lunedì 18 marzo 2024

POESIE DI GIORGIO VIGOLO

 


                                                         E ferma è l'ora in un colore eterno...





ALBERO  CONOSCENTE


Il cuore ingombro di relitti

amari

pesa nel petto come grave

mola

e àncora alla terra i favolosi

pensieri che s'immergono

nel vento

con assetate  cime avide

d'aria.

Le passioni mi radicano al

suolo,

contrappeso di lutto, esse,

all'aereo sorger d'alate respiranti

foglie.

Ma così s'equilibra in me

l' arcano

albero conoscente; e, se la

luce

beve dall'aria, un più

profondo filtro

trae dalla terra e lo nutrisce a morte.



                                      ***


V.


L' amabile pittore che dipinse

a marine e castelli le pareti

di questa bettola oscura nei

Borghi,

quanta favola finse

ai bevitori assorti,

da tanti secoli che brilla allo

sguardo

dei felici in questo buco

d'ombra!

Ma più luce vi mise egli sui

muri

bui che un sole di maggio;

egli l'intrise

della sua gioia ad altre gioie

incontro.

Io ti saluto,

pittore antico e popolare: un

raggio

del tuo sole lontano anche a

me giunse.



                                           ***


GRIDO ALLA MADRE


Madre, mia madre

dove sei nel lontano ?

dove ti sei sperduta dopo la

morte,

che più non mi mandi la tua

immagine,

e deserti sono i miei sogni,

ma meno della mia vita?

Io sto quaggiù lo vedi in

qualche pericolo:

strani mostri mi fanno le

cacce,

girano intorno alla

poca rupe.


Madre, se esisti ancora

in qualche punto

dell'universo

o sei tornata alla bontà

indivisa da cui ti staccasti nel

nascere,

fammi sentire

diminuita la mia solitudine,

schiariscimi gli occhi,

che io giunga a rivederti

nell'alto del tuo sereno,


e smetta di scorgere

al tuo posto le ambigue

larve che ti nascondono

al figlio.



                                            ***


FINE DI UN GIORNO


Sono belle le sere

quando la luce scende di colore

e dall'oro e dal viola

s' immerge nel turchino.

Ma questa grigia fine

di giorno sotto il cenere d'agosto

ha il pallore che scava il viso umano

un istante dopo la morte.


Dentro il cielo spettrale

i cipressi s'infiggono più neri

e più livido sotto le loro ale

si rizza il travertino

della chiesa che altissima trasale

con un sobbalzo d'ossa

gridato con un urlo senza voce

come quando nei sogni

si vorrebbe chiamare e non si può.



                                               ***


MURA


Mura ch'io vidi in un sogno d'infanzia

cadermi addosso a strapiombi di torri,

e blocchi d'ocra fulva e di tufo

sulla silenziosa via del sonno,


vi ritrovo, passati tanti anni,

lungo la stessa strada sonnolenta,

altissime mura deserte di voci;

tremano al cielo pochi fili d'erba.


Per miglia e miglia un sentiero solingo

circonda le altissime mura di sonno:

immobile il sole vi batte sul giallo

e ferma è l'ora in un colore eterno.




                 Giorgio  Vigolo  da     Poesie scelte  1923 - 1982



martedì 12 marzo 2024

LA POETA - BAMBINA

 


                                                                           Tomba di Raffaella 




Il cimitero del Verano, a Roma, è pieno di tombe monumentali. Una di queste rappresenta una bambina che ci viene incontro stringendo un grosso quaderno. E ci racconta una storia incredibile e praticamente dimenticata. Il 25 Ottobre 1954, a Salerno iniziò a piovere. Una pioggia incessante che riversò sulla città mezzo metro d'acqua. Cesserà solo nel tardo pomeriggio del 26, dopo aver ucciso 318 persone. La RAI lanciò un disperato SOS e dette vita ad una pubblica sottoscrizione. I danni erano incalcolabili: le popolazioni colpite necessitavano di tutto. L' appello radiofonico arrivò naturalmente anche a Roma, e in particolare a casa della piccola Raffaella La Crociera, inchiodata da circa un anno nel suo lettino da una malattia incurabile. La sua famiglia, già modesta di suo, era finita completamente sul lastrico per i costi delle cure, e lei dunque sapeva di non avere nulla da offrire ai bambini salernitani. Tuttavia Raffaella aveva un dono molto raro: scriveva poesie, e le scriveva benissimo. Anche lei, cioè, poteva disporre di qualcosa da offrire, di sua esclusiva proprietà.  Si fece dare carta e penna e subito cominciò a scrivere pressappoco così :

