sabato 27 aprile 2024

IL SERENO DI NINA

 



                                                                      E verrà un giorno il tempo!




SERENO


Sarà un tempo sereno, un tempo da inni.

Con un sol gesto l'aria fenderò,

pronuncerò solo parole immacolate.

Dirò " cielo", " fonte", dirò " sole"

e " lacrima" e " musica", " immunità".

Sarà il tempo in cui il mio ricordo

non sarà sfiorato da echi di massacri

ma da aliti soavi di poesia

ché a volte anche il sangue alita.

Di tutto quello che un tempo era promiscuo

conservo solo il sacro e, mossa al perdono,

loderò i contrasti perdonanti.

Dirò " cielo" e " sole" ma anche " musica"

e sarà " sole", " musica" e " cielo"

intorno a me e intorno al mondo.

Le vocali assumeranno - naturali - la loro gloriosa aureola.

E verrà il tempo sonoro, scintillante,

un tempo solenne e puro, un tempo da inni,

e verrà un giorno il tempo! Oh se verrà!




                     Nina Cassian   da   C'è modo e modo di sparire



giovedì 25 aprile 2024

25 APRILE

 




                  Mai più senza libertà ! E grazie a quanti morirono

                            perché noi ne godessimo....


              

                                      frida



LA TERRA MAGRA ( e amara ) DI GABRIELA

 


                                                             La terra è sfinita...



" Il perché del titolo : " Terra magra" è una terra che produce poco, che non germoglia e non nutre; è un termine agricolo antico, ma che nella sostanza assomiglia a questi tempi così duri e difficili. Tuttavia vorrei sottolineare che nonostante il dolore, la fatica, le perdite e gli addii, nonostante cioè una dimensione tragica che c'è in " Terra magra" e che attraversa tutto il libro, c'è anche nei miei versi un invito a godere la gioia della vita, nelle piccole cose come nelle grandi; un invito a godere di ogni attimo e la memoria di chi non c'è più, ma va ricordato e conservato nei versi. " ( G. F. )




UNA TERRA MAGRA


La terra è sfinita,

le bocche in silenzio,

da sotto la crosta del mondo

piano piano tornerà l'erba che faceva

il suo gioco con la falce,

nei filari di giugno.


Intanto la storia nasconde

la scatola dei nomi, li rovisto, cerco

la forma bella per contenerli.


Sarà facile ritrovare

l'inverno dei sette anni,

le ossa rotte quando correva

l'adolescenza.

Viviamo una vita minerale,

strati su strati, assemblaggio

di parti minime.



                                                    ***


UN CICLO, LA VITA


Qualcosa si radica duro nella terra,

qualcuno lo tiene stretto

lo afferra nel poco della notte,

nel foglio sbiancato

per il troppo sopportare.


Qualcosa sfugge alla parola

e resta cocciuto dentro al gran mutare,

a  tutto questo andare a cumuli

di roba rosicchiata in morsi

                             piccoli e continui

e resta, in questo gran rovinare

verso un punto.



E noi, incolpevoli e nudi,

solo un poco più magri ad ogni passo,

scendiamo fradici

in un'allegria di birra e giorni

...

e tutto tiene , solo nel silenzio.



                                            ***


NELLA POVERTA'


Avere sete

senza la bocca per bere,

una fame di parole

per alzare mondi

e non sapere dove mettere

 le fondamenta.


Vaghiamo

senza carte di viaggio,

senza una lingua

per dire - il taglio.


Nella povertà custodisco

la gioia dei sopravvissuti,

la gentilezza degli esiliati,

quelli che seminano

grano per il dopo.



                                                   ***


L' ORIGINE


Nessuno scorda la terra dove

ha imparato il passo,

la fuga e l'abbraccio senza fine.

Nessuno.


Dopo, nel tempo che sarà,

ripetiamo solo l'attimo

quel sempre, ogni volta.


Solo quel punto è la casa dove

tornare ogni sera

e l' ultima che verrà

quando sapremo

l'ombra di spalle.


Questa l'eredità incisa nella pietra.



