lunedì 30 novembre 2020

LA CATTIVA STRADA

 


                                                         Tutti dobbiamo trovare la strada

                                sbagliata che ci conviene.



                                    Samuel  Beckett



ASPETTARE E' UN'ARTE PER OTTAVIO



                                        Non saprai mai che il vero amore è nel pensiero...



IL GRANDE PENSIERO


Eccola qui, l'amica di lunga data,

solo amica perché non può essere

donna come io vorrei.

La terrazza sul mare adirato

sotto il cielo che dispensa acqua

e urli naturali non umani

ci protegge col tetto trasparente.

Il finto marinaio che ci accudisce

propone tre volte la " vellutata",

tre volte rifiutata ormai sospetta.

E dunque pesce fresco, cotto,

aromatizzato e impanato,

totani in filetti morbidi

e un grosso " ragno" diviso in tre.

Già, c'è anche il marito

che tenta ogni giorno di non perderla.

Gli anni sono passati e il gioco

non è mai uguale al giorno prima,


vorrebbe qualche parola in più.

Anche a me non bastano le parole

che invece fluttuano piene di anni.

Aspettare, aspettare, vivere, credere.

L'amore è così grande che sa avvolgere

anche i tempi che non hanno generato

la diversa dimensione per crescere.

Domani la vedrò ancora, sola, bella,

elegante, pensante, sorridente.

Basta un sorriso per gioire?

Spesso è questo il monologo risolutore.

Aspettare è un'arte, anche se

la scadenza si avvicina inesorabile.


Tempo, tempo, mio tiranno. Non saprai mai

che il vero amore è nel pensiero.

Il resto è un piccolo contorno,

succulento, che non toglie la fame.



                         Ottavio Rossani   dalla silloge   Impronte indelebili



sabato 28 novembre 2020

AMICI...

 


... ( anche se non so bene a chi mi rivolgo, dato che da tempo non  scrive più nessuno ). Mi sembra giusto ( per me ) avvisarvi che siamo arrivati al capolinea: vale a dire che non mi troverete più qui. E' una decisione su cui medito da tempo ( esattamente dagli inizi della " prima" pandemia  quando, pensando al lungo tempo che ci avrebbe visti in una sorta di  difficile e forzata reclusione, vi avevo proposto di utilizzare questo spazio per condividere le vostre difficoltà, sofferenze, lamentele, proposte ( col risultato che - a parte un amico che è sempre rimasto - all'appello non ha risposto nessuno ). E pensare che poi, la stessa proposta è arrivata da influenti testate giornalistiche italiane....  " Già - qualcuno potrebbe osservare - ma se non ti legge nessuno...". Ma così non è: voi non potete saperlo, ma io - da amministratore di questo blog - ho sempre la situazione della visibilità dello stesso sotto controllo e vi posso dire in tutta onestà che il numero dei lettori ( in questi quattro anni ) è più che decuplicato e ogni giorno posso osservare centinaia di visualizzazioni provenienti un po' da tutte le parti del mondo ( dagli U.S.A. che sono i più numerosi a piccoli o grandi Stati africani, dell' America latina o del Medio ed Estremo Oriente oltre che dell' Europa tutta ) . " E allora dove sta il problema? " qualcuno potrebbe obiettare. Non mi basta. Non mi bastano le visualizzazioni di chi si mostra interessato ai contenuti proposti ( che già non è poco ):  ma così è come parlarsi allo specchio. E non lo voglio fare: penso che non ne valga la pena. E' come predisporre una tavola imbandita senza sapere nulla dell'identità dei commensali ... ( Avrete capito benissimo che non faccio il copia - incolla come molti degli ormai innumerevoli blogger in rete fanno, e che cerco di proporre ( almeno fino a che ho potuto accedere a librerie e biblioteche ) argomenti che non  siano già sul web ( troppo facile  così ! ), ma in cambio ho bisogno della vostra parola, del vostro pensiero, se è il caso anche delle vostre critiche... Ma così no. C'è tanto lavoro di lettura e ricerca dietro ogni poesia o brano musicale che posto ( e tanta vita ) perché questo che voi vedete nasce dall'esperienza e dalla passione per il dialogo...

Sono delusa e sconfortata . E mi dispiace tanto. Ma quando l'amarezza supera il piacere che si ricava da un'esperienza... meglio chiudere. Non ho mai sgomitato per avere " un posto al sole " ; non ho fatto " salotti " come quasi tutti fanno  ( tu fai una recensione a me e io la faccio a te... e gira e rigira sono sempre gli stessi ); non ho mai neanche voluto crearmi dei follower e farne una raccolta da esibire - va tanto di moda ! - ( come gli amici americani fino a meno di un anno fa  mi chiedevano a frotte di fare ) perché ho sempre avuto rispetto della vostra intelligenza e della vostra capacità di scelta e di giudizio... Sono stata presuntuosa ? Forse, ma sempre onesta.  E devo ammettere che mi sono sbagliata. Certo la mia vita in parte cambierà: (il blog per me non era un passatempo, ma una opportunità in cui credevo e immaginavo che avreste capito che dietro uno spazio virtuale c'era una persona " in carne ed ossa" che vive di comunicazioni vere, di confronti con altri esseri umani...). Speravo che questa " grande platea"  che è il mondo che la Rete mette a disposizione fosse lo spazio giusto per arricchirmi mentalmente, emotivamente e spiritualmente ed arricchire altre persone, ma lo è stato solo per un tempo. Ora confido in altre opportunità: la vita ci porta spesso a dei cambiamenti che non avremmo immaginato e che a volte non vorremmo... Mi auguro pertanto che non cambi in peggio nemmeno la vostra...