" Cara RAI, sono molto malata da oltre un anno e i miei genitori hanno speso tutto quello che avevano per guarirmi. Io non ho nulla da offrirti per i bambini di Salerno. Ti offro però questa mia poesia :



ER  SINALE (  nel dialetto romanesco vuol dire " grembiule" )


" Giranno distratta pe'

casa,

fra tanta robba

sfusa,

ha trovato : ah !

come er tempo vola!

er zinale de scola.

Nero, sgualcito,

un po' vecchio e rattoppito,

è rimasto l'amico 

der tempo passato.

Lo guarda e come

se gnente

a quell'occhioni

spunteno li lucciconi,

e se rivede studente

allegra e sbarazzina

tanto grande, ma

bambina.

Lo guarda e come

un'eco risente

quelle voci sommesse:

Presente!

Li singhiozzi, li pianti,

li mormorii fra li banchi,

e senti... e senti...

pure li suggerimenti.

Tutto rivede e fra

quer che resta,

c'è la cara sora maestra.

Sospira l'ècchese

( ex ) studente,

perché sa

che a scola sua non

non ce potrà riannà.

Lei cià artri

Professori,

poverina.

Lei cià li Professori

de medicina "


Domenica 31 Ottobre, alle prime ore del pomeriggio, dai microfoni della rubrica " Campo de Fiori ", la voce di Giovanni Gigliozzi raggiunse ogni angolo d' Italia con i versi della poesia, che fu messa subito all'asta per destinare il ricavato agli alluvionati salernitani. In poco tempo la sede di Roma della RAI  fu tempestata di telefonate. Le offerte si moltiplicarono senza respiro fino al momento in cui, dalla Svizzera, offrirono l'incredibile cifra di mezzo milione di franchi ( 4 milioni di euro di oggi ). La piccola, che era rimasta sempre in ascolto, pianse di gioia. La stampa nazionale ed estera dettero ampio spazio all'episodio della piccola romana, poetessa in erba. Il 1 Novembre, un negoziante romano di giocattoli le annunziò di averle regalato una meravigliosa bambola , e quella sera Raffaella andò a dormire se possibile ancora più felice. Non si risvegliò più. La bambola, su un cuscino di fiori bianchi, precedette la piccola bara tra due ali di folla commossa.

Oggi due scuole, una a Roma e l'altra a Salerno, sono intitolate a Raffaella La Crociera, poeta..




venerdì 8 marzo 2024

POESIE DI DONNE

 


            Imparare ad essere una donna...



Oggi -  8 Marzo  - per la Giornata Internazionale della Donna, propongo la lettura di alcune poesie forse inconsuete : non si tratta della Donna Angelicata dei poeti dello Stil Novo; o della Donna Regina del Focolare di tante fiabe di un tempo ormai passato; né della Donna celebrata dal Romanticismo ispiratrice ( a volte ) di tragiche passioni; né del prototipo della Donna in Carriera o  quella onnipresente alle Sfilate di Moda a dettar legge su come dovremmo esteticamente essere; e neppure della Donna - Barbie ( come usa adesso ) sempre ferma ai trent' anni... ma di quella che è composta  dalla parte più nascosta ( o forse indicibile ) della sua essenza di femmina...