                                                ***


MEMENTO


Quando tutto sgretola, slitta via

il perimetro e ogni geometria,

la vita oscilla, avanti e indietro

senza sosta.


Resta la voce che ci fa

                   - timidi e terribili -

una forma antica che ci tiene

con i piedi infilati nella storia

e ci fa eroi

dentro la pietà che ci rimane.


Dentro il bianco, i nomi.




                Gabriela Fantato  da     Terra magra



mercoledì 24 aprile 2024

I VERI SCRITTORI

 


                                                    I veri scrittori sono dei rabdomanti...



(...)  Sta leggendo, non per sapere, non per imparare, non per accumulare, per ammassare, per acquisire. No, nulla di tutto ciò. Sta leggendo molto di più per dimenticare, per liberarsi, per perdere, per perdersi. Mentre torna ad essere solo, infinitamente solo.

Abbastanza solo per non esserlo mai più.

I  libri stabiliscono le coordinate, disegnano le mappe di una contrada deserta, votata all'amore e all'erba incolta, attraversata da animali selvaggi e teneri, in cerca di una sorgente d'acqua, in cerca della sorgente del sonno.

Questo tocco delle parole, questa irradiazione della voce che nell'anima intorpidita del lettore rivela falde d'acqua viva, fonti di fuoco : i veri scrittori sono dei rabdomanti. Dei guaritori. La mano magnetica di colui che scrive, si posa sul cuore nudo del lettore, riassorbe la febbre, tramuta il sangue in acqua. (...)



                   Christian  Bobin  da   Sovranità del vuoto



ABITARE POETICAMENTE IL MONDO

 


                                                    Contemplare è un modo di prendersi cura...




(... )  Emily Dickinson potrebbe essere una delle figure esemplari di abitare poeticamente il mondo. Il suo sguardo era strettissimo, era il giardino di suo padre, la casa di suo padre e, alla fine della sua vita, non è stato altro che la sua stanza in cui non riceveva nessuno. Persino il medico rimaneva sulla soglia, e dava i suoi consigli da lontano vedendo la malata allungata sul suo letto. Abitava in uno spazio che si è ristretto sempre più. Allo stesso tempo, la carica delle sue poesie era sempre più grande, la loro solare densità sempre più alta. Possiamo anche dire che spiritualmente, è una giovane donna che ha trascorso la vita all'interno di una campanella di mughetto. L' impercettibile, il minuscolo, il muto e fragilissimo scorrere della vita, era ciò che lei abitava con contemplazione.

Contemplare è un modo di prendersi cura. E' demolire tutto ciò che in noi assomiglia a un'avidità, o anche a un'attesa o a un progetto. Guardare e commuoversi per l'assenza di differenza tra ciò che vediamo e ciò che siamo. Ho sotto gli occhi qui, in questo bosco, qualcosa che è molto più prezioso di tutto ciò che un museo potrà mai offrire. Nell'ordine, un po' di muschio, un po' più in là dei rovi, una felce che il sole attraversa come una vetrata. Questa felce è santa per la sua mortalità, per la sua fragilità, per il fatto che incontrerà il decadimento. Cosa fare di meglio se non salutare coloro che sono con noi in questo transitare? Sarebbe bello imbastire tutta una conversazione attorno attorno a questa felce... Il mondo è pieno di visioni che attendono degli occhi. Le presenze ci sono, ma ciò che manca sono i nostri occhi. Chi la vede questa piccola felce impigliata in un ramo spinoso? Il vento la conosce, il vento le parla. (...)



                           Christian Bobin  da   Abitare poeticamente il mondo



martedì 23 aprile 2024

IL CORPO DESIDERATO DA ALBERTO

 


                                                       Antonio  Canova   -   Amore e Psiche




ANIMA  AMANTE


Anima amante mia per sbaglio

segnata

come una data

in un estraneo anno domini

io ti ho forse

perché ho tutto quello

che non dovrei avere per averti

mio sapore d'altrove

cerchiamo di fare in fretta

la nostra eternità

sta godendo di poche ore.



