mercoledì 31 luglio 2019

L' AMORE INNAMORATO

 
 

                                                         Ché vivo di ombre e troppa luce…


Rimani,
nascosto in una piega di orizzonte,
appiattito sul bordo frastagliato
di un'idea.

Danzami,
in un'ora di silenzio confuso;
fatti nota soffusa
a definire la mia notte.

Restami,
sconfinato oltre il confine
oscuro di paura.

Ché vivo di ombre e troppa luce.
Mi abbaglia gli occhi e mi devasta il cuore.



                                  frida


MEZZOGIORNO DI VUOTO 3


IL VUOTO NON DICHIARA SE STESSO

(…) Si è detto che tutti siamo d'accordo nel bollare questa società
       come società delle divisione. Ma l'accordo è un'istintiva
       reazione di solidarietà a una parola - divisione - che si afferma
       confusamente come percorsa da una critica. E l'accordo è
       piuttosto sull'aspetto più generico di tale critica. L' accordo è
      insomma sul "troppe cose non vanno ", sull' "andiamo a rotoli",
      sul " siamo alla deriva ".
      Mentre dire :" questa società è una società della divisione",
      significa mettersi dalla parte di una unità, e non semplicemente
      di una unità per lottare, ma di una unità per vivere, che vuol
      dire al caso anche lottare. E non per sopravvivere, ma proprio
      per vivere.
    L'ultima grande illusione che ci si può trovare addosso in questo
     momento è quella di dover abbattere tutto per poter poi
     ricostruire. Se qualche energia è rimasta a qualcuno - nel
     declino organizzato di ogni risorsa umana - si può solo sperare
     che diventi chiara la stolidità di quest'ultima illusione. Questo
     può proprio essere il tempo delle risorse umane che  
     scarseggiano, in tutti i sensi. Usarle unicamente per abbattere,
     per criticare, per corrodere, può voler dire trovarsi presto
     senza fiato e senza nemmeno aver scalfito un sistema che ha
     usato secoli per diventare quello che è. Qualcuno allora forse
     potrebbe ripetere la terribile frase del protagonista del
     Gattopardo : " Doveva pur cambiare qualcosa, perché tutto
     restasse come prima ". Sarebbe dunque bene che chi in Italia
     oggi desidera un cambiamento,  si domandasse se gli conviene
     fare la parte del qualcosa che cambia in funzione del fatto che
     tutto possa tranquillamente restare come prima.
     Per questo sarebbe importante che l'essere d'accordo non fosse
     sul generico " tutto va male", ma sulla società della divisione,
     alla quale si può solo opporre un'unità di vita; e sulla società
     del vuoto, alla quale si può opporre solo una pienezza di
     significato nell'esistenza di individui e di popoli.  (…)


             Lion Vela  &  Dora Demàs   da   Mezzogiorno di vuoto


MEZZOGIORNO DI VUOTO 4


(…) Il vuoto di questa società è un vero vuoto culturale, cioè di
       significato. Lo svuotamento operato è sul perché delle cose e
       delle azioni, o meglio, è una tale polverizzazione dei motivi 
       che il singolo individuo spesso preferisce non parlarne più
       piuttosto che rischiare il marchio infamante dell'arretratezza.
       Per chi invece non fosse disposto ad accettare di non parlarne
       più, la soluzione c'è. Il vuoto si riempie di fantasmi. Fantasmi
       di lotte per una giustizia, per una umanità, per una convivenza
       libera, per una democrazia, per la conquista di un determinato
       tipo di vita. Ombre di significato che nell'esperienza dei
       singoli e dei gruppi non reggono al minimo urto, ma nell'
       immagine che la società dà di se stessa, vengono ricostruite e
       alimentate.
       Il vuoto non potrebbe sussistere se si definisse come vuoto.
       Nessuno lavorerebbe, lotterebbe, se domani tutti i giornali di
       tutto il mondo stampassero  la notizia che i Capi di Stato, i
       grandi industriali, i militari,le centrali  del potere dell'intero
       avessero dichiarato che dietro la facciata della loro
       burocrazia e degli incentivi ideologici non c'è nulla. Nessun
       motivo, nessuna spinta di quelle che nella Storia hanno
       mobilitato le masse, o forse solo una spinta molto circoscritta
       e brutale: la sopraffazione.
       Ma questo non è un motivo di vita, bensì solo una legge
       elementare di selezione della vita che non è più umana. E'
       comunque un vuoto di significato, è comunque un'assenza di
       cultura. Ma se questa pazzesca dichiarazione venisse fatta, la
       reazione sarebbe di un cinismo dilagante, di una ribellione
       totale: " Abbiamo aderito a un vuoto, ci hanno fatto lottare
       inutilmente, ci hanno fatto  morire per niente ".
       E così tutti coloro che avessero fatto quella dichiarazione
       avrebbero vinto .  (…)