INNO ALL'UTERO


La prima cosa

che ho saputo di te

è stato un discorso di fretta:

ti chiamavano casetta di 

carne,

ti avrebbero abitato

strani bambini trasparenti

fatti di vene e pelle

sottilissima;

spiati per un attimo

sull'enciclopedia ho

saputo di te

quando già

mi avevi rigato le gambe

di sangue caldo:

ero una giovane bestia

con la testa scurissima

i sogni malati

il corpo sordo,

ero piccolissima

o forse mai nata e tu

eri già l'utero

di una donna avevo

paura di te,

la violenza del pene

era la giusta risposta

alla tua schifosa

dimostrazione di esistere è

successo di colpo

non hai sanguinato più,

il mio seno è ingrossato

il mio stomaco ha avuto

fame

e nausea

nausea

e fame

canzone monotona

e assurda

domande notturne

lunghe ore

di corpo nudo

di profilo

allo specchio,

non eri mai morto

stavi fabbricandomi

un bambino

il mio cervello

è partito di corsa

dopo tante amicizie

e alleanze

contro di te,

se n'è andato 

senza un saluto

ho fatto l'aborto

anche se amavo

quel bambino abbozzato

incosciente

identico a me

e tu da sasso

sei diventato ghiaia

e poi sabbia

e poi acqua

e poi fiume

e poi sangue

e ho parlato co

e ho capito te,

ti ho sentito

e difeso

e la mia nuova coscienza

è nata dal tuo sangue

che è il mio

e la nuova coscienza

è fatta finalmente

anche di carne

e tu sei una bomba

dentro di me

pronta a vendicare

il mio lungo sonno

schizofrenico

e tu ora

non devi più soffrire,

combatterai con la mia testa


ma questa volta

sarete dalla stessa parte.



                              Chandra Livia Candiani da  Ascolta: questa voce non può essere perduta. Poesia femminista. 



                                          ***


PER LA MIA ULTIMA MESTRUAZIONE


allora ragazza, arrivederci,

dopo trentotto anni,

trentotto anni e non

sei mai arrivata

- splendida nel tuo vestito

rosso -

senza qualche problema

da qualche parte, per qualche

motivo.


adesso è finita,

e mi sento proprio come

quelle nonne che,

dopo che la ragazzaccia che

erano se n'è andata,

siedono tenendo la sua foto

tra le mani,

sospirando " non era

bellissima?" non era

bellissima?".



                       Lucille Clifton  da    Nuovi poeti americani



                                       ***


DONNA SENZA FIGLI


L ' utero

scuote il guscio, la luna si

separa

dai rami e non arriva.


Il mio ambiente è una mano

 senza le linee, vie

strette in un nodo, io


io la rosa che adempi, io -

sono il corpo,

sono l'avorio


empio come uno strillo.

Questo ragno che sono

crea specchi docili alla mia

figura.



Emissioni di sangue

e basta - Prova il rosso!

E questo bosco funebre


questa collina e questo

effetto luccicante

delle bocche dei morti.



                   Sylvia Plath      ( Trad. di M. Sannelli )



                                             ***


IL CICLO


a quanto pare è una

mancanza di tatto

dire pubblicamente che ho il

ciclo

perché l'effettiva biologia

del mio corpo è troppo

concreta


è accettabile vendere ciò

che sta fra due gambe di

donna

più di quanto non sia

accettabile

nominarne i meccanismi

interni;


l'uso ricreativo di

questo corpo è ritenuto

bello mentre

la sua natura è

ritenuta brutta.



                               Rupi  Kaur   da  Milk and honey



                                             ***


SANGUE


Le ragazze indiane

cominciavano prima

a mestruare. Così diceva mia

madre.

( O così mi pareva avesse

detto ).

E mi raccontò di Neema

che un certo solenne

pomeriggio,

era venuta in visita, anni

prima,

si era seduta nel giardino

roccioso

e aveva dato il mio nome alla

sua bambola.

Una ragazza graziosa e

raffinata, cui

era presto toccato

quell'incredibile

gocciolìo su una specie di

benda,

nominata solo per le sue iniziali,

che si portava

misteriosamente tra le gambe.

E io, ero più indiana o più

inglese?

