mercoledì 31 luglio 2019
MEZZOGIORNO DI VUOTO 5
(…) E così tutti coloro che avrebbero fatto quella dichiarazione, o
avrebbero potuto farla, avrebbero vinto.
Avrebbero ragione di dire che il vuoto è comunque da tutte le
parti e che valeva la pena che qualcuno lo riempisse di ombre
per trarne partito. Ma è stato possibile popolare il vuoto e
trarne partito, perché l'uomo non è fatto per il vuoto: l'uomo
lavora, produce,crea,ama. La differenza è che se non ha radici
di vita vera e sperimentabile come vera, lavora, produce, crea
e ama a profitto di chi vuol trarne profitto; al contrario, se ha
una vita piena e posseduta, lavora, produce, crea e ama per
sé e per il mondo.
Se invece a quella pazzesca dichiarazione, un insieme di
persone, gruppi e interi popoli potessero rispondere: a quel
nulla dietro la facciata non abbiamo mai aderito;al miserevole
spirito della sopraffazione non abbiamo mai dato da vivere ,
abbiamo invece alimentato le radici della nostra cultura, della
nostra fede nonostante tutto ciò che ci circondava, nonostante
gli errori, nonostante noi stessi. Abbiamo lavorato e costruito
delle identità di popoli, delle realtà con un volto, con una
parola da dire che non era nel vocabolario delle gigantesche
macchine di parole che si trovano agli angoli delle strade; con
una vita da vivere che ci ha fatto gustare la possibilità di
essere uomini. Se ci fosse questa risposta, allora i grandi
profittatori del vuoto avrebbero fatto male i loro conti e si
troverebbero di fronte a qualcosa di cui non saprebbero cosa
fare, tranne che creare nuove fonti di divisioni e ricominciare
da capo. Ma dopo essersi così smascherati, forse non sarebbe
altrettanto facile.
Questa pazzesca ipotesi non sarà mai. Il vuoto non si dichiara
vuoto, perché in quel caso gli uomini si accorgerebbero di
troppe cose; perché in realtà gli uomini non reggono il vuoto.
Hanno bisogno di fingere almeno brandelli di pienezza. Anche
se sono solo brandelli e non riempiono nulla.
Ecco perché si è più facilmente d'accordo sul generico" contro
il sistema " che sul capire che cosa significhi " società della
divisione " o " società del vuoto ".
Perché in questo secondo caso si tratterebbe appunto di essere
d'accordo su una posizione che è critica solo in diretta
funzione di una costruttività che non è un modello futuro, ma
una sperimentabilità ancora raggiungibile. Per il momento.
(…)
Lion Vela & Dora Demàs da Mezzogiorno di vuoto
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Mah! Mi pare che getti tutto in un gran calderone e cerchi di fare un bel minestrone. Evidenziare solo gli eccessi di quel periodo (mettendo assieme giudici, vecchi, ragazze madri, malati, matti e terroristi) mi pare davvero cosa alquanto buffa, ben lontana dall'acuta analisi che rivendica e che indubbiamente servirebbe. Anche se ormai servirebbe più urgentemente un'analisi di ciò che siamo diventati ora. Ecco forse potrebbe essere questo il punto: cerchiamo di capire cosa siamo ora e vedere come e da dove ci siamo arrivati e cercare di capire come e perché eravamo arrivati fin là. Sarà possibile? Ciao Frida e grazie, Il tuo blog è sempre pieno di stimoli
RispondiEliminaGrazie, Alberto del commento.
RispondiEliminaNon c'era nessuna intenzione né pretesa, da parte mia, di fare un'analisi approfondita e accurata dei fenomeni sociali che hanno caratterizzato gli anni 70/ 80.( cosa che mi avrebbe portata troppo lontana da qui e dalle intenzioni di questo blog ). Come ho cercato di spiegare in una sorta di prologo, il tema si è imposto da sé, conseguente ad una fortuita lettura.
Quello che mi aveva colpito ( e che vale anche per adesso ) è il senso di vuoto che permea sia la vita individuale sociale di questa e quell'epoca. Che poi ciascuno la riempia come vuole e può ( sì da non accorgersene quasi e in modo da far credere - urbi et orbi - di avere una vita oltremodo " piena" è un altro discorso.)
Se però da questa lettura e conseguente condivisione può nascere un dibattito… perché no?
In fondo è lo scopo per cui siamo qui.