                                            ***


IL TUO NOME


Più il tono mi sale

alla gola

più parlo per tacerlo: si fa presto

a nominare il buio col buio

ma è la sagoma solitaria

silenziosamente possibile

al di dentro che fa paura:

vivrò nell'ignoranza

di ciò che so

fin nelle viscere

che somatizzano quel nome

e si torcono,

mi fanno sentire più vecchio ogni mattino.



                                              ***


AMORE CONVINCITI


... amore, convinciti, è una sera

come le altre

ci faremo luce insieme,

ora, fra poco,

dovrò

pur ritrovarla la lampada.

Era qui

solo un eterno fa.

Amore, il gioco

- aspetta, abbi pazienza -

sta per ricominciare : nessuna

assenza, manchi solo tu,

cosa vuoi 

che sia, un'inezia.



                                                  ***


COME UN ALBERO, COME UNA RONDINE


Saremo un giorno lontani

se ciò che dicono è vero,

saremo un reciproco pensiero

o una cosa dimenticata

dalla nostra reciproca memoria :

io non so, tu mi auguro

al tuo strambo paradiso,

amica mia che salvavi

in ogni orrore innocenze sfuggite

alla distrazione del boia.

Ho esaurito la lista,

non ho che un Dio

da farti salutare,

ma se lo incontri per caso, non darti

pena di cercarlo per questo :

che altro? resto

... è l'ultima davvero 

telefonata tra noi, ma vorrei

lo tenessi presente che l'amore

è il mancato appuntamento e insieme

il momento azzeccato.



                                               ***


SIMILITUDINE A DUE


... hai la bellezza della farfalla che muore

sulla rovente lampada tenuta accesa

da un uomo insonne fino al giorno :

bruciata impronta del confine

fra il grande sogno e la notte breve.

Bellezza, un senso del nulla,

il solo - forse -

che percepisce il mondo

che ci scruta dal fondo del suo specchio

dove riflette solo chi ci manca.



                     Alberto  Bevilacqua   da   Il corpo desiderato



lunedì 22 aprile 2024

COMPLEANNO

 




                                               ....   UNA MAREA DI AUGURI...



                                                 frida


                                  

sabato 20 aprile 2024

I PICCOLI UNIVERSI DI MARTA

 


                                                             Lacrima, goccia d'anima salata...




Dai tuoi occhi scorre acqua ambrata,

scende nel mio cuore,

lo scalda, 

scioglie,

ricompone un battito nuovo,

troppo forte.

Perché non posso avvicinarti?

Assorbire il tuo calore?

Spezza con un grido la pietra che ho nell'anima.

Rinsegnami il ruggito e il graffio.



                                            ***


Lacrima,

goccia d'anima salata

soffiata da venti sotterranei

che scivoli  su mari di ghiaccio...

fondi in un cuore di roccia,

diventa cristallo per me.



                                              ***


Da un altro universo un pensiero mi si affianca.

Viaggio di pochi istanti e mille domande:

parlami, spiegami il tuo sconosciuto andare.


Vite che non si toccheranno mai

scivolano subito distanti.

Per paura di sapere di più.



                                                 ***


Piccola luminosa stella del mattino,

hai attraversato coraggiosa

la lunga notte di mare

per fonderti nell'aurora.


Il tuo principio.



                                           ***


Inseguo una piuma,

lieve,

gonfiata dal vento,

piccolo incerto vascello.

Lo aspetto

ferma

nella traccia di luce alla fine del giorno.


Desiderio di approdo.



                                                 ***


Attraverso il taglio della mia tela

persa in un colore non mio,

affondo le dita in sfumature ostili

per riemergere alla trasparenza che mi appartiene.



                                                    ***


Un velo lieve,

vellutata polvere d'ali di farfalla,

spegne un sorriso

che non sa più volare.



                                                    ***


Una nuova forza

irradia dal centro

lenti cerchi.


Quiete onde di vita.



                                                 ***


Luce del tramonto

libera queste piccole

soffici nuvole

come pensieri nati per altri mari,

per altre stelle.




