lunedì 29 aprile 2019

NON ORA, NON QUI 1

 
 

                                 Il male non andava perduto se qualcuno lo teneva a mente…

(…) Mi raccontavi le cose brutte del mondo. Mi facevi conoscere i
       tuoi sdegni verso il male che la gente faceva e subiva.
       Quando ti veniva di fare quei racconti,non volevi che si lenisse
       il tuo rammarico e ti seccavi con papà dei suoi tentativi di
       smorzare i toni. Ero perciò l'interlocutore preferito, il muto,
      l'imbuto.Questo accadeva nella prima casa,quand'ero bambino.
      Poi finirono le testimonianze.
      Ti ascoltavo e succedeva questo: la tua voce si tendeva e dentro
      di me cominciava la rappresentazione materiale di quello che
      dicevi. I tuoi racconti mi procuravano immedesimazione fisica.
      Un bambino preso a schiaffi, tirato per i capelli che avevi visto
      in strada, diventava carne dentro di me e io ripetevo il suo
      dolore. Provavo male proprio dove era stato colpito. I miei
    nervi reagivano alle sue parole con rappresentazioni localizzate,
    la tua voce li toccava con precisione.
     Il cuore invece si rattrappiva a trattenere il sangue in una
     stretta fino a che poteva. Poi la tua voce smetteva. Non ti
     guardavo mentre raccontavi. Mi hai passato in questo modo
     un cielo di dolori, di vecchi, di malati, di miserie, di bestie.
     Sono finito sotto le macchine, preso a sassate,bruciato, ho avuto
     freddo senza riparo in molte giornate di tramontana secca che
     strappava di dosso il caldo a morsi. Ti avrei ascoltato sempre.
     Mi addestravi al mondo come facevano i sogni.
     Tu mi mandavi e io viaggiavo a raccogliere addosso quello che
     i tuoi occhi avevano visto. Il male non andava perduto se
     qualcuno lo teneva a mente, se qualcuno lo teneva a pelle. Non
     mi commuovevo: restavo fermo, chiuso nel sogno fisico dove
   seguivo le tue parole e le eseguivo.Dovevo sembrarti indifferente,
   forse riuscivo ad esserlo ai tuoi occhi. Ma tu non badavi a me in
    quei racconti, ti bastava che io fossi in ascolto.Quando il sangue
    faceva un ultimo tuffo nel petto e scappava dal cuore, avevi
    finito.  (…)


                   Erri  De  Luca   da       Non ora, non qui

NON ORA, NON QUI 2



(…)Un giorno papà si ammalò, diventò giallo, chiuso in una stanza
      Noi dovevamo stare ancora più in silenzio, per farlo guarire.
      Non importava che fuori il vicolo rintronasse del solito chiasso:
      il nostro silenzio di figli lo curava. Stare zitti, fare piano, era un
      lavoro difficile da ricordare sempre, ma si imparavano molte
      cose applicandosi a farlo. Pensavo: adesso sono un passero su
      un ramo e sta per piovere; poi ero una barca tirata in secco la
      sera; poi parlavamo tra noi bambini imitando la voce del vento
      tra i vicoli.
      Papà restò a casa molto tempo. Un giorno della sua
      convalescenza aprii la porta ad un signore. Riconobbi subito il
      nonno. Era come nella fotografia del comodino. Stavo per dare
      la notizia, ma confuse la mia emozione dicendomi che era il
     barbiere chiamato per fare toeletta all'ammalato.Venni a sapere
      che da anni serviva papà andando al suo ufficio una volta al
      mese. Erano pochi i barbieri che avevano un loro salone, molti
      erano ambulanti e andavano a domicilio.
      Avevo ragione: non era morto come lo intendevate voi, era
     morto come credevo io. Era andato ad abitare lontano ed era
     diventato un barbiere che nessuno riconosceva. Io solo l'avevo
     scoperto perché conoscevo a memoria tutte le sue fotografie, ma
     non l'avrei rivelato, non l'avrei tradito.
     Amai quel nonno che non poteva abbracciare suo figlio e si
     contentava una volta al mese di carezzargli la nuca sotto il
     pretesto di un servizio.
     Continuai a chiedere a papà - quando tornava con i capelli
     tagliati - se era curato sempre dallo stesso barbiere a domicilio.
     Ora porto la sua testa, ma gli occhi sono tuoi. (…)