Ero confusa, come sarei

sempre stata

ogni volta che il mio sangue

gocciolava

regolarmente nel mondo

esterno.

Avrei persino corso con

quell'impaccio,

goffa, nella gara con l'uovo nel

cucchiaio,

l'avrei trattenuto nello sforzo di

passare

un'arancia stretta sotto il

mento,

le mani legate dietro la

schiena.



                              Moniza  Alvi   da    Un mondo diviso



mercoledì 6 marzo 2024

DOGALI & MARE DI DENTRO

 


                                                          Potresti contenere la mia paura...




Nell'attraversare il paesaggio di questa breve antologia, viene in mente il clima e l'ambientazione aspra e metafisica di " Ossi di seppia" di Montale. Ma - oltre a questo - in tutte queste poesie si avverte una condizione più solipsistica, di stallo del sé, dove la percezione sensoriale è vissuta come un inganno : lo sguardo non è più chiamato a recepire le cose e a plasmarle secondo la modulazione della luce, bensì  a giudicarle : il poeta è una sentinella rimasta senza frecce. Il mondo esterno, quello dei fenomeni, dei movimenti e del divenire, si è tramutato in un luogo di clausura : il mare artificiale della città, come quello reale - visibile però nella lontananza del pensiero e del sogno - sono quasi un'unica, non pacificata dimensione. Anche la presenza dell'amore è fittizia, un residuo platonico, un richiamo al riscatto e alla salvezza; crea, però, solo l'illusione della rottura di questa crisalide dei sensi, di questo isolamento, di questo ripiegamento nei meandri dell'interiorità. E' poco più di un'immagine, un'apparizione, un'evocazione che si sovrappone a quella stessa del mare : il " tu" - infatti - resta volutamente generico, inespresso.

In " Dogali " emblema bellico ed efficace allegoria di questo serrato confronto con il vuoto, si disvela un campo di tensioni ancora possibili nell ' " infinita riserva dei dialoghi". Ma la stagione che si dispone ad accogliere generosamente i gesti, le parole e gli incontri, viene declinata al passato. E' come una breve - seppur intensa - estate che irrompe nel deserto dell'inverno: una rapida parentesi, cioè.




Diciamo, così, la nostra più 

bella

stagione è nell'anima - le cose

viste e toccate,

dentro il tempo che viene.

Facciamo che niente

porti via la speranza che ci

guida.

Tu che piano respiri accanto a

me.

Sono, in poche parole,

proiettato 

in avanti. Domani,

nei luoghi che saranno per noi

importanti.



                                            ***


Questo respiro,

il suo attraversare le strade

in punta di piedi -

e la sete da colmare

e il vuoto da colmare.

Domani e poi domani -

l'infinita riserva

dei dialoghi.



                                             ***


E sull'erba di giugno

abbiamo dimorato - sul più

bel prato dei nostri incontri.

Non  possiamo che salutare

il nuovo giorno insieme,

perché tu ed io facciamo

ormai

una sola parte.

La generosa estate

ci ha regalato

tutti i suoi frutti.



                  da         "Dogali "



                                     ***


Abbi fede. Tieni in vita la conchiglia

e il sasso

per me qui rinchiuso in città. Ti vedo

sparire di tanto in tanto, poi torni

con un nuovo messaggio di sole.



                                             ***


Piove a dirotto e là sullo scoglio

dei miei segreti c'è tutta la solitudine

del mare. Sì, eccomi piccolo e solo

mentre mi giro intorno, amore. Sai

la fatica delle parole che ritornano

a frotte nei giorni della conta e del

destino segnato. Inseguo l'altra faccia

della medaglia, la lieve incrinatura 

del legno.



                                         ***


Prendi, prendi la mia mano,

è scivolata e non so più dove

potrò rifugiarmi. La mia mano,

Potresti darmi un legno

di fortuna,

contenere la mia paura.




                     Alberto Toni    da     Mare di dentro e altre poesie



giovedì 29 febbraio 2024

LA TRISTESSE DI ANNARITA & JOSE'

 


                                                          Canto d'amore e d'assenza...