                      Lion Vela  & Dora  Demàs   da  Mezzogiorno di vuoto

MEZZOGIORNO DI VUOTO 5


(…) E così tutti coloro che avrebbero fatto quella dichiarazione, o
       avrebbero potuto farla, avrebbero vinto.
       Avrebbero ragione di dire che il vuoto è comunque da tutte le
       parti e che valeva la pena che qualcuno lo riempisse di ombre
       per trarne partito. Ma è stato possibile popolare il vuoto e
       trarne partito, perché l'uomo non è fatto per il vuoto: l'uomo
       lavora, produce,crea,ama. La differenza è che se non ha radici
        di vita vera e sperimentabile come vera, lavora, produce, crea
        e ama a profitto di chi vuol trarne profitto; al contrario, se ha
        una vita piena e posseduta, lavora, produce, crea e ama per
        sé e per il mondo.
        Se invece a quella pazzesca dichiarazione, un insieme di
        persone, gruppi e interi popoli potessero rispondere: a quel
       nulla dietro la facciata non abbiamo mai aderito;al miserevole
       spirito della sopraffazione non abbiamo mai dato da vivere ,
       abbiamo invece alimentato le radici della nostra cultura, della
       nostra fede  nonostante tutto ciò che ci circondava, nonostante
      gli errori, nonostante noi stessi. Abbiamo lavorato e costruito
       delle identità di popoli, delle realtà con un volto, con una
       parola da dire che non era nel vocabolario delle gigantesche
       macchine di parole che si trovano agli angoli delle strade; con
       una vita da vivere che ci ha fatto gustare la possibilità di
       essere uomini. Se ci fosse questa risposta, allora i grandi
       profittatori del vuoto avrebbero fatto male i loro conti e si
       troverebbero di fronte a qualcosa di cui non saprebbero cosa
       fare, tranne che creare nuove fonti di divisioni e ricominciare
       da capo. Ma dopo essersi così smascherati, forse non sarebbe
       altrettanto facile.
       Questa pazzesca ipotesi non sarà mai. Il vuoto non si dichiara
       vuoto, perché in quel caso gli uomini si accorgerebbero di
       troppe cose; perché in realtà gli uomini non reggono il vuoto.
       Hanno bisogno di fingere almeno brandelli di pienezza. Anche
       se sono solo brandelli e non riempiono nulla.
       Ecco perché si è più facilmente d'accordo sul generico" contro
       il sistema " che sul capire che cosa significhi " società della
       divisione " o " società del vuoto ".
       Perché in questo secondo caso si tratterebbe appunto di essere
       d'accordo su una posizione che è critica solo in diretta
       funzione di una costruttività che non è un modello futuro, ma
       una sperimentabilità ancora raggiungibile. Per il momento.
       (…)



              Lion Vela  & Dora Demàs  da    Mezzogiorno di vuoto


lunedì 29 luglio 2019

IMPROVVISO

 
 

                                                      Sopra un fosso di stelle dove ti ho perso…


AI MONTI, A TE

Per passare dal mio ventre
al tuo c'è solo una galleria
e - lontano - un coro di monti
sopra un fossato di stelle dove ti ho perso.