Per vivere.... si vive comunque.

Con affetto, sempre


                                               frida



I BARLUMI DI MARGA



                                                             Il tuo pianto era bianco...


III


Il tuo pianto era bianco

come l'albore

e amaro

come il mio disincanto


odorava di muschio

e cenere



                                     ***


VI


La parola affilata

lacera la mia gola

destituita si riversa fuori ululando

tenebre


si perde con l'ultimo rantolo

di un tempo rassegnato

alla sua inevitabile estinzione.


La  parola fatta grido

che sfida la sua armonia

che si sottrae al suo destino.


E' irrimediabile

lo so

smetteranno di fare il mio nome

mi leverò in volo

mi disperderò nella trasparenza

e la mia cenere non sopravviverà

al mio disincanto.



                                         ***


VII


Scorgo il tuo volto nascosto

tra migliaia di specchi

ridotti in frantumi


il tuo corpo lacerato

dalle ferite di un tempo

perduto e umiliato


Scorgo nelle tue mani

l'ira del mondo

la vita svenuta

nel tuo pugno chiuso


Scorgo il bagliore

il sogno

la penombra


le tue orme divorate

dall'ardire

di un avvoltoio


il tuo odore malva.


Scorgo l'insondabile

l'indicibile

l'arcano.


Mi dissolvo  nella tua nebbia.



                                             ***


VIII


Il tuo sangue si sparge nel mio crepuscolo

L'orizzonte frana ebbro di splendore

Ombra di ombre e silenzio

Mi dileguo in cenere

Dall' altra parte qualcuno piange.



                                             ***


XI


Vidi con i tuoi occhi

che denudano il mondo

con le tue mani

che sostengono la luce

con il tuo cuore

che ancora mi desidera.




                     Marga  Clark   da   Barlumi  ( Quadernario ) 


mercoledì 25 novembre 2020

LA MALINCONIA MERAVIGLIOSA ( Presentazione )

 

Questo libro pone a confronto gli ultimi discorsi che il Buddha e Gesù rivolgono ai loro rispettivi discepoli : il primo per avviarsi serenamente - ormai vecchissimo - verso il nirvana definitivo; il secondo verso la tragedia della croce. I testi utilizzati per questo confronto sono entrambi magnifici: le parole di Gesù riportate nel Vangelo di Giovanni ( dal cap. 13 al 17 ) e il Grande discorso del nirvana definitivo contenuto nel Canone Pali ( gli scritti antichi posti a fondamento della tradizione buddhista ).

Vi è un'analogia di contenuto e di spirito in questi discorsi d'addio : in entrambi i casi, infatti, i due maestri, consapevoli di stare per andarsene da questo mondo, consolano e rafforzano la fede dei loro discepoli, i quali finiscono così per trovarsi al tempo stesso confortati, rassicurati ma anche inevitabilmente rattristati e addolorati. Da qui la " malinconia meravigliosa " del titolo, quello strano senso di tristezza dolce che si avverte leggendo il libro. E tuttavia le differenze sono - ovviamente - enormi: perché il Buddha, con le sue ultime parole esorta i discepoli a fare affidamento solamente su se stessi, sulla loro determinazione e ad autosalvarsi attraverso la buona pratica della meditazione; mentre Gesù indica la via dell'amore, con tutto quello che ne consegue. Non solo: Gesù rassicura i discepoli che non rimarranno mai soli perché potranno sempre rivolgersi al Padre, nel nome del Figlio, con la consolazione e l'aiuto dello Spirito Santo, fino al ritorno di Gesù stesso. Mentre per Buddha non c'è nessun Dio a cui rivolgersi e lui - una volta fatto ingresso nella dimensione ineffabile, serena e perfetta - non ritornerà mai più.

Questo libro - insomma - intende evidenziare le differenze ( molte ) e le somiglianze ( poche ma significative ) tra due diverse vie di salvezza, e lo fa non tanto attraverso un lavoro di esegesi, quanto piuttosto delineando una costellazione affettiva - la malinconia meravigliosa - in cui gioia e dolore, senso di pienezza e senso di mancanza, si intrecciano e si contemperano a vicenda fino a creare un orizzonte spirituale in cui ciascuno di noi ( buddhista, cristiano o non credente ) si può riconoscere.



                                       f.