                     Marta Locatelli  da   Piccoli universi (  Dove smarrirmi per ritrovarmi )


                                                     

mercoledì 17 aprile 2024

PORTAMI IL GIRASOLE

 


                                                                         Van Gogh -  I Girasoli




La celebre poesia di Montale si collega direttamente all'etimologia del nome della pianta Helianthus annuus, una combinazione delle parole greche " helios" ( sole ) e " anthos " ( fiore ), dunque " il fiore del sole", che la leggenda lega al mito di Clizia, la ninfa che si innamorò perdutamente di Apollo, il dio che traina il carro del sole, scortando ogni mattina l'astro ardente al centro della volta celeste. Clizia era anche senhal della donna amata da Montale, Irma Brandeis, cui questa poesia dal valore fortemente allegorico sembra destinata.* C'è chi afferma che in realtà la lirica non abbia un vero dedicatario, ma che il poeta stia parlando a sé stesso, esortandosi a vivere una felicità possibile, ignorando il proprio " male di vivere". Infatti Montale, stando alla datazione, non aveva ancora incontrato Irma quando scrisse questo componimento; eppure il girasole sembra prefigurare l'avvento della donna, come fosse una sorta di presagio.




PORTAMI IL GIRASOLE


Portami il girasole ch'io lo

trapianti

nel mio terreno bruciato dal

salino

e mostri tutto il giorno agli

azzurri specchianti

del cielo l'ansietà  del suo volto giallino.


Tendono alla chiarità le cose

oscure,

si esauriscono i corpi in un

fluire

di tinte : queste in musiche.

Svanire è dunque la ventura delle

venture.


Portami tu la pianta che

conduce

dove sorgono bionde

trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il  girasole impazzito

di luce.



                    Eugenio  Montale  da   Ossi di seppia



* In questo sito si possono leggere " Lettere a Clizia " cliccando ( a destra fra i nomi degli autori ) Eugenio Montale.




IL SUPERFLUO DI FILIPPO

 



                                                        Beato chi non sa, chi non ricorda...




Elio Filippo Accrocca, poeta laziale, di cui è ricorso il centenario della nascita lo scorso anno, fu legatissimo a Roma, soprattutto al quartiere di Portonaccio, dove visse fino al 1943, dove la casa dove abitava fu distrutta da un bombardamento alleato.

La sua poesia, da un inizio neo realista, vira verso un ermetismo più legato a una ricerca stilistica, ma sempre traducendo in versi la sua esperienza personale segnata da numerosi lutti, come la tragica morte del figlio diciottenne in un incidente automobilistico, che darà vita alla raccolta " Il Superfluo ", di cui sono riportate qui alcune poesie.





IL RITORNO


Non riesco ad abituarmi

a non vederti più, a non sentirti:

è forse la condanna per chi resta?


Se avessi potuto raccogliere

nel cavo della mano la tua voce,

avrei almeno un'eco del respiro...


La tua aurora ancora scrive: è il fiato

d'una parola che rimane, il segno

della tua presenza indecifrabile.


Oggi due moto per le vie di Roma

( la stessa marca, stessa cilindrata ):

ho chiamato, ma hanno accelerato.


Se ripercorro quella litoranea

o sollevo la sabbia di Lavinio,

tra le dita riaffiora il tuo profilo.


La filigrana del viso

torna a emergere dal vuoto,

come a un'estrema lente di follia...



                                           ***


L' IMPRONTA


Se potessi portarti

qualcosa di quello che hai lasciato

di qua... fammi sapere che desideri.


Beato chi non sa, che non ricorda:

la memoria è da uccidere, non l'uomo.

Altro che un dono, la memoria è un peso.


Però se mi mancasse pure lei,

oltre che te, mi resterebbe il nulla:

la condanna sarebbe più straziante.


Le tue cose, gli oggetti col tuo nome

sono tappe del vivere

che ci danno l'impronta dei tuoi passi.



                                                ***


IL SUPERFLUO


Le pareti di casa

sono come le pagine

di un libro aperto

fessure e macchie 

sono date e nomi

che incrinano le vene

non sappiamo che il minimo

appena l'indispensabile

del tanto che esiste

non vediamo che il contorno

delle cose nel raggio

breve degli occhi

non possediamo che il cartoccio

degli oggetti di sussistenza

chiamata proprietà

ma se aggiungi un altro giorno

alla somma puoi dire

che sai e vedi e hai più del superfluo.



