Che non diventi di pietra... altrimenti uccidimi...
Louis Mac Neice nacque a Belfast nel 1907 ed ebbe con il suo Paese rapporti contrastati d' amore e odio ( non agiva in lui la seduzione politica ( benché idealmente di Sinistra non sopportava le ideologie " Una poesia di idee mi pare sia più futile della neve " ebbe a dire, così come non sopportava i " riformisti da salotto". A Marx, l' idolo di allora, preferiva tradurre le tragedie di Eschilo ), né quella fiabesca vitalità di Yeats - cui dedicò uno studio -) Adorava la poesia, ma non ne capiva le ansie spiritiste. L' azzardo e il culto della sparizione, l' amore per le lande selvagge si tradussero in una poesia, invece armonica, di implacabile rigore e micidiale intelligenza - cosa che contraddistinguono tutto il lavoro del poeta. I critici dicono di lui che "La grandezza di Mac Neice stia in una poesia di classica tessitura, che alterna la fragilità della neve a un' intelligenza spesso glaciale. Spiazzante " Morì a Londra a 55 anni.
NEVE
La stanza divenne
improvvisamente ricca,
dalla grande vetrata fioriva
la neve insieme alle rose
silenziosamente collaterale
e incompatibile:
il mondo è in agguato, e
neppure lo sappiamo.
Il mondo è folle ed è più di
ciò che crediamo;
è incorreggibilmente
plurale. Sbuccio e
sporziono un mandarino,
sputo i semi
e so che ogni cosa è ebbra.
Un fuoco
fiammeggia gorgogliando
nel cuore del mondo
ed è più allegro e canaglia
di quanto si possa
supporre - è sugli occhi
sulla lingua sul palmo -
c'è più di un vetro tra la
neve e quelle enormi rose.
***
PREGHIERA DI UN UOMO NON ANCORA NATO
Non sono ancora nato, ma
ascoltami.
Non lasciare che il
pipistrello succhiasangue, il
ratto
o la faina o il demone dai
piedi caprini si avvicinino a
me.
Non sono ancora nato, ma
consolami.
Ho paura che l' umana razza
mi circondi con alte mura
mi sottragga a me stesso
con dure droghe, mi seduca
con sapienti bugie, mi
torturi su cupe rastrelliere
stritolandomi in lavacri di
sangue.
Non sono ancora nato, ma
provvedi a me
con dondolii d' acque,
concedimi i prati, gli alberi
loquaci, un cielo che mi
canti un inno, gli uccelli
e una bianca luce nella
mente per guidarmi.
Non sono ancora nato -
perdonami
per i peccati che il mondo
commetterà attraverso di
me
per le parole che mi
parleranno, per i pensieri
che mi penseranno
per i tradimenti che genera
il tradimento
per la vita che altri
sottrarranno tramite le mie
mani, per la morte quando
la vorranno.
Non sono ancora nato -
provami
nelle parti che devo recitare
e negli sputi che sputerò
dai vecchi che predicano,
dai burocrati che vessano:
le montagne già mi fissano
accigliate, gli amanti
ridono di me, le bianche
onde mi incitano alla follia,
il deserto predica la mia
rovina, il ramingo rifiuta
il mio dono e i figli mi
maledicono.
Non sono ancora nato -
ascoltami
non lasciare che l'uomo,
bestia che si crede Dio,
si avvicini a me.
Non sono ancora nato -
concedimi
la forza contro quelli che
vogliono congelare
la mia umanità, che
vogliono dragare il mio
cuore
perché diventi un automa
letale, l' ingranaggio
di una macchina, una cosa,
contro quelli che vogliono
disintegrare la mia integrità
che tramuteranno il mio
fiato in lana di cardo
che mi rovesceranno come
acqua tra le mani.
Che non diventi di pietra,
che non mi rovescino.
Altrimenti, uccidimi.
***
LA LUCE DEL SOLE
La luce del sole, in giardino
è dura e si fa gelo,
non possiamo imprigionare
lì ora in una rete d' oro
e quando tutto è stato detto
è inutile impetrare perdono.
La nostra libertà, come
lance
in resta, avanza verso la
fine;
la terra la comprime e su di
essa
calano sonetti e uccelli;
presto, amico mio
cesserà il regno delle
danze.
Il cielo era adatto al volo,
al duello con le campane
contro ogni malvagia sirena
di ferro e il suo dire:
la terra si comprime
stiamo morendo, Egitto,
moriamo.
Ma non ci aspetterà il
perdono
perché abbiamo il cuore
duro,
eppure, siamo stati felici,
insieme
sotto i tuoi e la pioggia
grati- perfino - della
luce del sole in giardino.
***
THALASSA
Prendete il largo, bruti
compagni,
lasciate che il fronte marino
si sfracelli,
che germogli la valanga
marea, ignara
dell' ultima scialuppa di inetti;
lasciate che le opposte
forze convergano:
qui occorre imbarcarci
ancora.
Issate le vele, disgraziati
compagni,
lasciate che l' orizzonte si
inclini e barcolli.
Vi è noto il vostro errare, le
volubili volontà
i valori banditi, gli impuri
cuori.
Il vostro passato vive di
chiese in rovina;
lasciate che il veleno sia la
cura.
Prendete il largo, ignobili
complici,
i nostri eredi torneranno in
gloria,
colpiamo queste rupi di
marmo in moto,
il narvalo ci sfida ad essere
liberi:
un' altra stella traccia la
nostra rotta
e il nostro fine è vivere.
Prendete il largo.
***
PROSPETTIVE
Benché gli amori
inacidiscano in un tetro
languore e la frutta duelli
con la gloria dei denti,
sebbene nel barbuto e
blasonato roveto
i nidi siano privati dell' inno,
sebbene le vita dei vecchi e
le giovani tegole
testimonino un credo
machiavellico,
benché il malvagio Passato
riviva vile
nel Presente e il Presente
sia davvero passato,
sebbene la pietra fiorisca
perché noi rotoliamo sulla collina
e la collina cresca
e la gravità riguardi ancora
tutti,
benché le leggi della Natura
abbiano
sconfitto gli umani
anarchici,
sebbene ogni concetto sia
un castello
di sabbia e subito si sgretoli,
sebbene l' oggi sia arido
sappiamo - e la
benediciamo -
che radicata nel futuro
è la pianta della tenerezza.
Louis Mac Neice da Autumn Journal
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