LA MALINCONIA MERAVIGLIOSA ( Discorsi di commiato del Buddha e di Gesù ) 1

 



                                                " Venite a me voi tutti che siete affaticati
                                  e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete
                                  su di voi il mio giogo e imparate da me,
                                  che sono mansueto e umile di cuore; e
                                  troverete riposo alle anime vostre, poiché
                                  il mio giogo è dolce e il mio carico leggero"

                                                   (  Mt.  11, 28- 30 )

(...) Queste parole di Gesù, riportate nel Vangelo di Matteo, avrebbe potuto dirle anche il Buddha o un monaco buddhista? Sì e no. Sì, perché tanto Gesù quanto il Buddha conoscono la sofferenza di tutti coloro che sono " affaticati e oppressi". Irrompono entrambi sulla scena del mondo quali maestri capaci di dare finalmente riposo. E tutti e due insegnano con umiltà di cuore, con spirito di mansuetudine e di dolcezza. Ma anche no : queste parole di Gesù non potrebbero risuonare sulla via di Dhamma perché il cuore del Buddha è talmente pervaso di lievità, da rivelarsi un cuore vuoto. Vuoto non certo in quanto chiuso, insensibile e freddo, ma tutto all'opposto nel senso di cuore ospitale, aperto e pronto a recepire ogni minimo evento di questo mondo, ogni minimo sospiro di dolore. Cuore compassionevole, equanime e benevolo, disponibile a comprendere il grande o il piccolo turbamento altrui, per lasciarsi attraversare da tale turbamento e poi però lasciarlo evaporare via, senza che alcuna traccia vi si deponga. Cuore arioso e vuoto, incline ad accogliere ogni lamento senza però lasciarsene turbare perché nulla - in un simile cuore - si sedimenta mai. Cuore sorridente di infinita dolcezza verso tutti, ma vuoto perché tale dolcezza è rivolta in modo equanime verso tutti e verso nessuno in particolare. Cuore buono, ma vuoto in quanto cuore senza preferenze, senza legami verso quella data persona o quella particolare cosa. Cuore contento, momento dopo momento, di trovarsi in un certo luogo, ma vuoto, perché sempre pronto a riprendere il cammino quando occorre, indifferente a nostalgie e rimpianti. Cuore amorevole verso tutti, ma vuoto perché mai " perdutamente innamorato" di qualcuno in particolare, al punto da dire : " Tu, solo tu, sei il mio grande amore ".  (...)


Giampiero Comolli  da    La malinconia meravigliosa ( I discorsi del Buddha e di Gesù )



LA MALINCONIA MERAVIGLIOSA ( Discorsi di commiato del Buddha e di Gesù ) 2

 


(...) Cuore vuoto - in definitiva - perché non esiste un nucleo, un'essenza stabile, un'identità precisa e definita di quel cuore stesso. Come appunto afferma sempre il Buddha : " anatta, vale a dire Non sé ". Non esiste da nessuna parte un sé, un cuore come deposito di un qualcosa di immutabile, preciso e definito, un'essenza fissa che permane in noi e che ci definisce in una nostra stabile identità. Non solo il cuore del Buddha, ma il cuore di ognuno di noi - a ben vedere - è vuoto: traversato incessantemente da innumerevoli contenuti, ma privo di un contenuto determinante e costante, che ci identifichi al punto di poter dire : " Io sono così, ero così e rimarrò così anche in futuro perché il mio cuore è fatto così". Colui che crede questo, si illude perché nell'intimo, nel cuore di noi stessi non esiste un sé immutabile. E non solo costui o costei si illude, ma anche soffre. Perché cercando di alimentare, di nutrire la supposta, ma illusoria essenza stabile del proprio cuore, andrà incontro soltanto a una sequela di delusioni e di rimpianti. Ci innamoriamo di una persona perché crediamo che corrisponda all'essenza del nostro cuore, e quella persona - inevitabilmente - prima o poi la perderemo, lasciando affranto il nostro cuore... Ma se si arrivasse a capire che il cuore è vuoto, ecco che potremmo accogliere ogni amore, momento per momento, senza mai fissarci, impuntarci su alcun amore prediletto. Pronti sempre ad accogliere, ma anche a lasciare andare, senza strazio, senza rimpianto. Perché il cuore del saggio illuminato è amabile, è amorevole, è ospitale... ma è un cuore vuoto.  (...)



Giampiero Comolli  da  La malinconia meravigliosa ( I discorsi di commiato del Buddha e di Gesù )



LA MALINCONIA MERAVIGLIOSA ( Discorsi di commiato del Buddha e di Gesù ) 3


(...) Gesù invece... Gesù ha un cuore pieno: gonfio d'amore e gonfio di dolore. Gesù ama tutti, ma predilige i " suoi che erano nel mondo" e li vuole amare fino al limite estremo, sino " alla fine" ( Giov. 13, 1 ). Gesù, seduto a tavola durante la sua ultima cena con i discepoli, lascia che uno di loro se ne stia dolcemente " inclinato sul suo petto"; non un discepolo a caso, ma proprio " quello che Gesù amava" ( Giov. 13, 23 ). Il che è come dire: in tale profluvio d'amore verso tutti, c'era posto anche per un di più, per un discepolo amato magari non più degli altri, ma in modo speciale, particolare, differente. Giusto con tutti e amorevole con tutti, Gesù non amava però in modo equanime e disinteressato, distaccato come il Buddha. Amava invece in modo appassionato, fino ai singhiozzi. Come quando egli si trova di fronte alla morte dell'amico Lazzaro: " Gesù pianse" ( Giov. 11, 35 ). Questo, che è il versetto più breve di tutta la Scrittura, ci mostra Gesù in lacrime per un altro amico, da lui amato in special modo. Il Buddha invece non piange, non si sarebbe mai sciolto in singhiozzi. Un vero maestro della lievità ha sì compassione per il pianto altrui, ma non piange con chi sta piangendo: sa consolare, ma il suo cuore rimane lieve, vuoto, imperturbato.  (...)