Ma tu rinasci ogni volta
dalle orme della terra
che sotto me sprofonda.

A vita ti guarderò crescere nella roccia
nel punto intenso d'acqua
dove una radice - ancora - ci ritrova.



                                  frida



IL BOSFORO DI AKIN

 
 

                                                                  Stretto del Bosforo  (  frida  )


S'E' VISTO

Non bruciare il bordo della lettera,
e non parlare d'amore
per pagine e pagine.
Soltanto, mentre chiudi la busta,
calca molto bene
quelle tue labbra schive.


                                            ***

AMARE

Saper vedere
che cade
tra i fiocchi della neve
la piuma bianca dell'uccello migratore
riparato sotto la grondaia.

Ecco
amare.



                           Sunay  Akin     da        Canti dal Bosforo



domenica 28 luglio 2019

POESIE DI SILVIO RAMAT

 
 

                                Quanto poco fu il tempo che serviva a viverti…


Che pece tenera l'inesperienza
tua e mia dell'umano; che amore
l'amore catafratto d'ironia,
questo illudersi a ore alterne d'una
maturità che non esiste, o almeno
non esiste nel nostro destino.

Quanto poco fu il tempo per descriverti
e meno ancora quello che serviva
a viverti. Illeso amore, accento
di sorriso sulla mia prima costola
fratturata, questo scherzo sottile
di primavera, e al suo velo invisibile
io e te - ringiovaniti - nella spera
del vaniloquio: la chiave è sul banco
che ti apre e mi vuota come l'uno
in euforia dopo l'altro i bicchieri.


                                        ***

L'universo in quattro battute, è questo che mi domandi,
non più di una per elemento ( e credi
sia troppo ). Così barcamenandomi
tra aria e cibo, fuoco e sonno, fo torto
a tutte le altre pietre, te ne stacco
quattro appena per dedica:
il tempo di Venezia senza spigoli,
il riso di un vassoio senza smalto,
noi due nature vive nel giardino dei morti,
le arance tutta buccia di Rialto.



                       Silvio  Ramat     da     L'arte del primo sonno


sabato 27 luglio 2019

LA POESIA DI ALIVENTO

 
 
 

                                                                Mi chiedevo se tu piovessi neve…


SE NOI

Mi chiedevo se tu fossi
a toccarmi lieve
se tu
visibilmente stanco
piovessi neve
se tu inchiostro rosso
sopra il nero
fossi sposo promesso
prima adesso
se tu
fossi una leva
per sollevare il mondo
fulcro d'equilibrio instabile
in bilico sul terrapieno mobile.
Mi chiedevo
se io fossi la sposa
alta promessa di poeta
se noi grandi di cose
anime persone
noi così cerchi retti solidali
veti bavagli d'animali noi
unitamente stretti
avremmo mai potuto coniugare
il verbo in qualche modo
approfittare.


                                    ***

QUADRO PIOVE

Ora piove dici piove
perché l'aria si rinfresca
e le nuvole coprono l'estate.
Una donna sull'uscio
rammenda cose fosche
di tempesta a punti fitti fitti
gettati su calzini
come rete di pesca
pesca buchi mi memoria
o di un lungo camminare.
Improvviso picchiettare
allegro sulle fronde
distratte dal rumore
cadono gocce.
Sono tondi d'antracite
disegnati sul cemento
cerchi sparsi di grigiore
in chiaroscuro irregolare.
Sentire profumi
di basilico e ginepro
un respiro di fanghiglia e afa
ragazzi in sella a motorini
volteggiano ronzando
in cerca di un riparo.
Ora piove dici e infatti piove
a dirotto tra mosche
fastidiose di scirocco.