                       Erri  De  Luca    da          Non ora, non qui 


NON ORA, NON QUI 3



(…) Una volta mi accusasti a torto e io non riuscii a replicare.Non
       fu solo la sorpresa, non solo l'inciampo  della balbuzie che
       raddoppiava consonanti sotto il palato.
       Passato l'istante di sgomento, continuai a tacere, a non
       discolparmi. Mi feci schermo del difetto fisico per conservare
       quella strana emozione d'amor proprio che consisteva nell'
       innocenza segreta.
       Non mi incitò il tuo errore, ma la circostanza sconosciuta di
       essere in un rimprovero ingiusto. Non mi augurai che venisse
       fuori la verità - come accadde poi - ma che durasse l'estraneità
       interiore che si rafforza col tacere.
       Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto; si cresce
       sentendo d'improvviso molta distanza da tutte le persone.
       Quella volta andai  mettermi al vetro della cucina. Dovevo
       avere un'età che mi permetteva di vedere il muro di fronte.
       La sorellina aveva rotto la bottiglia di vino tirando la tovaglia,
       non io con la palla. Dopo un poco, candida e schietta, disse
       che era stata lei. Allora tu venisti alla finestra e mi toccasti la
       testa, restando un poco ferma pure tu a guardare fuori il buio
       del vicolo, che non smetteva mai il suo rumore. Avevi spazzato
       i cocci, lavato per terra. Restava in aria un odore di bottega
       del vino e sulla tua mano quello dello straccio per pavimenti.
       Era più forte il tuo, più rosse le tue mani sforzate dall'acqua
       fredda. Eri dispiaciuta di avermi sgridato, ma ancora  di più
       ti addolorava il mio silenzio, attribuito al difetto che impediva
       la difesa. Male mi intendeva il tuo rammarico. Piansi sotto
       il tuo braccio per averti procurato una colpa, per quello che
       pensavi di buono su di me, perché tu eri giusta e io avevo
       approfondito l'orma di un tuo errore per un'emozione di
       estraneità.
       L' innocenza poteva essere una specie di insolenza. (…)



                      Erri  De  Luca     da      Non ora, non qui

domenica 28 aprile 2019

E IO CHE INTANTO PARLO

 
 
 

                                                      Amore è dire all'altro che non ha fine…


Io non volevo amare,
diventare
 una piccola istanza ebbra, tenere stoffa
che un uomo tiene in una sola mano
e al primo abbraccio le sgualcisce il cuore.

No, non abbracci,
mi figuravo.
Siediti sull'orlo del mio letto
- affetto venuto da lontano -
guardami senza mai stancarti,
come se fuori non fosse
più che neve, neve e silenzio
e non si potesse più uscire.


                                         ***

So che non posso dirlo,
che tutti riderebbero:
quando mi sveglio presto
in certe albe
c'è l'eterna bellezza.
Davanti agli occhi, manifesto
è quel che mi può salvare,
la compagnia della luce,
passeri, merli,
l'ora di nessuno, l'ora d'oro,
e come piaccio a me stessa,
piaccio a loro.


                                         ***


E' da un suono remoto
della casa, dalla stanza in fondo,
o è un mio tremito interno
o è quel giovane ailanto
che s'agita là fuori, all'imbocco del parco,
il selvatico che alligna dappertutto
senza riguardi.

Da dove viene che non la vedo,
questa speranza
io non so in che cosa,
questa gioia improvvisa
fuori del cuore,
quest'aliena che canta
la sua infinita gioia d'esistere?


                                             ***


Se tu mi amassi come io amo loro,
i piccoli di casa che non sanno,
se mi chiamassi come io li chiamo
coi più teneri nomi ed insensati
dal nonsenso del cuore,
e come io faccio con loro
mi raccogliessi tutta fra le braccia -
perché tutto verrà, niente è perduto.

Tu invece, quando mi parli, mi inviti alla ragione
e se dico futuro mi sconsigli
di sperare in qualcosa.
Tu non capisci:
non mi devi parlare come ad un comune umano,
amore è dire all'altro che non ha fine.
O io sono immortale oppure niente.



    Anna Maria  Carpi  da    E io che intanto parlo ( Poesie 1990- 2015 )

                  

METTO AL RIPARO IL MIO CUORE

 
 
 
     Nell'attesa che porti un tempo migliore…
 


Sguardi e parole portatori di sillabe - nonché
occhi ancora in agonia - affondano la lingua
imbrigliata da desideri malamente appagati,
come lenta ma costante emorragia di una
bocca segnata da pieghe amare.

E metto al riparo il mio cuore sotto strati
di pelle e semi di pace in gestazione, come
 - con ciglia a ventaglio - mi porgo per difendere
ciò che amo, nell'attesa che porti un tempo
migliore.