      Giampiero Comolli  da   La malinconia meravigliosa ( I discorsi di commiato del Buddha e di Gesù )

         

martedì 24 novembre 2020

LA RABBIA DELLE DONNE



 " Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono " ( Bertold Brecht )


(...) Ha una cattiva fama, è vero, eppure la rabbia ha anche una sua utilità. E per quanto riguarda le donne? Sono in molte a temere la rabbia - quella degli altri - ma anche la propria. Non amano provare irritazione, collera, né avvertirla negli altri. Si vergognano della propria rabbia o addirittura la disprezzano. Alcune non vi hanno accesso, non la avvertono ( o non vogliono avvertirla ), né si rendono conto delle ripercussioni fisiche provocate dalla rabbia repressa. Altre donne - al contrario - stizzite e arrabbiate lo sono spesso, a volte anche troppo, ma non sanno esprimere tali emozioni in modo adeguato, pertanto le reprimono o cercano di attenuarle. Come conseguenza, la collera esce allo scoperto nel momento meno adatto e a volte in modo troppo impulsivo, o con toni troppo accesi. Ecco allora che vengono subito definite bisbetiche, isteriche o melodrammatiche. Non stupisce - pertanto - che molte donne non amino la propria rabbia. A quanto pare, si tratta di un'emozione considerata " poco femminile". Per fortuna ci sono anche donne che pensano: io la mia rabbia la apprezzo, ne ho bisogno per difendermi, per far valere me stessa e i valori in cui credo. Raccontano che solo grazie a questa emozione hanno trovato il coraggio di affrontare cambiamenti importanti nella propria vita. La rabbia e l'irritazione - la sua forma più attenuata - ci aiutano a fissare limiti ben definiti e a proteggerci, ma soprattutto queste emozioni ci segnalano che c'è qualcosa che non va, e che certi nostri bisogni importanti non ricevono l'attenzione e il rispetto dovuti. (...)



          Almut  Schmale - Riedel   da    La rabbia delle donne

   

IL COMPAGNO DI VIAGGIO DI ROBERTO

 


                                                Trova il tuo passo, importante è arrivare...


Non è linea il corso di natura

che l'uomo traccia per saldare

desideri di una vita sbriciolati.


Rotto il giocattolo, il bambino batte

i pugni piange voglio il giocattolo

fino a sfinirsi.


Come bolle affogano nel cielo

i sogni che si sporgono troppo.


A te è dato tendere i fili

e asciugare i vestiti.



                                             ***


Da quando è nato Pietro, a casa manca tutto:

le borse per il secco, i biscotti a colazione,

la giacca in pulitura, il faretto della sala.

Si fa brina la muffa sulle arance,

sugli scaffali scadono le cose,

anche il frigo spesso è vuoto.


Ma non è che ricomprando tutto

la casa tornerà normale.



                                                  ***


Un figlio malato  è un sogno spaccato

i cocci sul  tavolo ovunque.

Il primo errore è volerli riattaccare

evitando di varcare la tragedia.

Il secondo è non capire

che quel vaso mai c'è stato.



                                          ***


Eravamo il lievito del pane,

un cucchiaio di odori stropicciati.

Ora guardo a ponente, primavera

per noi non ci sarà.

Bruciavo di volerti ancora

com'eri. Ora corto

è il fiato, le forchette a parlarsi

sole  nella bonaccia del pranzo.

Lascio il timone, conto alla rovescia.

Come afferrano l'alba le labbra

cucite, le gemme innevate?



                                          ***


COSE  DA DIRE A PIETRO


Poche strade sono diritte, spesso solo dentro noi.

Guarda sempre l'orizzonte, ad ogni curva cambierà.

Coltiva l'attenzione, metti nello zaino solo quello che ti serve.

Lungo la salita pensa al libro vetta.

Trova il tuo passo, importante è arrivare.

Dopo la salita, goditi la discesa senza fretta.

Vincere non insegna nulla. Devi prendere per conoscerti, però non troppo.

Aggiusta i pezzi con coraggio, è la vita che ti è data.

Non temere di cadere, qualcuno ti raccoglierà.

Dopo il temporale l'aria si pulisce.

Ridi, che la vita è una.



                Roberto Cescon  da              Silloge inedita



lunedì 23 novembre 2020

LA LETTERA DI FRANCESCA

 


                                                        Del futuro non parliamo mai...