Ho tirato su la nassa

a fatica

con le mani rosse

in mezzo a tanto azzurro.

E' una massa

di scuri sargassi

ciò che è riemerso

al mio abbraccio.

Ho scavato il tuo volto

di madreperla

dal fondo.

E' affiorato come un tesoro

da quel bozzolo di foglie.



                                            ***


Il mio baricentro mi ha sempre mentito,

sono inclinata.

La giusta angolazione

è sempre stata per me

una cosa molto personale.

Se procedo, io sbando.

La deviazione,

naufragio quotidiano e

contemplato, mi fa osservare meglio

i margini e tutte le polveri,

i lastroni di basalto

con le loro fughe irregolari, che tanto

somigliano alle mie.

Il mio procedere,

per quanto claudicante e incerto,

è studiato.

Ho il passo dell'ubriaco che ondeggia

e non progetta di arrivare

più in là del prossimo lampione.

Vi stupireste sapendo

quanti tipi di parietaria ho scoperto

e quanti fiori regalano le erbacce.

Quante timide minute creature

si scansano con garbo continuamente

dai nostri passi sicuri come scuri.

La pesantezza che si posa lieve

mi ha insegnato la delicatezza.

Guardando più in basso che in avanti,

ho perso l'orizzonte,

scoperto altri punti di fuga.

Esistono decine di villaggi in un metro

e la geografia li ignora.

Mapparli nella carta della mente

richiede lentezza.



                                                      ***


Collezioni interi pantoni del bianco del tuo volto,

grattacieli di scale che digradano nell'aria.

Ho seguito il saliscendi della vita sul tuo corpo

col groppo di chi cade, con le mani sugli occhi

e due dita aperte alle tue truffe.

Adesso che le sfumature dei tuoi viaggi

seguono ben altre verticali, non mi resta

che immaginarti, puntino nell' azzurro.

Le gambe, sole ormai nell'aria,

vanno ancora in bicicletta.



                                                 ***


Ora che ti ripenso

a centinaia di ore di distanza,

con due mari e tante terre

a separare le nostre mani,

qui dove anch'io sono lontana e in viaggio,

si ferma il dondolìo tra presenza

e assenza che cullava l'infanzia.

Tengo- comunque -

il corvo pronto e tesata la scotta.

Dovessi mai ritrovarti,

mia dispersa nave sorella.



                                              ***


Sono cresciuta piena di fratelli

in una casa mai finita,

più urla che amore,

più imprecazioni che fiori:

non ero mai sola.

Col bene nascosto

nelle tasche

urlavo più forte

per non sentire il mare

per non provare amore,

ma è arrivata lo stesso

questa tempesta nel cuore.




                      Annarita  Rendina    da   Nasse



martedì 27 febbraio 2024

I VERSI VISSUTI DI EDITH



                                                               E se ci sarà un'altra vita...




Edith Bruck è nata nel 1932 in un villaggio ungherese ai confini con l' Ucraina da una famiglia di origine ebraica. Nel 1944 viene deportata ad Auschwitz con i genitori, una sorella e due fratelli. Sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, dopo anni di pellegrinaggio in Europa, si stabilisce nel 1954 in Italia, adottandone la lingua. Nel 1959 pubblica il suo primo romanzo autobiografico " Chi ti ama " ( da cui verrà tratto un film ad opera del marito,  il regista Nelo Risi ), in cui racconta l' infanzia poverissima e l'esperienza drammatica nei Lager.

La produzione poetica di Edith è stata raccolta nel volume" Versi vissuti " del 2018, che riunisce tre testi di poesie che l'autrice ha pubblicato nell'arco di un quindicennio, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta : " Il tatuaggio" ( 1975 ); " In difesa del padre " ( 1980 ) e " Monologo " ( 1990 ).


                                            ***

" DI CHE COSA SCRIVE UN POETA SE NON DELL'ASSENZA, DI CIO' CHE MANCA SIA DENTRO CHE FUORI ? " , afferma l'autrice nella postfazione della raccolta.