                                         frida


venerdì 26 aprile 2019

L'AMORE E RILKE

 
 
 
  Sull'amore    di  Emilio Facchini
 
 


                                     ...soglia: oh, pensa che è per due che si amano
                                        logorare un po' la propria soglia di casa
                                        già alquanto consunta;
                                        anche loro, dopo dei tanti passi di prima,
                                        e prima di quelli di dopo… leggermente.


                                      
                                    Rainer Maria Rilke  da  Elegie duinesi  ( IX )


FOLLIE D'AMORE

 
 

 
 
                                                        What is thing called love?
                                                   This funny thing called  love?
                                                 Just who can solve its mistery ?
                                               Why should it make a fool of me?
 
                                                  Cole  Porter
 
 
 L'innamoramento consiste essenzialmente nella sconsiderata
       sopravvalutazione dell'amato/ amata. Ma non è questa l' unica
       follia dell'innamorato che ritiene che il suo amore sia
       involontario e al tempo stesso volontario ( cosa impossibile ).
       Da una parte, non si può amare senza credere alla reale
       involontarietà del proprio amore : " L'amore è spesso
       paragonato alla malattia perché - come la malattia - assale
       senza essere cercato."
       Si dice inoltre che una persona giudiziosa in amore è incapace
       di provarlo. Capita infatti che quando Cupido colpisce, la
       persona colpita è ancor più credibile agli occhi dell'oggetto
       del desiderio. Dichiarare che la bellezza, il successo e il QI
       della persona amata corrispondono ai nostri criteri minimi,
       ucciderebbe probabilmente lo stato d'animo romantico, anche
       se in termini statistici l'affermazione è vera.
       Al cuore di una persona si arriva dichiarando il contrario, che
       si è innamorati perché non se ne può fare a meno.
       Nonostante il parere contrario di Tippet Gore e del suo
      Parent's Music Resource Center, il tipico musicista rock,cinico,
      con piercing ovunque e che distrugge chitarre, non canta di
      solito la droga, il sesso o Satana, ma canta l'amore. Egli
     corteggia una donna richiamando l'attenzione sull'irrazionalità,
     l'incontrollabilità e il prezzo fisiologico del suo desiderio: ti
     desidero tanto intensamente da diventare pazzo: non riesco a
     mangiare, non riesco a dormire; mi piace come cammini, mi
     piace come parli...etc.  (…)



        Fabio Bacchini & Chiara Lalli  da   Che cos'è l'amor


IL LUNGO ADDIO DI TIZIANO 1

 
 

" Un pianeta migliore è un sogno che comincia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso "  ( M. Gandhi)


(…) No. Il mondo fuori non ha risolto i suoi problemi attraverso la
       politica. Io dapprima ci credevo tanto nella conoscenza, fino a
       che non mi sono reso conto che la trasformazione esterna della
       società non fa niente per la trasformazione psichica dell'
       individuo.Niente.Rivoluzioni, guerre, ammazzamenti, massacri,
       e poi tutto è come prima.La violenza, la paura, la disperazione,
       la miseria, non si risolvono. E il mondo interiore non avanza.
       Per niente. L'ho detto già mille volte: pensa al progresso che
       l'uomo ha fatto nei millenni a partire dalla clava usando della
       conoscenza! Ma lui è diventato migliore? No.
       Allora, l'ultima mia grande delusione è l' India. Io vado in
       India a cercare la soluzione - esterna in verità - perché l' India
       ha questo grande capitale di ahimsa - la non violenza, Gandhi,
       i rishi - e da bravo giornalista mi occupo della politica, per
       scoprire che è peggio di quella degli altri.
       Un paese con una forza morale come l' India - Dio bono - che
       aveva un capitale incredibile nel '49! Tu non puoi immaginare
       com'era l'immagine dell' India, di Gandhi, " quel vecchio
       fachiro vestito di stracci " che col suo bastone saliva le scale
       del potere britannico a Londra. Insomma, era una figura!
       Ne parlavano anche i rotocalchi dei parrucchieri. Appena
       muore - paff!, tutto viene rovesciato. Tutto, tutto, tutto
       rovesciato. Vogliono lo sviluppo, i treni, le fabbriche, le
       acciaierie.E poi la bomba atomica. La bomba atomica l' India!
       L'India che aveva la bomba atomica morale .
       Gandhi era arrivato a dire che non bisognava combattere il
       nazismo perché non serviva a niente combatterlo con le armi.
       Sarebbe morto da sé se la gente si fosse opposta con la forza
       morale. Folco, qualcuno chiese a Gandhi se il suo digiuno non
       fosse una gran cazzata, perché contro Hitler non c'era altro da
       fare che combattere. Lui rispose di no. Lui non voleva la
       guerra contro Hitler, diceva che il nazismo era una fase
       passeggera, che Hitler si sarebbe distrutto da solo e che era
       inutile che nella distruzione violenta di Hitler  morissero
       milioni di persone che si sarebbero forse salvate con la sua
       autodistruzione. Voglio dire: era audace !
       Non so se avesse ragione o se il ragionamento fosse acqua, ma
       c'era qualcosa di veramente profondo nella sua posizione. Se
       tu accetti la non violenza come criterio totale, la devi
       portare fino alle estreme conseguenze, compresa quella di
       farti ammazzare .  (…)