                                            ***

LIBERA DI SENZA

Ti prego
non parlare dolcemente

Quando implode
l'arco teso
scocca e freccia  vibra viva
lago estende
nel presente eterno vacuo
si protende.

Ti prego
non parlare dolcemente

Altro si confonde dentro
e gli occhi vanno in vago
giro tristi e sento in vitro
vuoto peso involto tetro
un pieno senza scampo
una piovra un cappio franto
un danno che rimescola
natura che s'inalbera
l'istante tesa la domanda
la vita in altera partita
salta il ponte e
si disperde oltre ma oltre
ci deve essere per forza
per mia forza disperata
un'altra vita.



                             Alivento     da        Tellus folio

MISURARE IL SILENZIO

 
 
 

                                                  E' arrivato il momento di finire il tuo sudario…


STRUMENTI DI MISURA

Per misurare il tempo fu inventata l'assenza,
quella riga che divide il mondo in due,
in due corpi, i giorni, le parole.

Per misurare l'assenza fu inventato il silenzio,
quel linguaggio di spettri, quel dolore mansueto
con il gelido tocco delle cose vuote.

Per misurare il silenzio avete inventato me,
questo cane di nebbia che vaga nella notte
come un faro in cerca di un naufragio.


                                                 ***

AMORE E GEOMETRIA

Cercarti è un'ellisse.
Sognarti è una curva.
Decifrarti è una piramide.
Raggiungerti è un'iperbole.
Amarti è un cerchio.
Tenerti è un quadrilatero.
Perderti di nuovo
è una mera parabola
per tornare a cercarti.


                                                   ***

PRONOMI

Io:
questo cane infedele
che cambia padrone
se qualcuno lo chiama.

Tu.
questa sillaba ingrata
che cambia volto
se detta da altre labbra.


                                             ***

PENELOPE

In un altro tempo ti avrei aspettato
facendo e disfacendo di ora in ora
questa interminabile matassa,
fantasticando un'altra vita in cui la vita
possa fermarsi per molti anni
fingendomi pazza; ma amore,
siamo nel XXI secolo,
sono le quattro e di nuovo non torni.
E' arrivato il momento di far tacere le sirene
che con il loro canto raccontano le tue gesta,
ed è ora di finire il tuo sudario.


                                            ***

LA TRACCIA

Qualcuno cancella le impronte
dei tuoi passi leggeri nella notte,
ma al mio risveglio mi accorgo
che sei tornata nel vuoto che hai lasciato
- come un cane torna alla sua tana,
come l'assassino sul luogo del delitto -
perché il letto è disfatto
dalla parte sinistra dei miei sogni.




                      Alfonso  Brezmes    da      Misurare il silenzio



venerdì 26 luglio 2019

NON SEI VENUTA, OGGI

 
 


                                                        Credo che me ne andrò, stanotte…


Non sei venuta, oggi,
non verrai, gli occhi non mi dicono
niente.
Non ci sono più parole nell'inchiostro.
Nel parlatorio vecchio
cessano i bisbigli e l'aria
raffredda sui selciati,
scurendosi la sera.
Niente importuna i licheni
nella loro nicchia.
I topi non li rodono ch'io sappia
altri appetiti limitandosi
al poco.
La corda che intrecciai
ancora tiene.
Credo che me ne andrò stanotte.



                                    Giacomo  Cerrai





giovedì 25 luglio 2019

LE VOGLIE DELLA MUSICA

 
 
 
 


                                                                          Che vuole?


                                                 frida


IL CHIOSTRO DI LUCERO 1

 
 
 
                                       Quante gabbie dovrò conoscere, papà. Questo silenzio


(…) Io credo - dice la monaca Stéfana - io credo, ripeti con me.

