro che ha pianto

amaramente dopo essere

caduto,

non così è stato toccato il

ladrone;


non così il Sole e la Luna

che nascondono il loro volto

in un cielo senza stelle,

un orrore di grande oscurità

nel pieno mezzogiorno -

Io, solo io.


 E tuttavia non rinunciare,

cerca la tua pecora, vero

Pastore del gregge;

più grande di Mosè, vòltati

e guarda ancora una volta.

E colpisci la roccia.



             Christina  Rossetti   da     The Prince's and Other Poems



mercoledì 27 marzo 2024

LE NOSTRE MANI

 


                                                   Non ti soffermerai sulle carezze accese...





LE NOSTRE MANI


Se un giorno ti

sorprenderai

                    più in là, nel tempo

accoccolato

                    tra i seni di una 

stella, o rannicchiato

                     nel cavo di un ulivo,

non avrai

                     lettere da allineare

con cura, né

                     smorfie rapprese tra

le rughe del volto

                      da guardare, come

foto d'un moto del cuore,

                       ma - fermo - ti

osserverai tra le nude mani

                        le pieghe rivelatrici                   

del  destino.

                        Non ti soffermerai

sulle carezze accese di

                          quando seguivi

lieve - la geografia di un corpo,

                         e non sarà

quell'umore bianco del chiarore

                          della neve a

richiamare l'eco della tua anima,

                           ma ti trastullerai a

mani giunte,

                           d'un attimo appeso

al cielo, che scenderà,

                            rubandoti il respiro,

quando nel pugno chiuso

                             un'altra mano

stringerai, nel sonno di una notte.





                                     frida

           

domenica 24 marzo 2024

LA DOMENICA DELL' ULIVO

 


                                                          Ingresso a Gerusalemme  -  Giotto

                                                   



LA DOMENICA DELL'ULIVO


Hanno compiuto in questo dì gli uccelli

il nido ( oggi è la festa dell' ulivo )

di foglie secche, radiche, fuscelli;


quel sul cipresso, questo su l'alloro,

al bosco, lungo il chioccolo d'un rivo,

nell'ombra mossa d'un tremolìo d'oro.


E covano sul musco e sul lichene

fissando muti il cielo cristallino,

con improvvisi palpiti, se viene,

un ronzìo d'ape, un vol di maggiolino.



                            Giovanni  Pascoli   



mercoledì 20 marzo 2024

GERARD D' HOUVILLE, pseudonimo...

 


                                     ... di Marie Louise Antoinette d' Hérédia  ( 1875 - 1963 )




VOTO


Non ho voluto niente dagli uomini

dimentichi e bugiardi;

sotto l'uva e le mele

dormo in fondo ai frutteti.


Satiri, piccoli Fauni lieti,

voi che venivate dai boschi

a denudare le mie pesche gialle

sugose tra le dita,


è alla vostra banda folle

che affido la mia tomba;

le porgerete offerte

di miele caldo e grappoli;


il limone che rischiara

l'albero cupo dove risplende in oro,

il funereo melograno,

unico frutto che ancora assaporo,


carnosi e conici

i fichi che l'estate spacca

e le fragole impudiche

che spiccano e s'arrossano,


accanto ai biondi canestri

e vasi colmi di latte,

nel cavo delle coppe tonde

al mio seno somiglianti.


Fanciulli del fogliame fondo,

ahi che con voi non ho potuto

vivere l'età della bellezza

libero il corpo felice e nudo!


Della mia gioiosa giovinezza

pensate ai cari giorni andati ...

ero forse Faunessa

per i miei lunghi occhi rialzati.



                                       ***


IL VASAIO


Oggi sono triste. Ascolta, caro vasaio,

ti porto tutto intero il dono del mio corpo,

se tu nella durevole tua argilla vuoi con arte

rendere eterna, forse, una forma fragile.

In una rosea terra alla mia carne simile,

plasma il contorno del mio più caro bene:

i miei piccoli seni come acute punte.

Che resti almeno questo delle grazie ingenue

che ti offro, se da ogni parte dell'anfora funerea

dove la mia bellezza tutta deve riposare,

polvere sparsa e cenere grigia inerte,

invece dell'ansa, cavità alla mano che l'ha presa,

tu riempi la cavità di questo doppio contorno

quasi infantile e pronto appena per l'amore.

...E chi pensoso, sotto un suolo secolare,

troverà un giorno la mia urna funeraria,

saprà che io fui donna e donna teneramente,

talvolta innamorata e maliziosa,

e si domanderà davanti alla terra scura

perché per tanta ombra nacque tanta luce.