                        Tiziano  Terzani     da    La fine è il mio inizio



IL LUNGO ADDIO DI TIZIANO 2



(…) Me la sono inventata un po' questa vita, no? Sono stato mille
       cose, alcune vere, altre potenziali. Sono stato gigione, sono
       stato attore, assassino, pedofilo, adultero, tutto sono stato.
       Come tutti.
       Sono stato tante cose in tempi diversi. Tante cose vere, intense.
       E ogni volta l'una sostituiva l'altra, entrava nell'altra come in
       un cannocchiale. Mamma mia, quante parti ho fatto, quante
       maschere ti metti, che alla fine ti soffocano. Fino a che un
       giorno dici: " Io, questa - pfft! la butto via ! ". E alla fine sono
       Anam, uno senza nome, senza storia, senza passato. Perché
       tutta quella roba lì è frattaglia e al cuculo non gliene importa
       proprio nulla. Ma non per cattiveria, non è che mi vuole male.
       Anzi, magari canta anche per me.
       Tu mi chiedi chi sono. Bene, sono stato innanzitutto tante
       maschere, ognuna vera, ognuna falsa perché cambia col tempo
       e diventa altra. E qui dico una verità che tutti i saggi hanno
       capito: che non c'è permanenza.
       Niente è permanente, niente  è permanente in questa vita.
       Che vuoi essere permanente tu? Oh, ma chi te l'ha detto?.
       (…)



                        Tiziano  Terzani   da     La fine è il mio inizio

IL LUNGO ADDIO DI TIZIANO 3



(…) Sai, penso sinceramente che gli estremismi sono sbagliati in
       tutti i casi. Prendi per esempio quello dell'austerità totale.
     " Ecco l'asceta! ".
       E' sbagliato. La giusta via è quella di mezzo. Non puoi vivere
       nell'ascetismo più sfrenato. Del Buddha si racconta la storia
       bellissima che, perché lui sente il peso del corpo, perchè si
       rende conto che il corpo lo condiziona, se ne vuole staccare
       mentre è ancora in vita. Allora secondo la leggenda, per sette
       anni va a vivere nella foresta mangiando un chicco di riso al
       giorno. C'è, nel Museo di Lahore, una statua dell'epoca di
       Gandhara di questo Buddha incredibile a cui si vedono tutte le
       costole e sulle costole si vedono le vene e lui è emaciato.
       Finalmente si rende conto di aver esagerato. Il suo corpo,
       proprio perché è ridotto così, è diventato un ostacolo alla sua
       liberazione.E cosa fa? Si rimette in strada, incontra una donna
       che gli offre la prima ciotola di latte e ricomincia a mangiare.
       La Via di mezzo, sempre. Fra l'ascetismo e l'edonismo c'è la
       Via di mezzo. Non hai bisogno di dipendere dal piacere, ma
       non hai nemmeno bisogno i essere schiavo dell'idea di una
       grandezza che ti verrebbe dall'ascetismo. Tanti mistici in
       fondo si sono persi,sono quasi impazziti in quella loro ascetica
       determinazione a incontrare Dio.
       Dio lo incontri. Anche lui cammina sulla Via di mezzo.
       Questa è la mia Via di mezzo. Non ho bisogno di niente, non
       sono schiavo di niente, nemmeno del desiderio della longevità,
       come vedi. Sì, sono con la famiglia, ma sono anche distaccato.
       (…)