PROSPETTIVE


Del futuro non parliamo mai:

vogliamo evitare la sofferenza

di non sentirci uniti per sempre,

di morire sotto il fuoco amico

dei diversi desideri altrui:

vivere esistenze separate

sopprimere l'istinto naturale

a corpo morto attendere la domenica.


Siamo vuoti a perdere

senza gli utopistici

progetti di vita,

tipo un giorno essere

finalmente felici.


                                        ***

                                                                          

BOCCONE AMARO


Non mi piace mangiare con gli estranei

e nemmeno parlare, condividere

le chiacchiere, doversi mostrare affabili

sorridendosi a vicenda di continuo

per far più vere le parole tra noi,

gli sguardi complici quando a turno

ci si dimostra a proprio agio con la vita.


Ogni volta mi sento fuori fase,

un animale selvatico

che non riesce a vedere altro

se non lo spazio incolmabile

che ci divide, la fatica

che ci vuole per apparire umani.



 Francesca  Donazzan  da Quadernario ( Almanacco di poesia contemporanea )




domenica 22 novembre 2020

QUASI UN INFINITO PER IVANO

 


                                             La poesia brucia la misura per dirsi addio...


Ho imparato dalle figure smunte

che le ossa hanno l'armonia dignitosa

quasi di un ventaglio

briciole d'avorio che congiungono

la carne a ciò che pensa.

Ho capito

che in una mano non ci sta neanche la malizia dei nervi

né piccoli inverni o indecifrabili artifici

che permettono di leggere l'acqua del lago

non sempre amato

ma dove un rapido canto s'è conquistato l'eco.



                                                  ***


Sparo su di uno straccio usato

sull'esistenza scaltra dei rimorsi

sono come la luna condannato

a stare in alto per colpa dei poeti

piloti senza viaggio o latitanti.

Prendo in ostaggio i raggi

- di sole ora si parla -

reliquie di luce clandestina

da lì sparo sulle ombre meridiane

sui feudi di catrame delle fiabe

vado in verso e uccido io per voi.



                                        ***


Dondolo aggrappato alla bestia

con gli occhi sui nidi dove

rattrappiti volatili chiedono carne;

una lingua di vacca sostituisce la luna

alcune gocce di sangue

provano a contrastare il riflusso

di onde senza colore.

Un porco sgozzato mi intima:

parola d'ordine!



                                           ***


Qualcuno si chiede se io ami

se durante il giorno cerco

o risolvo, se almeno vedo.

Quando guardano le mie labbra

o le mie mani

e più maliziosamente giù, fra le cosce

sento sul corpo le domande

che mi attraversano

come una forca farebbe con  la paglia.

Se faccio sanguinare il vento

se trasformo le foglie fredde

in involtini di carne,

se i cavalli bianchi del mio rinascimento

sono esposti sul bancone di una macelleria,

non rinuncio alla mia umanità come voi

del resto.



                                              ***


Muso contro muso

si scambiano le lingue

ciascuna lecca il suo sorriso

le bestie gravide

sono tutto il resto del corpo

di rupe e di vetro.



                                   ***


Simile alla carta

insorgi agli occhi fino a farti cenere

poi chiudi la finestra

prima che i sedativi imparino la notte

la poesia come la rivoluzione non è mai amorosa

brucia la misura per dirsi addio

eppure non manca lo stupore al frastuono del verso

c'è un sottosuolo di voragine e firmamenti

nella cantafera della ghiaia sulla tomba.



                           Ivano Ferrari da    Macello e  Rosso epistassi


Ferrari si è sempre tenuto a grande distanza da ogni concessione minima al sentimentalismo, preferendo il paradosso e la contraddizione. Il male che serve al bene. L' apparente grevità - mescolata alla grazia e all'intuizione - implode in un timbro lirico che fuoriesce - gravido - in molti versi. D' altra parte il poeta ha sempre vissuto " contro ", distante da gruppi letterari, distante da lavori patinati e intellettuali, ma pago in prima persona del suo rapporto con la poesia, che è faccenda da consumare ( soprattutto ) in solitudine.

Questo - appunto - riesce a fare la poesia : purezza del timbro e semplicità del canto; questo ci investe  nella lettura del suo " degrado". E dato che la nostra vita non è certo armoniosa e tanto meno glorificante, Ferrari ci fornisce le" visioni" della presa di coscienza, senza filtri storicistici e senza dogmi : ci dice insomma che abbiamo poco tempo per darci delle risposte. Ci induce dunque a vivere.



LE DI - STANZE DI GIULIA



                                                                               
                                             Ho scelto la casa al mare perché c'è il mare...
                                               
                                                                     
                                                                                         

Ho scelto la casa al mare

perché c'è il mare

ma non pensavo alla sabbia.

Mi entra dalle finestre

si deposita sul mobilio

un immobile sudario

e sulle rughe ogni giorno

più fitte e la notte

entrano spifferi mi fanno

invecchiare più in fretta.



                                               ***


Nella mia casa c'è un bagno

che è quello grande e c'è una vasca

di quelle larghe da comodo suicidio

ma quando accade il male scelgo

il bagno piccolo che è in fondo un po' nascosto

mi chiudo a chiave aspetto aspetto

                                               aspetto

                                                   che passi.