                                        ***


RITORNO A PORTONACCIO


Mutato ponte e più mutate cose

dell'inesausto vivere 

negli afoni mattini. Si fa monte

il ricordo degli anni quando ancora

intatta era l'immagine dei pini

densi di fumo e l'isola

di verde m'accoglieva

ogni giorno al passeggio contemplato

dei treni amici e delle amiche grida.

Oggi mutata è pure la mia vita

e il desideri, e il senso

delle parole s'è trasfigurato :

tanta merce è passata e tanto fiato...

Solo intatto mi resta

l'intramontato innesto ( amore? odio? )

per il mio Portonaccio fatto mesto

e ilare, sconvolto e avvolto a un tempo

da memoria che rende l'ora desta.



                                              ***


LA GUIDA


Vorrei essere insensibile

come un oggetto,

una cosa scartata dal destino.


A passo d'uomo

ho ripercorso l'ultima tua strada

per ritrovare l'ombra di un tuo gesto.


Eri tanto, eri tutto:

l'universo si rifletteva in te;

ora che non sei evanescenza: nulla.


Tua madre ha fatto il bucato

con le lenzuola dove dormisti

l'ultima notte : portano il tuo fiato.


Hai compiuto con noi un breve tratto,

ora osserviamo il vuoto che hai lasciato,

occupato soltanto dal ricordo.


Oggi che hai vent'anni

ti ricreiamo con la fantasia

nel luogo che conserva la tua voce.


Mi metto le tue scarpe, i tuoi calzini,

ricammino con te,

ma non so chi dei due sia la guida.



               Elio Filippo Accrocca   da     Il Superfluo






martedì 9 aprile 2024

IL PARADISO DI STEFANO

 


                                               Il cielo è completamente vuoto questa notte...




Sempre la sofferenza si trasforma

in qualcosa di sacro

sempre che siamo in grado di domarla

o assottigliarla come fa la terra

quando si chiama fuori

solo distribuendo i suoi tormenti

a ogni filo d'erba

perché restituisca inavvertitamente

la sua penosa pena al vento

che la libra sul prato e la trascende

come ogni cosa quando si affida al vento.



                                                ***


Il cielo è completamente vuoto questa notte

perché la luna di febbraio è abbagliante

e cancella le stelle

mentre qui sulla terra

gli alberi e le siepi e l'asfalto della strada

si stagliano potenti

e ci chiedono di stare

a occupare lo spazio che incombe

come se fosse un'orbita possibile

questo girare e camminare senza firmamento.



                                            ***


La soluzione temporanea

di tutta questa nuvolaglia indotta di pensieri

è stare a vedere una valle con il vento e sotto il sole

mentre il verde dei declivi

di collina in collina sovrapposti

si fa sempre più grigio di foschia

e finisce nel bianco

che confonde l' Amiata in lontananza con il cielo.


Stare a vedere è facoltà di tutti

ma ricavarne la chiarezza di un messaggio è privilegio

di chi si lasciasse intontire dal sole

scardinare dal vento e ritornasse

su di sé ma senza più visione

ora che tutto è perduto nel bianco lontano

e sale, sale da dentro la voce del mondo.



                                             ***


Un certo raggio della luna bianca di stanotte

ha attraversato il cielo e ha raggiunto me

il cane Tito e poi l'asfalto.

Io in ritardo me ne sono accorto, il cane Tito

credo era distratto

e l'asfalto ha luccicato per un attimo

sostituendosi con garbo alla

inadempienza di Tito

e alla mia.



                                              ***


Trasfòrmati in parole luna piena rossa di gennaio

e includi nel racconto il rombo della superstrada

così che tutto sia completo

ma non risponda dei significati

così che quando uno arriva

a congiungere i punti delle luci nella valle

la figura sia libera

di assomigliare a chi la traccia

e il silenzio di dentro sia tale

da sovrastare ogni mania del mondo.