                            Tiziano  Terzani   da    La fine è il mio inizio

IL LUNGO ADDIO DI TIZIANO 4



(…) L' uomo si illude di conoscere e certamente fa strada sulla via
       della conoscenza. Ma si rende conto che ogni volta che arriva
      al limite di ciò che è conosciuto,lo sconosciuto è immensamente
  più vasto di quello che lui conosce e che riuscirà mai a conoscere.
   Sarebbe bello allora accettare che questo mistero, che c'è quello
  che non capirai mai, e abbracciarlo.
  Compreso il mistero della morte.
  Perché - vedi - si muore dal momento che si nasce Si è giovani e
  si pensa che la morte è degli altri. Ma se uno imparasse già da
  bambino che la morte è parte della vita, che tu puoi integrare la
  morte nella vita, allora la tua vita sarebbe più bella, perché
  conterrebbe questo contrasto e questa dimensione. Mica devi
  morire! Campa fino a cent'anni, ma campa con la coscienza che
  la tua vita e la tua morte sono la stessa cosa.
  Chi parla di morte? Oggi, parlare di morte è un tabù come un
  tempo lo era parlare di sesso. Nell' Ottocento, a tavola, non si
  parlava di sesso. Oggi se ne parla a tavola, ma della morte non
  se ne vuole sapere.
  Vedi, tutto quello che dico, ti porta a qualcosa che è il mio unico,
  vero contributo, credo: guardare il mondo in un altro modo.
  Guardalo in un modo tuo, in un modo più sensibile. E' lì,
  meraviglioso.Invece lo guardiamo tutti allo stesso modo, e sempre
  più lo guardiamo attraverso questi maledetti strumenti tecnologici
  Non guardiamo più il mondo com'è e non lo guardiamo con i
  nostri occhi.
  Ma tu, férmati ogni tanto. Férmati e lasciati prendere dal
  sentimento di meraviglia davanti al mondo. Mettiti un quarto
  d'ora lì a sentire il silenzio, a sentirlo.
  Ascolta il silenzio!   (…)



                        Tiziano  Terzani   da   La fine è il mio inizio


giovedì 25 aprile 2019

LA FINE E' IL MIO INIZIO

 
 
 
                                                                                                              ( Per chi sa )
 
                                                                                                                    "Per te,
                                                                            perché la luce
                                                                sovrasti sempre le ombre ".


Mio carissimo Folco,

sai quanto odio il telefono e quanto mi è ormai difficile, con le pochissime forze che ho, scrivere anche due righe così. Per cui niente " lettera", ma un telegramma con le due o tre cose a cui ancora tengo e che è importante tu sappia.
Sono terribilmente affaticato, ma serenissimo. Adoro essere in questa casa e conto di non  muovermi più da qui. Spero di vederti presto, ma solo a condizione che tu abbia finito il tuo lavoro. Una volta qui, tutto ti ( ci ) travolgerà, specie se tu accettassi un'idea sulla quale  ho molto riflettuto. Questa :

...e se io e te ci sedessimo ogni giorno per un'ora e tu mi chiedessi le cose che hai sempre voluto chiedermi e io parlassi a ruota libera di tutto quello che mi sta a cuore, della storia della mia famiglia a quella del grande viaggio della vita? Un dialogo fra padre e figlio, così diversi e così eguali, un libro testamento che toccherà a te mettere assieme.
Fai presto, perché non credo di avere molto tempo. Fai i tuoi programmi e io cerco di sopravvivere ancora un po' per questo bellissimo progetto, se sei d'accordo.

Ti abbraccio


                                                  i' babbo


                            Tiziano Terzani  da   La fine è il mio inizio


LETTERE DI ANNA AD ANDREA ( Introduzione )



(…) Di Anna Kuliscioff, rara testimone e interprete dei primi anni
       del socialismo italiano ed europeo, compagna appassionata e
       politicamente partecipe prima di Andrea Costa, poi di Filippo
       Turati, vengono in questo testo riportate le lettere indirizzate
       a Costa dal 1880 al 1909 ( Costa morì nel Gennaio del 1910 ).
       Le lettere, fitte fino al 1885, reciproche e quasi quotidiane solo
       nel bimestre novembre - dicembre 1880, quando Costa è
      detenuto nelle carceri di Perugia e la Kuliscioff attende ansiosa
      a Lugano, si rarefanno, ma non diventano soltanto occasionali
      nel periodo della convivenza di Anna con Filippo Turati.
      Esse rappresentano non solo la viva testimonianza di un
      profondo legame affettivo e di una comunanza di ideali e di
      lotte,oltre che l'espressione di una coscienza di donna maturata
      attraverso straordinarie esperienze di vita, ma un documento di
      grande interesse sull'attività clandestina dei primi socialisti
      italiani, sulle loro lotte, le loro polemiche, i loro rapporti
      interni ed esterni nonché le varie posizioni di fronte agli
      avvenimenti internazionali.
      Il saggio introduttivo riscostruisce, anche attraverso degli
      inediti , la giovinezza della Kuliscioff dai primi anni in Russia
      a quelli di Zurigo; dall'azione tra i populisti russi all'incontro
      con Andrea Costa; dalla prigionia alla militanza a fianco del
      compagno.
      Dal 1882 affiora l'incomprensione: gli incontri tra i due
      diventano sempre più difficili e sporadici, ma la corrispondenza
      rimane improntata a stima ed affetto. Anche le lettere dell'
      ultimo periodo producono una conoscenza della crescita del
      Partito Socialista e del Movimento Operaio Italiano e
      conservano la nobile cadenza di Anna nella manifestazione
      degli affetti.  (…)