NOI


Per noi sopravvissuti

è un miracolo ogni giorno

se amiamo; noi amiamo duro

come se la persona amata

potesse scomparire da un momento all'altro

e noi pure.


Per noi sopravvissuti

il cielo o è molto bello

o è molto brutto

le mezze misure

le sfumature

sono proibite.


Con noi sopravvissuti

bisogna andare cauti

perché un semplice sguardo storto

quello quotidiano

va ad aggiungersi ad altri tremendi

e ogni sofferenza fa parte

di una UNICA

che pulsa col nostro sangue.


Noi non siamo gente normale

noi siamo sopravvissuti

per gli altri

al posto di altri.

La vita che viviamo per ricordare

e ricordiamo per vivere

non è solo nostra.

Lasciateci...

Noi non siamo soli.



                                            ***


NASCERE PER CASO


Nascere per caso

nascere donna

nascere povera

nascere ebrea

è troppo

in una sola vita.



                                                   ***


FORSE


Gli uomini

che contano

nella vita

sono uno :

il padre mancato.



                                         ***


VITA !


Quante grida al vento

quanta paura di tutto

che vita di terrore

d'amore di battaglie

per un poco di pace

per un palmo di terra straniera.



                                                     ***


IL SEGNO


Morì d'impotenza

si potrà scrivere sulla mia tomba.

Chissà dove, non è detto che uno muore

nel luogo in cui è nato o vive.

Si può essere dovunque

in quell'ora incerta.

Non ci sono terre cattive e terre buone.

Vorrei però come un segno una piccola stella

a sei punte come quella che da bambina

brillava sul cappottino liso.

Incidetela ben bene nella pietra

come l'hanno incisa in me sulla mia pelle

nella mia carne, nelle mie viscere.

E se ci sarà un'altra vita

sarò una stella gialla

per ricordarvi che c'era una volta

Auschwitz.




                     Edith Bruck  da    Versi vissuti ( Poesie, 1975 - 1990 )



lunedì 26 febbraio 2024

ESERCIZI PER L' ATTESA DI MARCO

 


                                                             ... e si diviene terra promessa...




La tua costruzione 

su questa riva

miete già insonnie

fatte di molte perdite

nausee e gonfiori

con ricorsi a più consulti,

un apprendistato

che si esegue sulla pelle.



                                                 ***


Il primo suono percepito

ricorda un'eco di vita

in fondo al mare,

poi le acque si rompono

come nel racconto 

più antico

di una liberazione


e si diviene terra promessa.



                                               ***


La notte si accende

come un giglio di sangue

- fammi accogliere

il pianto e la debolezza

concedimi la resa

di essere sconfinato

sottile e forte, stremato e forte

debole e forte... forte.



                                                      ***


Finché una mattina ti vedrò

tornare a casa,

negli occhi le arnie

delle api alla fine dell'inverno.



                                               ***


L' attesa rivive davanti alla finestra

nei piccoli abiti di fata

che asciugano sullo stendino,

pentagramma di note

disposte alla prima esecuzione.



                                          ***


Sarà immenso vedersi

con la nuova vita sulla pelle,

faremo costellazione

se un altro disegnerà nell'aria

la nostra vicinanza.



                                              ***


Sei un fiume che unisce

continuità e inizio,

ti ho aperto al sole

con tua madre

e ti navigo per sempre.



                                               ***


Adesso entriamo nell'ombra

della Terra, noi

vivi al mistero

come esche all'amo del mondo.




                          Marco Bisanti  da    Nella camera - esercizi per l'attesa



sabato 24 febbraio 2024

LA MEMORIA DEL FUOCO DI GALEANO

 


                                              I nativi scoprirono che vivevano in America...




Morti senza tomba, tombe

senza nome.

E anche

boschi nativi,

stelle nella notte delle

città,

profumo di fiori,

sapore dei frutti,

lettere scritte a mano,

vecchi caffè dove c'era

tempo di perdere tempo.