       Credo in Dio.
       Credo nei biscotti che rubiamo nel refettorio.
       Credo nel nascondiglio che c'è nell'orto, dove non ci trovano all'ora del rosario.
       Credo nell'esistenza di un padre che non è il mio, perché usa la sottana e ci porta nel confessionale per farci sedere sulle sue ginocchia ( non sopporto il suo odore ) e accarezzarci.
       Credo nelle novizie arrabbiate quando nascondiamo i loro messali.
       Credo nell'alito fetido della madre superiora quando vocifera ( ma quello di mia madre è superiore ).
       Credo negli scherzi che facciamo al giardiniere per farlo diventar matto.
       Credo nelle mie ginocchia piene di sangue dopo essere stata denunciata da una traditrice quando misi del peperoncino nella limonata.
       Credo che la Vergine ( forse è molto occupata ) non mi guardi.
       Credo nel flagello con cui si frusta la monaca Stéfana, con il quale mi frusta quando mi scopre dietro il guardaroba, e per questo non l'ho mai voluta chiamare Stephanie. Credo nelle uniformi, a volte blu, a volte bianche, nelle inferriate delle piccole finestre di sporchi cristalli, così alte che non riesco a vedere se c'è qualcosa al di là in cui credere.
      Credo nell'odore della clausura e del decotto.
      Credo nella pesante porta che mi si apre; solo un'imposta fa apparire un volto sconosciuto, e nella notte mi perseguita un viso dentro una cornice.
      Credo nella porta chiusa.
     
      Apriti, sesamo.   (…)



                        Lucero Alanìs     da     Chiostro
       


IL CHIOSTRO DI LUCERO 2



(…) Sono così libera, come un uccello che vola senza pensare, sono
       una schiava di questo corpo che si crede uccello dentro la
       gabbia del mio corpo; le uniche piume sono quelle del mio
       cuscino, ma anche così canto e mi sento come un uccello. Così
       esile che potrei sostenermi nell'aria, così allegra come zia
       Susana. Ci sono inferriate che ho visto fin dalla culla, sbarre
       che mi impediscono di accorrere al richiamo angustioso di
       mamma, al pianto di mia sorella, ad affrontare le grida del
       guardiano. Ci sono celle che stanno crescendo e mi fanno ogni
       volta più piccola nel mondo bianco, fuori dal mondo altro,
       quello che leggo e mi immagino.
       C'è anche un contenitore che mi cattura e non mi lascia uscire,
       una prigione con sottofondo di violini e drammi che mi sono
       estranei, ma che mi trasformano subito nel loro personaggio
       principale, quello che odia l' infermiera, che mi è costato varie
       settimane in più di isolamento, no visite, no dolci, no.
       Quello che mi dispiace è che il personaggio non è mai quello
       di un uccello felice, sempre legato alla volontà del padrone
       della gabbia.
       Quante gabbie dovrò conoscere, papà.
       Quanto silenzio.   (…)



                                Lucero  Alanìs      da      Chiostro


IL CHIOSTRO DI LUCERO 3



(…) Siamo tante margherite in un giardino chiamato casa. Oggi
       siamo solo due, o credo che sia rimasta solo io. A papà non
       piacciono le margherite, per questo si è portato via mia
       sorella : le margherite sono per i porci, dice.
       Io sono scura quanto lui;mia madre bianca, come l'altra figlia.
       Sono il puro ritratto di papà, ma lui si lamenta sempre:da dove
       sei uscita con quei lineamenti e quasi nera? Mi si proibisce di
      scendere a mangiare perché lo mette di malumore il mio
      aspetto:così devo fare colazione nella mia stanza e- se ho fame-
      andare al frigorifero, di nascosto, stando attenta che lui non sia
      da quelle parti.
      Dietro la porta ascolto come chiacchiera con mia sorella, la
      biondina - a tavola, mentre mia madre li serve. Non capisco:
      siamo nate gemelle e lui ci tiene separate. Non parla nemmeno
      a mamma, dice che è una civetta  e talvolta le grida puttana.
      Neanche questo comprendo.
      Chi è il porco?I maialini sono già a letto.Io sono un lupo feroce
      che li mette in fuga.
      E' da molto che non vedo papà né la biondina. Forse sono
      ancora alla fiera, sul carosello.  (…)