Dal Saggio Introduttivo a ( Lettere d'amore di Anna Kuliscioff ad Andrea Costa )   di  Pietro Albonetti





LETTERE DI ANNA AD ANDREA 1

 
 
 

                                                                             Anna  Kuliscioff


LUGANO 21 Dicembre 1880

(…)Io non posso e non voglio accusarti, angelo mio, Andreino,
      Andreino.Ma come siamo ingiusti,come siamo spietati ! Da due
      ore in qua, deliro, il cuore amareggiato scoppia di dolore e
      sofferenze indicibili. Come vivere? Che fare? Perché appunto
      quando soffro più che mai,quando non so come vivere più senza
      di te, perché allora appunto ricevo tanti colpi spietati? Perché
      non pensi tu a tutta la mia vita, perché non pensi che mi sono
      data a te tutta, senza badare a niente? Lasciai tutto: madre,
      amici, conoscenze, sono sola al mondo e non ho che te; avrei
      potuto fare altrimenti, ma per amor tuo, per la devozione
      infinita per te, non lo feci e non lo farò.E tu m'accusi per nulla,
      per nulla assolutamente. E' forse colpa mia che le persone
      estranee a me vogliano e desiderino sottrarmi per un momento
      alla solitudine che ammazza l'esistenza? Ieri sera deliravo, non
      ho dormito punto, e quando dormo un po', sogno delle cose così
      spaventevoli che non so come vivere mai. Sogno spesso d'essere
      condannata a morte con tutti i dettagli dell'esecuzione, ma ciò
      che mi fa soffrire maggiormente è il pensiero d'essere tolta
      dalla vita senza averti veduto. Oh Andreino amato, e tu mi dici
      d'essere indegna di te e del tuo amore! Se hai un po' di pietà di
      me, non ammazzarmi con delle parole simili. In tali momenti
      sarei capace - senza esitare - di togliermi la vita. Che cosa mi
      rimane se dopo essermi data a te con tutta l'esistenza mia, dopo
      aver rinunciato a tutto per te, tu mi tratti d'un tal modo? Sogno
      d'esser condannata a morte, ma sei tu che mi condanni.Ti giuro
     col delirio presente,colle sofferenze che sono maggiori delle mie
      forze, che una volta che la nostra vita non andasse così come la
      vagheggio, io mi suiciderò.
      Te lo giuro, te lo giuro.


     3 ORE  DOPO

    (…) Oh, come le ore si succedono lunghe e tormentose! Che 
           grida sento intorno a me. Non so dove sono: vedo solo te…
          Angelo mio adorato Andreino, prendimi, asciuga con le tue
          labbra i miei occhi gonfi di lacrime e infiammati da non 
          vedere più nulla… Non voglio giustificarmi dalle accuse 
         atroci che mi lanci spietatamente.Se m' ami capirai bene che
         non sono io che possa commettere cose indegne del nostro 
         amore.Posso sbagliare, ma non commettere delitti. Stringimi  
         al tuo petto, voglio morire al tuo fianco. La vita è 
         insopportabile. Vorrei che tu mi strangolassi. Oh, inebriami
         e perdere tutta la coscienza dell'esistere! Baciami, mordimi,
         io ti ammazzerei. Andriosa, vita mia, io ti adoro, io ti invoco,
         vieni a dirmi una buona parola, accarezzami, stringimi forte,
         dammi la tua vita e io ti desidero appassionatamente,
         pazzamente…
         La passione giunge a tale intensità, che tu sai quel che si fa
         allora...Oh, ti supplico: non tormentarmi.
         Oh, sono proprio pazza.


                                                 Tua Nina  (… )



 Anna Kuliscioff  da   Lettere d'amore ad Andrea Costa 1880- 1909


 

LE LETTERE DI ANNA AD ANDREA 2

 
 
 
Andrea  Costa
 
 