Il calcio per le strade,

il diritto di camminare,

il diritto di respirare,

lavori sicuri, pensione

sicura,

case senza inferriate,

porta senza serrature,

il senso comunitario e il

senso comune.



                                             ***


Nl 1492

i nativi scoprirono che

erano degli indiani

scoprirono che vivevano in

America

scoprirono che stavano

nudi

scoprirono che esisteva il

peccato

scoprirono che dovevano

ubbidire

a un re e a una regina di un 

altro mondo

e un dio di un altro cielo

e che questo dio aveva

inventato

la colpa e il vestito

e aveva dato l'ordine di

bruciare vivo colui

che adorasse il sole e la

luna e la terra

e la pioggia che la bagna.



                                             ***


L' utopia è là, all'orizzonte.

Mi avvicino di due passi,

lei si allontana di due

passi.

Faccio dieci passi e

l'orizzonte si sposta di

dieci passi.

Per quanto cammini, mai

la raggiungerò.

A cosa serve l'utopia?

Serve a questo : a

camminare.



                                               ***


Noi

abbiamo l'allegria delle

nostre allegrie

e abbiamo pure

l'allegria dei nostri dolori.

Perché non ci interessa la

vita indolore

che la civiltà del consumo

vende nei supermercati.

E siamo orgogliosi

del prezzo di tanto dolore

che per tanto amore

abbiamo pagato.

Noi

abbiamo l'allegria dei

nostri errori

dei ruzzoloni che provano

la passione

dell'andare e l'amore

verso il cammino.

Abbiamo l'allegria delle

nostre sconfitte

perché la lotta

per la giustizia e la

bellezza

vale la pena persino

quando si perde.

E abbiamo sopra tutte le

cose

l'allegria delle nostre

speranze

mentre impazza la moda

del disincanto

ora che il disincanto è

diventato

un articolo di consumo

massivo e universale.

Noi.



                                                 ***


Vennero,

loro avevano la Bibbia e

noi avevamo la terra.

E ci dissero:

" Chiudete gli occhi e

pregate ".

E quando aprimmo gli

occhi,

loro avevano la terra e noi

avevamo la Bibbia.




                   Eduardo Galeano   da    La memoria del fuoco



mercoledì 21 febbraio 2024

RACCOGLIMI

 


                                                               Cornelius Ary Renan  " Sappho "



Era il 600 a. C. quando Saffo componeva " Raccoglimi", un frammento potente che con la sua straordinaria forza evocativa ha superato la prova del tempo. Oltre due millenni e questa breve lirica è ancora qui a raccontarci le sfumature dell'amore e a farci rivivere il brivido delle emozioni che esso provoca. Nei preziosi frammenti che ci sono rimasti, Saffo racconta quasi esclusivamente l'amore: sentimento talvolta non corrisposto, altre volte non consumato, altre volte ancora esaudito anche se solo per un momento. L' immagine che viene fuori dai versi della poeta è - in ogni caso - quella di una forza sconvolgente che scombussola la vita di chi la sperimenta. L' amore - per Saffo - non può che essere un sentimento totalizzante che invade il cuore, la mente e il corpo, perfino i sogni e la realtà circostante. Ma se per i poeti suoi contemporanei spesso si tratta di qualcosa dai poteri devastanti, che non lascia scampo agli esseri umani che vivono in sua balia, per la poeta si aggiungono i temi della delicatezza e della capacità che esiste - dentro ognuno di noi - di riuscire a rendere questa gioia tormentosa un punto privilegiato da cui guardare il mondo.




RACCOGLIMI


Vieni

inseguimi tra i

cunicoli della mia

mente

tastando al buio gli

spigoli acuti delle mie

paure.


Trovami nell'angolo

più nero

osservami.


Raccoglimi

dolcemente

scrollando la polvere

dai miei vestiti.

Io ti seguirò.


Ovunque.




                                         Saffo



sabato 17 febbraio 2024

GLI SPOSTAMENTI DEL DESIDERIO DI RAFFAELA

 


                                                             Nulla occorre che tu mi prometta...