                     Lucero Alanìs      da      Chiostro


  

IL CHIOSTRO DI LUCERO 4



(…) Ma se papà non fuma, ci dicono di allontanarci dal fumo
       prodotto dal tabacco degli altri, che ci possiamo ammalare e
       persino morire di fumo. Padre Tarcisio insiste nel dire che è
       peccato fumare, e lui stesso è avvolto in una nube: si
       giustifica dicendo che è incenso; io preferisco l'odore del
       sigaro, non credo che per questo mi condannerà. Esco a
       comprare le sigarette - dice papà - ma se papà non fuma, dev'
       essere parecchio distante la tabaccheria visto che ha tardato
       molto.Trovammo solamente la casa vuota, vuota di passi,vuota
       di odori, vuota di loro.
       E la mamma che cerca nella casa vuota e disperata chiama
       mia sorella, e i muri vuoti non rispondono e le porte si aprono
       per far uscire le sue grida e vuoto ovunque.
       Mia sorella dev'essere svanita o forse se n'è andata - come
       papà -alla lontana tabaccheria e tarderà a ricomparire, o.
       Ma se papà non fuma.  (…)



                        Lucero Alanìs   da      Chiostro


mercoledì 24 luglio 2019

IL CIELO SOPRA BERLINO

 
 


(…)Quando il bambino era bambino, se ne andava a braccia
      appese, voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un
      torrente, e questa pozza, il mare.
      Quando il bambino era bambino non sapeva d'essere un
      bambino: per lui tutto aveva un'anima e tutte le anime erano
      tutt'uno.
      Quando il bambino era bambino, su niente aveva un'opinione,
      non aveva abitudini, sedeva spesso a gambe incrociate, e di
      colpo sgusciava via, aveva un vortice tra i capelli e non faceva
      facce da fotografo.
     Quando il bambino era bambino,era l'epoca di queste domande:
     perché io sono io e perché non sei tu? Perché sono qui e perché
     non sono lì? Quando comincia il tempo e dove finisce lo spazio?
    La vita sotto il sole è forse solo un sogno?Non è solo l'apparenza
     di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro?
     C'è veramente il male e la gente veramente cattiva?
     Come può essere che io che sono io non  c'ero prima di
     diventare? E che una volta che io che sono io non sono più
     quello che sono? (…)


               Peter Handke    da   Il cielo sopra Berlino


martedì 23 luglio 2019

AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE

 
 



                                                                   " Chi lotta contro i mostri
                                    deve guardarsi di non diventare
                                  - così facendo - un mostro.
                                    E se tu scruterai a lungo
                                    in un abisso, anche l'abisso
                                    scruterà dentro di te ".


  

                                                   F. Nietzsche  " Al di là del bene e del male "

                       



IL CIELO DI MARISA

 
 
                                 
                                                                   Si vive fingendo l'equilibrio

            
L'ORIGINE DEL MONDO

Chiudi gli occhi.
Viaggia con me nell'esteso
territorio dell'istante.

Voglio sentire le foglie che crepitano
sotto il peso oscillante del tuo corpo.

Quali furono
le tue rotte e i tuoi alberi?

La forma triangolare delle querce
risale verso i cervi
che vanno al pascolo al mattino.

Se ogni libro che si apre
assomiglia alle cosce
di una donna nuda in un museo,
ciò ch'è la mia fonte
l'ho appreso dalle tue labbra.

Qual modo sereno di bermi.


                                          ***

IL CIELO TRA PARENTESI

Che le cose
si aggiustino nelle loro forme
non significa
che siano diventate nostre.

Forse vuol dire
che l'albero dell'assenza
ha messo gambe e radici
nella terra  adeguata.

Come a un ospite inatteso
occorre saper dare
il posto giusto
persino al vuoto.