CARCERE DI PERUGIA, 22 Dicembre 1880

(…) Che vuoi, mia cara? Sia dunque la suscettibilità mia estrema,
       sia altro, mi pare che tu non viva ora con me tutta la tua vita;
       mi pare che tu sia occupata da altre cose e che solo ad
      intervalli tu ritorni a me. Forse m'inganno, e vorrei - oh quanto
      vorrei ingannarmi! - ma pure ho questo presentimento, e te lo
      dice la mia agitazione, te lo dicono le mie angosce di queste
      due settimane. Tu stai dei giorni interi senza scrivermi; tu mi
      scrivi un poco di notte: insomma, io sento ora assai meno di
      qualche tempo fa che la tua vita è tutta con me e non v'ha cosa
      che non mi tormenti più di questo senso doloroso.
      M' inganno io, m'inganno io, dimmi!
      Quello stesso rimorso che ti sorprende di quando in quando,
      non ti dice chiaro che non io solamente, ma che tu pure hai la
      coscienza preoccupata di quel che l'ho io, che tu pure senti di
      togliermi una gran parte di te? Forse son queste le fantasie
      malate di un prigioniero, a cui manca l'aria, la luce e tutto; ma
      perché - perché dunque io sto tanto male da due settimane - e
      perché il mio male va sempre crescendo? Dimmelo, dimmelo
      dunque…
      Ah Nina,se tu m'ami, Nina, se tu m'ami come voglio essere
      amato!
      Ma no, ma no, non ti dirò mai quel che vorrei, quel che
      desidererei che tu facessi. Se non sei capace di indovinarlo,
      peggio per te - peggio per te: io non ti dirò nulla certamente…
      No, no, no, no…


                                      Andrea   (…)


Anna Kuliscioff  da   Lettere d' amore ad Andrea Costa 1880- 1909



LE LETTERE DI ANNA AD ANDREA 3



Como, 4 Luglio 1885

(…)Sono imbarazzata a scriverti perché debbo transigere con la
      mia coscienza dandoti un resoconto dettagliato della mia vita.
      Non volevo parlarti di me, e non perché io senta la necessità di
      nasconderti alcuna cosa, ma perché mi ripugna di subire una
      tutela continua e non sento l'obbligo di rendere conto delle mie
      azioni quando i diritti reciproci determinati dall'affetto non
      esistono più. Ma tu- a quanto pare - sei preoccupato dell'eterno
     " qu'en dira- t'on " e non ho nessuna difficoltà a tranquillizzarti,
      assicurandoti, che mentre la mia dignità mi preoccupa assai di
      osservarla,  la dignità tua non è, e non sarà lesa da nessun atto
      della mia vita. Mi meraviglio che tu mi accusi di    nuovo,
      e  senza   fondamenti , di ipocrisia, mentre tu sai per tua 
      esperienza quanto sia facile accusare ingiustamente
      basandosi su qualche semplice apparenza. 
     Qui vivo come vivo dappertutto, cioè come Kuliscioff; a Napoli
     non fui già io che feci credere che Costa fosse mio marito, anzi
     dappertutto facevo capire che non lo sono e gli studenti perfino
     mi chiamarono sempre la signora Kuliscioff. E' vero che dinanzi
     alla padrona di casa ti chiamavo " mio marito" per rispetto alle
     loro opinioni e perché non sempre si può rispettare l'opinione
     della gente da cui si vive, e non per altruismo - certo - ma per
     puro e semplice egoismo: così qui dove i nostri rapporti non
     sono conosciuti o rammentati, non credevo e non credo
     necessario di parlare delle nostre relazioni passate, che del
     resto parrebbero uno scandalo alle persone fra le quali vivo.
     La tua venuta sarebbe quindi estremamente inopportuna per
     ambedue e mi metterebbe in condizioni difficili; né l'accoglienza
     che in queste condizioni potrei farti sarebbe piacevole  a te
     dinanzi a quel mondo di cui ti preoccupi tanto.Sei rimasto molte
     volte per molti mesi senza vedere la bambina: mi pare che
     potresti aspettare anche questa volta fino al mio rientro a
     Milano. Se però tu volessi assolutamente vedere la Ninuccia,non
     sarebbe altro modo che passare qualche giorno dopo il mio
     ritorno dall' Austria ove andrò fra giorni e trovarci per il giorno
     stabilito a Milano. Tu parli di ipocrisie e di dignità minacciate,
     io mi domando se sarebbe meno ipocrita o più dignitoso di
     continuare dinanzi agli altri le apparenze della nostra unione
     che in realtà no esiste più. E' certo che non mi sarà possibile di
     regolare ogni mio passo secondo i tuoi desideri: dovrei allora
     rinunciare alla mia libertà, simulare una soggezione che non è
     umiliante soltanto quando è reciproca e determinata dall'
     intensità dell'affetto. Non vorrei che queste parole ti suonassero
     amare, mentre ti scrivo tutto ciò per compiacere ai tuoi desideri
     e calmare i tuoi timori. Né io, né tu abbiamo colpa di quello che
     è stato conseguenza dei nostri temperamenti e delle condizioni
     in cui vivevamo.Ma certo avremmo colpa se volessimo ribellarci
     contro le fatalità, che sono conseguenze del passato, e voler
     mascherare vincoli artificiali. Se il tuo desiderio, che sarebbe
     meglio di essere morti l'uno per l'altra non è realizzabile per
     quella parte di legame che mantiene fra noi la bambina, credo
     che possiamo almeno soddisfare a quel diritto di libertà
     individuale e a quel bisogno di sincerità che è nelle nostre idee
     e nei nostri sentimenti. A questo patto anche il raffreddamento
     non genererà disgusti; non ucciderà - spero - la benevolenza.
     E con questo desiderio ti saluto e ti stringo la mano