                                       ***


PICCOLA MORTA


Sul tuo seno tenebroso, bimba triste dormente,

o Terra! io riposo, e mi stringo la bambola

unica mia confidente, dagli occhi dipinti che sa

i miei segreti, che non li dirà.


Così piccola, ero così saggia e pensosa

che occupai poco posto, feci poco rumore;

trascuravo la gioia e i giochi dell'età

e pensavo alla morte, le notturne ore.


Non ero ancora donna quando sono morta;

per questo la mia tomba, stretta come il letto,

non chiude alcun profumo né belletto,

né il mio primo specchio lucido d'acciaio.


Ho voluto, lontano dall'ombra e dai funebri marmi,

che penda quello specchio nei boschi che amavo,

vi si dondola, splendido frutto, tra gli alberi

in alto, perché nessun dito lo colga.


E che possa il mio specchio, tra salici e betulle,

vedere l'astro femmineo lento farsi rotondo,

poiché tra i capelli sfioranti le spalle

non vide crescere seducente il mio seno.



                                             ***


TALLO


Quando mi stenderete sulla pira di sandalo,

prima che diventi una cenere leggera,

allontanate dalle mie dita la moneta di metallo.


Voglio che ciò che fu la mia grazia passeggera

incanti d'un bacio ancora il nocchiero dell'inferno

quando voi di questi baci non avrete che la polvere.


Poiché la noia della vita e a turno il terrore

della morte hanno sempre tormentato i miei pensieri,

poiché divino e triste fu il mio terreno amore,


che io non torni mai nelle cose passate

e della mia bellezza si parli un giorno,

quando sarò lontana, a memorie stancate.


La mia anima, fiore funebre, o notte ti profumerà;

farfalla tenebrosa che la sorte ha fatto diurna,

la sua ala d'ombra errante nell'ombra si perderà.


Ed io che fui sì grande, piccolissima un'urna 

d'argilla o di cristallo trasparente conterrà

la mia carne voluttuosa e il mio cuore taciturno.




                          Gerard  d' Houville  da  Il vestito azzurro e altre poesie



martedì 19 marzo 2024

PADRE...

 





                                                              ...quanto mi manchi...



                                                 frida



lunedì 18 marzo 2024

POESIE DI GIORGIO VIGOLO

 


                                                         E ferma è l'ora in un colore eterno...





ALBERO  CONOSCENTE


Il cuore ingombro di relitti

amari

pesa nel petto come grave

mola

e àncora alla terra i favolosi

pensieri che s'immergono

nel vento

con assetate  cime avide

d'aria.

Le passioni mi radicano al

suolo,

contrappeso di lutto, esse,

all'aereo sorger d'alate respiranti

foglie.

Ma così s'equilibra in me

l' arcano

albero conoscente; e, se la

luce

beve dall'aria, un più

profondo filtro

trae dalla terra e lo nutrisce a morte.



                                      ***


V.


L' amabile pittore che dipinse

a marine e castelli le pareti

di questa bettola oscura nei

Borghi,

quanta favola finse

ai bevitori assorti,

da tanti secoli che brilla allo

sguardo

dei felici in questo buco

d'ombra!

Ma più luce vi mise egli sui

muri

bui che un sole di maggio;

egli l'intrise

della sua gioia ad altre gioie

incontro.

Io ti saluto,

pittore antico e popolare: un

raggio

del tuo sole lontano anche a

me giunse.



                                           ***


GRIDO ALLA MADRE


Madre, mia madre

dove sei nel lontano ?

dove ti sei sperduta dopo la

morte,

che più non mi mandi la tua

immagine,

e deserti sono i miei sogni,

ma meno della mia vita?

Io sto quaggiù lo vedi in

qualche pericolo:

strani mostri mi fanno le

cacce,

girano intorno alla

poca rupe.


Madre, se esisti ancora

in qualche punto

dell'universo

o sei tornata alla bontà

indivisa da cui ti staccasti nel

nascere,

fammi sentire

diminuita la mia solitudine,

schiariscimi gli occhi,

che io giunga a rivederti

nell'alto del tuo sereno,


e smetta di scorgere

al tuo posto le ambigue

larve che ti nascondono

al figlio.



                                            ***


FINE DI UN GIORNO


Sono belle le sere

quando la luce scende di colore

e dall'oro e dal viola

s' immerge nel turchino.

Ma questa grigia fine

di giorno sotto il cenere d'agosto

ha il pallore che scava il viso umano

un istante dopo la morte.