ANTOLOGIA


Nessuno ha detto tutto in vita.

Chi muore soffia

attraverso la fessura

un vapore di nubi

per chi resta

per chi alzando la testa

di volta in volta

nel bianco ritrova

un profilo

e nel silenzio il farsi

un discorso

più lento, a prova

di tempo

ma ormai privo

di punti cardinali

un bianchissimo buio

in cui tutto è leggibile

tranne l'essenziale

forma della gioia.



                                                ***


Ritorna.


Scegli tu l'ora.

Nulla occorre che tu mi prometta

o accada.

Ma aspetta che ti riconosca.

Sii vero. Ritorna

perché riesca a lasciare

che vada.



                                                 ***


LA CELLA


Riesce a stringergli la mano.

Ma le sbarre sono carne.

Buio senza finestrella.

Dietro al corpo c'è un foro

come un occhio alla rovescia

forse eterno.

E' a quell'occhio

che lei fa da sentinella.



                                          ***


Forse è così che impara la misura

chi ascolta

dopo anni di clausura

il rompersi inatteso dei portali

il buio tutt'intorno non più a pezzi

e l'orbita di un corpo

che è fatto di silenzio

più di quello che da piccola tenevi

in fondo a un pozzo.



                                           ***


Tanto nero

ma solo

raggiunto il fondo

senti

che non ha materia.

E' un foro.

Non dissimile

dal cielo.



                                               ***


Accade

che la via maestra sia già pronta.

Nei figli, la notte si fa cava per il giorno.

Nelle tre prime rughe intorno agli occhi

il volo ha il suo corredo.

E in ogni morte

( anche la più lontana )

mette radici

il nostro ultimo congedo.


                               


                   Raffaela  Fazio       da       Gli spostamenti del desiderio



martedì 13 febbraio 2024

OGNI GIORNO HA UN CIELO DIVERSO PER LUCA

 


                                                            Noi contiamo le crepe del giorno...




E' un'intervista alle pietre

la trasparenza del fiume

e tutto l'udito e tutta la vista

sono un'unica coscienza :

le distanze si compattano

e nessuno vive da ultimo

nell'acqua che riconosce

i fragili della sua stirpe.

L' oscurità della fretta

è urgenza che non salva

e la carreggiata dall'altra parte

è il regno che disattende.



                                              ***


Il gelo di dicembre

sui muscoli delle macchine

nell'ora che sbatte il pugno

contro un sole senza indirizzo.

C'è chi raschia con la spazzola

e chi rovescia mezza bottiglia

e chi stacca dal proprio vetro

un foglio di giornale sfinito.

Noi accendiamo i motori

e sprofondiamo nei sedili

e come orsi polari in letargo

contiamo le crepe del giorno.



                                           ***


Qui non abita il distacco

ma il contatto senza bisogno

e non c'è avviso per rendere noto

che tutto in noi è incustodito.

Veglierà per condannarci

la giustizia degli oggetti :

mandria di materie e forme

che tutto crea e ci distrugge.



                                          ***


Nuove luci nella notte

sfuggono da due finestre

nel punto in cui la montagna

ci ha abituati a un'assenza.

Forse quelle fronde sfoltite

aprono allo scambio di intese

nei frammenti che ogni sera

risalgono la propria caduta

e viene da scacciare i vetri

e imbrigliare i sipari

per costringere al coraggio

chi ci chiama dal buio.



                                            ***


Se la polvere ci parlasse

di sé non racconterebbe niente

ma ci direbbe delle crepe e dei ragni

e dell'infelicità dei pavimenti.

Svelerebbe l'ambizione dell' armadio

di non vivere con un fianco cieco

e la pena del chiodo nel sostenere

ciò che gli è impedito di ammirare.

Infine ci chiarirebbe la morte

dopo l'appello delle sveglie

quando dalla tenda alla trapunta

un nugolo d'oro ci circonda.




                    Luca  Bresciani   da    Ogni giorno ha un cielo diverso