              Stefano Del Bianco   da      Paradiso



venerdì 5 aprile 2024

DEAR DANTE

 


                             Gustave Doré -  Virgilio e Dante nel IX Girone dell'Inferno




DANTE TRA GLI AMANTI


(" Quand'io intesi quell'anime ofense

china' il viso e tanto il tenni basso,

fin che 'l poeta mi disse : " Che pense? ".


Quando rispuosi, cominciai : " Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio

menò costoro al doloroso passo! " )


 ( Inferno V , 109 - 114 )



                                                  

Si muove tra loro come una spia

che non conosce i peccati,

li osserva con sguardo d'uomo.


Da qui muove la sua pietà.

Non giudica ma porta amore.

Dove si smarrisce la ragione, vince il perdono.


Sebbene Dante sappia che un Dio lassù

ha dannato queste anime per la bruciante lussuria,

non rinuncia alla compassione per


la loro sofferenza. Sa che devono

pagare lo scotto. Languidi abbracci

li hanno portati fin qui. Questa nuvola di polvere


li frusta senza tregua lungo giorni

e notti d'inferno infiniti.

Di tutti i modi diabolici


di punire può essere il migliore

che chi cataloga le colpe possa punirle.

Ma Dante non freme, non si eccita


per il giusto, dolce finale. Dio tiene il libro mastro

che sgomenta il suo cuore di uomo.

Sviene per la pena, atterrato

dalla sua arte passionale.



                                            ***


NUOTANDO CON DANTE


( " Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia

la riviera del sangue in la qual bolle

qual che per violenza in altrui noccia "


Or ci movemmo con la scorta fida

lungo la proda del bollor vermiglio

dove i bolliti faceano alte strida " ).


 ( Inferno XII , 100 - 102 )



Conosco questo fiume, il fiume della rabbia.

Vi sono entrata una volta o due, forse più volte.

Bruciavano i miei piedi. Lasciai la sponda

della salute e dell'amore a guado delle acque

per immergermi in torti che non potevo raddrizzare,

per cospirare in guerre violente che non avrei combattuto,

per bollire un po' nel sangue, mio e degli altri.

E' piacevole la rabbia, è una gabbia

che rende l'anima schiava dei suoi capricci.

E quando in lei ti smarrisci, tutto lo zolfo

dell'inferno non ti salverà. Nessun centauro

in soccorso ( come al fortunato Dante ). Per sempre

stretto tra desiderio e desiderio,

nuoti finché di nuovo la follia ti abbandona.



                                                 ***


IL MONITO DI DANTE


( " O voi che siete in piccioletta barca,

desiderosi d'ascoltar, seguiti

dietro al mio legno che cantando varca,


tornate a riveder li vostri liti :

non vi mettete in pelago , ché forse,

perdendo me, rimarreste smarriti " ).


 ( Paradiso II , 1-6 )




E' mai possibile, avendoci spinti così lontano

che tu ci rimandi nuovamente a casa? Nessuna stella

a guidarci, nessuna rima o verso per spingerci

nel cammino? Alla fine, alle porte del Paradiso,

ci dici che non siamo pronti per seguirti,

che il pane degli angeli non è il nostro pane?

Anche se non così istruiti, noi abbiamo fame.

Siamo affamati come filosofi. Affamati come te.

In realtà, se siamo piccoli, abbiamo maggior bisogno

di vedere le verità che il destino non ci ha permesso

di scorgere con lo studio. Non ha forse predicato

Gesù che solo i bambini possono sperare di raggiungere

il Paradiso che ci dici non possiamo possedere?

Dimenticalo. Non ti lasceremo solo.




                   Angela Alaimo ' O Donnel  da  Dear Dante  (  Silloge apparsa sulla rivista Italian Poetry Review, 2023 ) Trad. di S. Barsella e B. Nacci.

 


mercoledì 3 aprile 2024

L' ALTRO DENTRO DI NOI

 


                                                                    La vita pulsa ovunque...