                                        Anna   (…)


Anna Kuliscioff  da   Lettere d'amore ad Andrea Costa 1880- 1909


martedì 23 aprile 2019

LUX AETERNA ( di Frida )

 
 

                                                      ...dolcissima dentro il suo tormento…


E LEI MI E' MORTA…

Lei non sapeva più spogliarsi del suo dolore
che era diventato pelle incancrenita
e utero di pietra dove morire.

Lei non aveva più unghie per scorticarsi l'anima,
da scrivere su labbra spasimanti.

Ora Lei giace - immobile e silente -
in una pietra tumefatta del cuore.

Eppure Lei era poesia
che sapeva volare e danzare attorno al sole
con ali di pizzo e pupille sgranate.

Eppure Lei era l'ostinazione violenta e fiume
di sangue in piena che risaliva le vene.

Eppure a volte la  sento ancora muoversi
- dolcissima dentro il suo tormento -

e avverto la sua voce come vagito
che viene a svegliarmi dal nulla.



                            frida



lunedì 22 aprile 2019

POESIE DI ERNEST

 
 


                                                         L' età chiedeva che cantassimo…


Tutti gli eserciti sono uguali
E' quel che sembra e non quello che vali
L' artiglieria fa il solito rumore
Attributo dei giovani è il valore
Stanchi son gli occhi dei vecchi soldati
Gli rifilano le solite menzogne
Le mosche han sempre amato le carogne.


                                           ***

L'età chiedeva che cantassimo
e ci tagliò la lingua.
L 'età chiedeva che sgorgassimo
e tappò la bottiglia col turacciolo.
L' età chiedeva che ballassimo
e c'infilò due braghe di bandone.
E alla fine l'età riceveva
né più né meno della merda che chiedeva.


                                       ***

Mi piacciono gli americani,
sono così diversi dai canadesi.
Non prendono sul serio i loro poliziotti.
Vengono a Montreal a bere.
Non a criticare.
Dicono di aver vinto la guerra.
Ma dentro di loro sanno che non è vero.
Hanno un tale rispetto per gli inglesi.
Amano vivere all'estero.
Non si vantano dei bagni che fanno.
Ma li fanno.
Hanno denti così sani.
E portano la maglietta tutto l'anno.
Vorrei solo che non se ne vantassero.
Hanno la seconda marina del mondo.
Ma non ne parlano mai.
Vorrebbero Henry Ford come presidente.
Ma non lo eleggeranno.
Hanno capito il gioco di Bill Bryan.
Di Billy Sunday si sono stufati.
Gli uomini hanno dei tagli di capelli così buffi.
E' difficile imbrogliarli sull' Europa.
Ci sono già stati.
Hanno prodotto Barney Google, Mutt e Jeff.
E Jiggs.
Non impiccano le assassine.
Le mettono nel vaudeville.
Leggono il Saturday, Evening Post
e credono a Babbo Natale.
Quando fanno quattrini
fanno un mucchio di quattrini.
E' brava gente.


                                           ***

Poiché abbiamo avuto i pensieri più lunghi
E preso la via più breve che c'è intorno.
E ballato alle ariette del demonio,
Pregando pavidi al ritorno;
per servire un padrone di notte,
e un altro di giorno.


                                       ***                                       ***

AUGURIO ( per un certo sign Lee Wilson Dodd e chiunque tra i suoi amici lo desideri )

Canto per i critici
Con le tasche piene di ranno
Ventiquattro critici
Che con me ce l'hanno
Sperano che crepi
Che ti lasci andare
Per poter essere i primi
I primi ad annunciare
Ogni sintomo di debolezza o di rapido declino
( Sono tutti uguali, il tedio è genuino,
sordide catastrofi, bara col destino,
gente volgarissima, personaggi da strapazzo,
tossicomani, soldati, prostitute,
uomini senza cazzo ).
Se non vi garbano, io certo non vi adulo
E invece d'un consiglio mi compiaccio
Ficcateveli su per il culo:
Questo - ragazzi - è l'augurio che vi faccio.


                     Ernest  Hemingway    da     88 Poesie