                                       ***

PICCOLE MORTI PROVVISORIE

Questo vagare per ogni città
in cerca di un tuo gesto:
un ricciolo, dei capelli, uno spicchio di stoffa nelle vetrine,
una medusa tiepida come la tua anima,
tra le tue cosce e paure,
un elefante morto.

Questa stanza affittata in una navata di Roma,
una carezza dolce e disseminata,
questo continuare a sudare a vuoto per il mondo:
carrozzabili, ragnatele di luce, carrette mute
con gradini che non puntano
al cuore.

             Questo continuo spostarsi
             in un altro luogo senza saziarsi,
             eterna inimicizia che mi unisce
             alle cose.

Questo girare per distretti come un canto
indagando -  senza eco - l'orizzonte,
dove si trova il tetto delle tue labbra
o il viadotto oscillante delle tue dita.

Questi pezzi di nulla che ti invocano,
questo nulla di schegge che ti nomina
e non ti trova
e non ti trova
e non ti trova
e non ti trova.

( eco )


                                    ***

MI STA COME D'AUTUNNO

Me ne vado dal tuo silenzio
come un soldato ferito
alla fine di una guerra.
Zoppicando di speranza.


                                   ***

LA TRAPEZISTA DI ESCHER

Vacilla
sull'acrobatica corda del desiderio.

Aragoste di carta incollate ai muri
distrutti a graffi pur di sostenersi a qualcosa
mentre lui l'amava.

Amare è cadere.

Si vive fingendo l'equilibrio.



                       Marisa Martinez Persico   da   Il cielo tra parentesi




lunedì 22 luglio 2019

LE POESIE D'AMORE DI MARICHIKO

 
 

                                              Fare l'amore con te è come bere acqua marina…


Noi soli.
Nella nostra casetta lontano da tutti,
lontani dal mondo,
solo suono d'acqua sui sassi.
E io che ti dico:
" Ascolta. Senti il vento tra i rami".


                                              ***

Fare l'amore con te
è come bere acqua marina.
Più ne bevo e più ne sono assetata,
perché niente può appagare la sete
se non bere il mare intero.


                                            ***

Chi c'è qui? Io.
Io chi? Io me. Tu sei te.
Prendi il mio pronome,
e diventiamo noi.


                                          ***

Grido mentre mi mordi
i capezzoli e l'orgasmo
esaurisce il mio corpo, come se
mi tagliassero in due.


                                       ***

La tua lingua vibra e si muove
dentro di me che mi svuoto
e avvampo in un turbine
di luce, come l'interno di una
grande perla che si espande.


                                       ***

E' il tempo in cui tornano
le oche selvatiche. Tra
il sole calante e la luna
che sorge, tracciano in volo
il carattere " cuore ".


                                    ***

Come la ruota segue lo zoccolo
del bue che tira il carro,
la mia pena segue i tuoi passi
quando all'alba mi lasci.


                                       ***

Due fiori in una lettera.
La luna scende fra lontane colline.
La rugiada bagna i bambù.
Io aspetto.
I grilli sul pino cantano tutta la notte.
A mezzanotte suonano le campane del tempio.
Le oche selvatiche gridano dall'alto.
Nient'altro.


                                    ***

La notte è troppo lunga per gli insonni.
La strada è troppo lunga per chi è stanco.
La vita è troppo lunga per una donna
resa insana dalla passione.
Perché mi capitò una guida disonesta
sui tortuosi sentieri dell'amore?


                                         ***

Mi sveglio intirizzita
con la prima luce. Fuori dalla finestra
la rossa foglia d'acero scivola giù in silenzio.
A cosa credere?
Indifferenza?
Rancore?
Odio la vista del giorno che inizia
da qual mattino, quando
mi gelò il tuo sguardo insensibile
come la luna pallida all'alba.