(...) Di chi scrivo? Di esseri strani, ma non per guarirli, ma per dare loro una voce. Niente rende accessibile la follia. La mancanza di ragione è sempre quello che è : un mondo a sé, solitario e inviolabile. Ma occorre ridurre il dolore dei sintomi e assorbire quella che è la sua luce di conoscenza e di profezia, la sua stravaganza feconda. Ogni volta occorre ricreare le regole del mondo. Non rassegnarsi all'esistenza di quanto è realtà costituita, ma uscire dai solchi tracciati nel terreno. Disobbedire. Delirare. Rischiare la propria ragione e sbattere contro il muro della solitudine : non c'è altra scelta per rendere meno vano il nostro soggiorno terreno. Scrivere è la " promessa etica" di restare noi stessi, liberi dal mondo, traditori del mondo, anche se nessuno si accorge che abbiamo pensato e promesso qualcosa. L' Isola Ferdinandea, al largo della costa sicula, esiste e non esiste, scompare e riemerge, ma noi sappiamo quello che vogliamo, contro ogni verità comune : parlare del vento, che non ha un nome, che va ovunque. Se non esiste vento, ci si rassegni : tutto è marmo, tomba. E invece, se esiste, morremo nel rimpianto dell'aria dove non siamo stati, dell'aria dove non saremo ancora. Non credo a nessuna giustizia postuma. Si scrive con la speranza che le proprie parole siano, un giorno oppure l'altro, se non lette, almeno sognate. Per esistere di fronte a quanto ci costringe al silenzio, occorre una speranza fatta di parole : se è impossibile, tanto meglio. Ma io continuo a sperare, anche contro le stragi che crivellano i corpi e li scagliano fra rovine senza nome. (...)



                                                    ***


(...) Perché parlo sempre dell'infelice destino umano? Mi piace ascoltare persone che sono finite ai margini del mondo, ma che non per questo rinunciano a tacere. Io racconto questa non - rinuncia alla vita attraverso il lavoro accanito sulle loro minime storie, che talvolta invento e talvolta no, dilatando alcuni dettagli reali fino a farli diventare impressionanti o improbabili. Se l'arte è una forma delicata ed esasperata di vertigine, occorre essere vertiginosi contro ogni forma di ovvietà, proprio per arricchire con la nostra ossessione personale questi miseri tempi incarcerati da obbedienze collettive. " Necessario è solo tradire ". Una realtà compatta, priva di deviazioni e di tradimenti, impone una purezza tirannica, un pensiero unico. Tradire è la natura del viaggio umano. Chi diventa adulto, tradisce se stesso bambino; chi invecchia, oltraggia la sua giovinezza. E chi interpreta la voce dei pazzi non sfigura forse il loro silenzio? Se restasse fedele al delirio e condividesse la stessa gabbia, sarebbe disorientato come loro e non più lucido di loro. Non è forse " l'esasperata lucidità " la sola, fragile illusione che il sano possiede per cogliere " la fuggitiva follia " ?.  (...)



                                                ***


(...) Io " sono e non sono " ma ho sempre bisogno dei miei ricordi, delle mie idee. Se un mio personaggio, nel corso di un racconto, non è d'accordo con me ed esige di essere sottoposto ad un intervento di lobotomia perché vuole dimenticare tutto, io, da scrittore, come reagisco?. Mi comporto con lui come se fosse un essere vivente. Lo seguo nei suoi bisogni, li descrivo, lascio che la narrazione prosegua e che lui, dopo aver subito l'intervento, dimentichi tutto proprio come voleva dimenticare. Uno scrittore deve lasciare spazio ai sentimenti e ai pensieri di un personaggio, anche se non li condivide. Cosa è vero? Cosa è falso? Tutto " è vero". Lo scrittore cede e il personaggio inventato si emancipa da lui. Da Pirandello in poi gli attori ( maschere, personaggi ) possono contrastare il loro autore. Otello, Lear, Macbeth, Ofelia, convivono nell' anima di Shakespeare. Lo scrittore adulto non parla con una sola voce, ma con tutte quelle che combattono in lui, sopraffatte o vittoriose, fragili o tenaci. Fine dei monologhi lirici o religiosi : inizio dei drammi feroci o cruenti. La vita pulsa ovunque, selvaggia, fitta di invettive barocche. (...)