                                         ***


Un luogo che sia mio

mi imponga un legame

mi tenga stretta ai divani.



                                                 ***


Se si potesse mangiare di spalle

schiena contro schiena

e con le mani! Invece quando è in casa

vuole una cena vera la tovaglia

i piatti i tovaglioli di stoffa.

E io che sono goffa

mi sento venire meno le posate

mangio a rate, distratta,

seduta di sbieco pronta a scappare.



                                         ***


A volte lavo i piatti per ore

per non voltarmi vedere

quella crepa sul tavolo : e se

iniziasse ad aprirsi spaccasse

tutta la casa e io ci cadessi

dentro e morissi e non restasse

niente di niente?


La notte sogno spesso un fiume nero

che mi porta via.




                             Giulia  Rusconi    da    Distanze


sabato 21 novembre 2020

SOTTO LE STELLE DEL JAZZ

 


                                                         Così eravamo noi...

                                     così eravamo noi....


                                              f.



NOTTE... AMICI

 


                                                               Di questi tempi...

                                  è possibile fare altrimenti?


                                         frida



LE POESIE DI BELLA

 


                                                     Nel silenzio tutto è fragile, di vetro..



NON DEDICARMI TROPPO TEMPO


Non dedicarmi troppo tempo, 

non pormi troppe domande.

Non sfiorare la mia mano 

coi tuoi occhi buoni, fedeli.


Non seguirmi in primavera 

lungo le pozzanghere.

Lo so: una volta ancora, nulla

verrà fuori da questo incontro.


Forse pensi: è per superbia

che non mi vuole amico.

Non la superbia, ma l'amarezza

tiene così alta la mia testa.



                                               ***


NON POSSO GRIDARE


Non posso gridare. Non posso chiamarti.


Nel silenzio tutto è fragile, di vetro.

La testa reclinata sulla leva

anche il telefono dorme.


Attraversando la città addormentata

voglio arrivare a un vicolo bianco,

voglio accostarmi alla tua finestra

in gran silenzio e teneramente.


Nasconderò nelle mie mani l'eco

del sonoro disgelo delle strade.

Spegnerò le fiammelle dei lampioni

perché non si sveglino i tuoi occhi.


Ordinerò alla primavera 

di soffocare le sue voci notturne.

Allora, sei così tu quando dormi?

Le tue mani hanno perso vita,


la stanchezza furtiva si è annidata

nel folto delle rughe, intorno agli occhi.

Domani voglio baciarli a lungo, a lungo

perché non ne resti il ricordo.


Veglierò il tuo sonno fino all'alba,

andrò via col vento fresco del mattino,

dimenticando le mie orme sulla neve

tra le foglie dell'anno passato.



                                          ***


TENEREZZA


E' così tangibile questa mia tenerezza

così piena di allusioni concrete

che talvolta acquista forma e peso

e prende corpo in un oggetto.


D'un tratto, su un angolo del tavolo,

si trasformerà in un vaso antico,

e tu ti chinerai meravigliato

ad osservarne gli arabeschi.


Sussulterà stupita la tua casa

e tutti cadranno dalle nuvole.

- Da dove viene questo vaso? -

chiederai accigliato a tua moglie.


- E l' antiquario che prezzo ha chiesto ? -

Ti prego, non rimproverarla.

Sono soltanto io che rido e piango,

io che vivo da te così lontana.


Sono le mie lacrime di vetro

così pesanti nel cadere a terra

che risuonano come grosse schegge

di bicchieri rotti nel silenzio.


E' perché non posso mai vederti,

oppure solo a tratti, di sfuggita,

che io compio - invisibile al tuo sguardo -

i miei incantesimi innocenti.


Improvvisamente, come sulle cime dei monti,

ti avvolgerò una nuvola.

Urlerai - Ma insomma, non c'è pace!

Da dove è uscita questa nuvola?-


Su, non essere superstizioso,

non fare scongiuri come le donnette:

sono i cristalli della mia tenerezza

che si sono posati sul tuo capo.


Sono io che, scioccamente e con dolcezza,

sola - in disparte - uso la magia

per creare piccole follie

che ti facciano pensare a me.


Ma come fanno le persone buone,

giocando con le mie magiche virtù,

io ti proteggo da tutte le sventure

e così io alleggerisco il mio dolore.


Adesso addio! E Lavora!

Il mio scherzo verrà dimenticato.

Ma sono sicura di restare nelle fiabe

che un giorno racconterai ai tuoi bambini.



                                         ***


E IN ULTIMO TI DIRO' :  ADDIO !


E in ultimo ti dirò - Addio,

e non promettermi amore.

Perderò la ragione, o troverò

la sublime serenità della follia.


Come mi hai amata? Pregustando

l'offesa della fine. Ma non è questo...

Come mi hai amata? Offendendo i principi

dell'amore. Ma in modo così goffo...


Crudeltà del fallimento: io

non ti perdono. Vivo, cammino,

vedo il bianco mondo

ma il corpo mio è deserto.


La mente vorrebbe ancora un piccolo

lavoro. Ma sono deboli le mani.