                Kenneth  Rexroth   da     Le poesie d'amore di Marichiko



domenica 21 luglio 2019

L'ANIMALE CHE MI PORTO DENTRO ( introduzione )



" Se c'è qualcosa che mi dispiace molto, se ho un dolore fisico, se ho una scadenza, se devo risolvere un tarlo interiore, se ho dei dubbi, se ingrasso, se mi colpisce un lutto, se faccio un incidente per strada - ignoro; ignoro tutto. Vado avanti, non voglio intoppi. Continuo."
Quella che l'autore racconta in questo libro è la formazione ( autobiografica ), di un maschio contemporaneo, specifico e qualsiasi. Tentativo fallimentare - comico e allo stesso tempo drammatico - di sfuggire alla legge del branco ma, nello stesso tempo, la resa alla sua forza. La lotta indicibile e vitale tra l'uomo che si vorrebbe essere e l'animale che ci portiamo dentro.
Vista da quest'ottica,è il racconto di tanti anni passati a cercare di spegnere quel ronzio collettivo per poi ritrovarsi ad ascoltarlo- nel proprio intimo - nei momenti più impensati.
" Dentro di me continuerò a chiedermi : siete contenti di me? Sono come mi volevate? ".
In un mondo da sempre governato dai maschi, capirli è la chiave per guardare più in là. Per questo il racconto si nutre di tutto ciò che incontra: i brufoli e il sesso, l'amore e il matrimonio, l'egoismo e la tenerezza - in un andamento vivissimo, ma riflessivo che ci interroga e ci risponde fino a ridisegnare il nostro sguardo.



                                         ( f )


L'ANIMALE CHE MI PORTO DENTRO 1

 
 

                                                                     Hai scelto me...


(…) Tutti i valori positivi della virilità maschile potevo osservarli,
       ascoltare quando li spiegavano, stare lì davanti a mio padre in
       silenzio mentre mi spiegava ( dopo avermi picchiato ) come ci
       si comporta; stare davanti al preside in silenzio mentre mi
       spiegava come ci si comporta; ascoltare tutti e giurare sia di
       aver compreso, sia di aver agito di conseguenza. Ma non lo
       ritenevo in nessun modo possibile; e non era solo questo:
       temevo che quei valori mi avrebbero fatto perdere il legame
       con la mia comunità maschile, con il gruppetto dei miei
       compagni di scuola e con gli amici del cortile.
       E allora, poiché non ero in possesso dei valori positivi della
       virilità, l'unico legame condiviso con gli adulti era l'interesse
       per le donne, quindi per il sesso. L'unico legame complice e
       positivo era quello instaurato mentre andavamo dalla villa al
       Villaggio Svedese. Quindi ne dedussi questo: se mi concentro
       su quanto mi piacciono le ragazze, farò di me - alla fine - un
       buon individuo della comunità maschile. Mi apprezzeranno,
       saranno contenti di me, tutti, anche mio padre mentre mi
       punisce, mentre mi picchia.
       Concentrandomi sul sesso, avrei potuto fare a meno degli altri
       valori - di cui alcuni di noi desideravano e pensavano fosse più
       virile farne a meno.Essere un individuo significava essere solo,
       ma noi avevamo bisogno del battaglione dei soldati o della
       squadra di calcio.E per ottenere ciò, preferivamo questa specie
       di virilità disordinata, ribelle e brutale. Era la strada per
       portare a compimento l'accettazione dell'individuo dentro la
       collettività.
       Andando per questa strada è successo che ho pensato al sesso
       per gran parte della giornata, per gran parte della vita. Dentro
       questa protezione non soffrivo mai. Non mi faceva soffrire il
       professore delle Medie, mio padre che mi picchiava, il fatto di
       non poter andare a basket, nulla di tutto quello che mi era
       successo. L'unico momento in cui ho sofferto è stato su quella
       panchina, quando ho scoperto che sulla strada del sesso e
    delle donne era possibile( poi ho capito che era molto probabile)
    inciampare nel sentimento e nelle sue conseguenze. (…)



         Francesco  Piccolo   da    L'animale che mi porto dentro