                  Marco Ercolani   da   L' altro dentro di noi



martedì 2 aprile 2024

LA BRUGHIERA DI ANTONIA



 

                                                                     Brughiera a primavera





BRUGHIERA


I


Accoccolato tra le pervinche

sfuggi

la furia ansante dei cavalli

e l'urlo

dei cani al sole.


Tu sei come il ramarro verde e azzurro

che del proprio rumore si spaura

e hai cari

questi ciliegi appena in fiore, quasi

senz'ombra.


Tenui 

profili di colline alle tue ciglia:

e all'orecchio

così curvo sull'erica riarsa

a quando a quando il rombo

dei puledri lanciati per la piana.



II


Con le farfalle raso terra

esitavi

al fiorire della ginestra:

e ad un tratto

enormi ali ti dà

quest'ombra trasvolante in rombo.


Ora ridi,

acciaio splendido,

all'ombroso

imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido

balzare delle lepri fra i narcisi.



III


Indugiano 

carezze non date

fra le dita dei peschi

e gli sguardi

d'amore che mai non avemmo

s' appendono alle glicini sui ponti -


Ma il fiume

è densa furia d'acqua senza creste, nel

grembo

porta profondi visi di montagne:

e all'immenso

svolto dei boschi trova lieve il vento,

tocca le fresche nuvole

d' aprile.




                                  Antonia  Pozzi   da     Parole



sabato 30 marzo 2024

BRACHETTO PASQUALE

 








Beh.... Auguri  di una Buona Pasqua!




frida


AL SEPOLCRO

 


                                                  Bartolomeo Schedoni  -  Le Marie al sepolcro




Fuggirò da questo sepolcro 

come un angelo calpestato a morte dal sogno,

ma io troverò la frontiera della mia parola.

Addio crocefissione,

in me non c'è mai stato niente :

sono soltanto un uomo risorto.



                      Alda  Merini   da      Cantico dei Vangeli



IO NON VOGLIO...

 



                                              Diego Velàzquez -  Gesù Cristo crocifisso -  1632    



( In questa poesia la Merini fa parlare Gesù )





... che si canti come pena di Dio,

né come esaltazione di un palo

che appartiene solo ai Romani.

Il supplizio della croce non è dolore vero,

ma è una verità,

e questa verità trapela solo attraverso il legno.

Il legno è poroso, è un canto.

E io su questo legno ho scritto i Vangeli.

La croce è scrittura.

L' urlo della croce non è altro

che un'invocazione assoluta dei cieli.




                        Alda  Merini   da       Cantico dei Vangeli


venerdì 29 marzo 2024

VENERDI' SANTO

 


                                          Cerca la tua pecora, vero Pastore del gregge...




Venerdì Santo  è la poesia di Christina Rossetti che mette al centro una giornata importantissima per il Cristianesimo: il sacrificio di Gesù. Ma, la poeta italo - inglese in un giorno come questo si interroga sulla propria fede, sui propri dubbi religiosi, sul fatto che non sente quella passione di fronte a un sacrificio così importante. La giornata della crocefissione di Cristo diventa un momento per riflettere e per trovare quella fede che spesso fugge via.






GOOD FRIDAY


Sono una pietra e non una

pecora.

Per il fatto di poter stare, o

Cristo, presso la tua Croce

ad assistere goccia dopo 

goccia alla lenta effusione del

tuo sangue.

 Senza piangere?


Non hanno amato così quelle

donne

che ti hanno pianto con tanto

dolore;

non così Pietro che ha pianto

amaramente dopo essere

caduto,

non così è stato toccato il

ladrone;


non così il Sole e la Luna

che nascondono il loro volto

in un cielo senza stelle,

un orrore di grande oscurità

nel pieno mezzogiorno -

Io, solo io.


 E tuttavia non rinunciare,

cerca la tua pecora, vero

Pastore del gregge;

più grande di Mosè, vòltati

e guarda ancora una volta.

E colpisci la roccia.



             Christina  Rossetti   da     The Prince's and Other Poems