E uno sciame di odori e di sapori

in volo sghembo si allontana da me.



                          Bella  Achmadulina  da   Tenerezze e altri addii



giovedì 19 novembre 2020

POESIE DALLA CIUVASCIA



Canto popolare russo


 SILENZIO


Nell'invisibile bagliore

di polverizzata malinconia

conosco l'inutilità come i poveri l'ultimo vestito

e i vecchi mobili

e so che questa inutilità

al paese è necessaria e me la chiede

fidata come un patto segreto:

tacere come la vita

per tutta la mia vita.



 2 

Il tacere è un tributo, ma il silenzio è per me.



3

Abituarsi a tale silenzio

come il cuore in azione non si sente

come anche la vita

come anche qualche suo posto

e in questo io sono - come la Poesia è

e io so

che il mio lavoro è arduo e solo per se stesso

come nel cimitero della città

l'insonnia del guardiano.



                                                ***


DA 28 VARIAZIONI SU CANTI POPOLARI CIURVASCI *


XVIII


Io canto, ed è come se tra le lacrime

qualcosa balenasse nel fuoco del tramonto -

io che vado nel vecchio campo

col mio cavallo.



                                               ***


XIX


E nella nebbia

la verde quercia

non ha niente più forte di un ramo

per stormire.



                                            ***


XX


Queste mani e questa terra

resteranno morte in terra straniera,

il fumo della locomotiva ci colpisce la faccia :

non perderà la memoria una volta per sempre.



                                                ***


XXI


E a un tratto - quiete, come se

io, per questo, fossi solo al mondo,

e la tormenta fuori, la tormenta nell'orto,

la tormenta nei campi.



                                                 ***


XXII


E  il giorno s'è quietato, come se

qualcosa fosse morto in esso,

e la volpe dorme ai piedi del monte

coperta dalla rossa coda.



                        Gennadij  Ajgi  


La Ciurvascia è una Repubblica russa e la lingua ciurvascia è un idioma turco parlato in Russia.

Il poeta Ajgi è una figura controversa : scrivendo come tra il sonno e la veglia, egli creò una poesia piena di silenzi, che suggerisce visioni, ansietà e gioie e che può essere diversamente interpretata. La sua poetica è pacata e semplice, rifiuta la ricchezza del lessico e la retorica di alcuni suoi contemporanei. Inoltre è intensamente orale : il pubblico era affascinato dalla sua potente dizione. E' il poeta del silenzio e della luce. Una delle sue raccolte porta un'epigrafe attribuita a Platone : " La notte è il tempo migliore per credere nella luce ".



LA DANSE MACABRE DI SAINT- SAENS

 


                                                       Danse macabre -   Saint - Saens


L' opera di Camille Sant- Saens ( 1835 - 1921 ),si pone a cavallo di due secoli; di lui sappiamo che - ai suoi suoi tempi, fu considerato un conservatore e che, ai primi del Novecento disapprovò apertamente diverse tendenze che si andavano diffondendo in  Francia e in Germania. Ma, nello stesso tempo possiamo osservare che egli fu anche un innovatore e che i musicisti francesi della successiva generazione e ( che non potevano certo essere definiti " conservatori " ) furono suoi discepoli e trassero da lui importanti ispirazioni. 

Precoce ingegno musicale, a tredici anni fu ammesso al Conservatorio di Parigi, formandosi come organista e pianista. Fu compagno di studi - tra gli altri - di Franck e Bizet. Nel 1853 fondò anche la Scuola di Musica Classica e Religiosa allo scopo di formare organisti per le chiese di Francia. Sebbene Saint- Saens venisse etichettato come " conservatore ", si adoperò per far conoscere ed apprezzare musicisti innovatori come Schumann, Liszt e Wagner; in particolare si mise alla scuola di Lizst che conobbe personalmente e da cui fu molto apprezzato. La produzione artistica di Saint- Saens è vastissima e si estende ai più diversi generi: concerti, sinfonie,opere, poemi sinfonici, sonate, musica da camera. Negli ultimi anni, egli espresse esplicitamente la sua disapprovazione per le tendenze più eversive della musica di allora, richiamando alla necessità di rifarsi sempre ai fondamenti melodici e armonici della musica : in particolare, i suoi giudizi severi su autori quali Debussy, Stravinsky e Schonberg, gli attirarono l'accusa di eccessivo consevatorismo.

Il suo più celebre poema sinfonico è la " Danse macabre" del 1874, cioè una danza di scheletri in cui ha un ruolo importante lo xilofono, che vorrebbe evocare la percussione delle ossa nella danza dei morti. L'orchestrazione dell'opera rivela una grande maestria, e la composizione è stata in tempi più recenti molto rivalutata per la festa di Halloween.



                                            frida 


martedì 17 novembre 2020

QUANDO SI DICE SPERANZA...

 


                                                 Insegnami l'arte dei piccoli passi...



LA SPERANZA


La speranza è un essere piumato

che si posa sull'anima;

canta melodie senza parole e non finisce mai.

La brezza ne diffonde l'armonia

e solo una tempesta violentissima

potrebbe sconcertare l'uccellino

che ha consolato tanti.