Dentro il cielo spettrale

i cipressi s'infiggono più neri

e più livido sotto le loro ale

si rizza il travertino

della chiesa che altissima trasale

con un sobbalzo d'ossa

gridato con un urlo senza voce

come quando nei sogni

si vorrebbe chiamare e non si può.



                                               ***


MURA


Mura ch'io vidi in un sogno d'infanzia

cadermi addosso a strapiombi di torri,

e blocchi d'ocra fulva e di tufo

sulla silenziosa via del sonno,


vi ritrovo, passati tanti anni,

lungo la stessa strada sonnolenta,

altissime mura deserte di voci;

tremano al cielo pochi fili d'erba.


Per miglia e miglia un sentiero solingo

circonda le altissime mura di sonno:

immobile il sole vi batte sul giallo

e ferma è l'ora in un colore eterno.




                 Giorgio  Vigolo  da     Poesie scelte  1923 - 1982



martedì 12 marzo 2024

LA POETA - BAMBINA

 


                                                                           Tomba di Raffaella 




Il cimitero del Verano, a Roma, è pieno di tombe monumentali. Una di queste rappresenta una bambina che ci viene incontro stringendo un grosso quaderno. E ci racconta una storia incredibile e praticamente dimenticata. Il 25 Ottobre 1954, a Salerno iniziò a piovere. Una pioggia incessante che riversò sulla città mezzo metro d'acqua. Cesserà solo nel tardo pomeriggio del 26, dopo aver ucciso 318 persone. La RAI lanciò un disperato SOS e dette vita ad una pubblica sottoscrizione. I danni erano incalcolabili: le popolazioni colpite necessitavano di tutto. L' appello radiofonico arrivò naturalmente anche a Roma, e in particolare a casa della piccola Raffaella La Crociera, inchiodata da circa un anno nel suo lettino da una malattia incurabile. La sua famiglia, già modesta di suo, era finita completamente sul lastrico per i costi delle cure, e lei dunque sapeva di non avere nulla da offrire ai bambini salernitani. Tuttavia Raffaella aveva un dono molto raro: scriveva poesie, e le scriveva benissimo. Anche lei, cioè, poteva disporre di qualcosa da offrire, di sua esclusiva proprietà.  Si fece dare carta e penna e subito cominciò a scrivere pressappoco così :

" Cara RAI, sono molto malata da oltre un anno e i miei genitori hanno speso tutto quello che avevano per guarirmi. Io non ho nulla da offrirti per i bambini di Salerno. Ti offro però questa mia poesia :



ER  SINALE (  nel dialetto romanesco vuol dire " grembiule" )


" Giranno distratta pe'

casa,

fra tanta robba

sfusa,

ha trovato : ah !

come er tempo vola!

er zinale de scola.

Nero, sgualcito,

un po' vecchio e rattoppito,

è rimasto l'amico 

der tempo passato.

Lo guarda e come

se gnente

a quell'occhioni

spunteno li lucciconi,

e se rivede studente

allegra e sbarazzina

tanto grande, ma

bambina.

Lo guarda e come

un'eco risente

quelle voci sommesse:

Presente!

Li singhiozzi, li pianti,

li mormorii fra li banchi,

e senti... e senti...

pure li suggerimenti.

Tutto rivede e fra

quer che resta,

c'è la cara sora maestra.

Sospira l'ècchese

( ex ) studente,

perché sa

che a scola sua non

non ce potrà riannà.

Lei cià artri

Professori,

poverina.

Lei cià li Professori

de medicina "


Domenica 31 Ottobre, alle prime ore del pomeriggio, dai microfoni della rubrica " Campo de Fiori ", la voce di Giovanni Gigliozzi raggiunse ogni angolo d' Italia con i versi della poesia, che fu messa subito all'asta per destinare il ricavato agli alluvionati salernitani. In poco tempo la sede di Roma della RAI  fu tempestata di telefonate. Le offerte si moltiplicarono senza respiro fino al momento in cui, dalla Svizzera, offrirono l'incredibile cifra di mezzo milione di franchi ( 4 milioni di euro di oggi ). La piccola, che era rimasta sempre in ascolto, pianse di gioia. La stampa nazionale ed estera dettero ampio spazio all'episodio della piccola romana, poetessa in erba. Il 1 Novembre, un negoziante romano di giocattoli le annunziò di averle regalato una meravigliosa bambola , e quella sera Raffaella andò a dormire se possibile ancora più felice. Non si risvegliò più. La bambola, su un cuscino di fiori bianchi, precedette la piccola bara tra due ali di folla commossa.

Oggi due scuole, una a Roma e l'altra a Salerno, sono intitolate a Raffaella La Crociera, poeta..