L'ho ascoltato nella terra più fredda

e sui più strani muri.

Eppure, neanche nella necessità

ha chiesto mai una briciola a me.


                       ( Emily  Dickinson )



                                            ***


INSEGNAMI L'ARTE DEI PICCOLI PASSI


Non ti chiedo né miracoli né visioni

ma solo la forza necessaria per questo giorno!

Rendimi attento e inventivo per scegliere

al momento giusto

le conoscenze e le esperienze

che mi toccano particolarmente.

Rendi più consapevoli le mie scelte

nell'uso del mio tempo.

Donami di capire ciò che è essenziale

e ciò che è soltanto secondario.

Io ti chiedo la forza, l'autocontrollo e la misura:

che non mi lasci - semplicemente -

portare dalla vita,

ma organizzi con sapienza

lo svolgimento della giornata.

Aiutami a far fronte

- il meglio possibile -

all'immediato

e a riconoscere l'ora presente

come la più importante.

Dammi di riconoscere

con lucidità

che le difficoltà e i fallimenti

che accompagnano la vita

sono occasioni di crescita e maturazione.

Fa' di me un uomo capace di raggiungere

coloro che hanno perso la speranza.

E dammi non quello che io desidero

ma solo ciò di cui ho veramente bisogno.

Signore, insegnami l'arte dei piccoli passi.


                      ( Antoine de Saint - Exupéry )


                                       ***


                                         ***


HO DETTO ALLA MIA ANIMA DI ASPETTARE


Ho detto alla mia anima di stare ferma, e di stare ad aspettare senza sperare.

Perché sperare sarebbe sperare la cosa sbagliata:

di stare ad aspettare senza amore.

Perché l' amore sarebbe amore per la cosa sbagliata;

ma resta ancora la fede.

Ma fede e amore e speranza sono tutte nell'attesa.

Aspetta senza pensare, perché non sei pronto per pensare.

E allora l'oscurità sarà luce e l'immobilità sarà danza.


                               ( T. S. Eliot )


                                      ***


VOGLIO, AVRO'


Voglio, avrò - 

se non qui,

in un altro luogo che ancora non so.

Niente ho perduto:

tutto sarò.


                                 ( Fernando Pessoa )


                                            ***


IO LI CONOSCO I DOMANI CHE NON ARRIVANO MAI


Io li conosco i domani che non arrivano mai.

Conosco la stanza stretta

e la luce che manca da cercare dentro.

Io li conosco i giorni che passano uguali

fatti di sonno e di dolore- sonno

per dimenticare il dolore.

Conosco la paura di quei domani lontani

che sembra il binocolo non basti.

Ma questi giorni sono quelli per ricordare

le cose belle fatte

le fortune vissute

i sorrisi scambiati

che valgono baci e abbracci.

Questi sono i giorni per ricordare

per correggere e giocare.

Sì, giocare a immaginare domani

perché il domani - quello col sole vero - arriva

e dovremo immaginarlo migliore

per costruirlo.

Perché domani non dovremo ricostruire

ma costruire e - costruendo - sognare.

Perché rinascere vuol dire costruire

insieme uno per uno.

Adesso però state a casa pensando a domani

e costruire è bellissimo,

il gioco più bello.

Cominciamo...


                                    ( Enzo Bosso )




O MIA BELA MADUNINA...



                                             Qui se piove non saltano fuori le lumache...



BRERA


A Milano sospeso sulla vergine

c'è un uovo - intorno

stanno tutti in silenzio

per non romperlo.



                                             ***


MONTENAPOLEONE


Che pena che dev'essere ogni giorno

vestirsi da qualcosa - portarsi in giro

le penne del pavone senza nemmeno

il premio dell'orgoglio.



                                                  ***


LORETO


Mi dicono che qui c'è stato un crimine

di piazza - ora invece grazie alla tecnologia

sottoterra ha aperto un enorme negozio

di gastronomia - ci calano dall'alto

prosciutti formaggi lasagne surgelate

quintali e quintali di derrate - prima però

nel ventre la piazza nascondeva

una smisurata macelleria - vanto

dei commercianti - sfilavano maiali

scannati, batterie di tacchini,

quarti di bue, di sopra intanto

la piazza continuava la sua perfetta vita

circolare - gente macchine autobus


la città - si sa - che gran caos

che traffico

quale violenza.



                                           ***


PALMANOVA


Qui se piove non saltano fuori

le lumache - non c'è terra che odori

dopo l'acqua - al massimo un'aiuola

spartitraffico con dentro seduto un albanese

che finge una gamba con qualcosa

- da dentro le automobili comunque

non è tanto facile vedere.



                                                    ***


VIA ANDREA COSTA


In questa strada così avara e sempre uguale

con stagioni così prossime

a un'immagine muta, ininterrotta

in quest'erta indigenza spirituale - auto case

semafori - ho imparato l'alfabeto essenziale

dell'esistere - quel dire limpidissimo

sempre prossimo al rischio,

alla scomparsa.



                Giovanna  Zoboli  da    A Milano nessuno è milanese