domenica 31 marzo 2019

IL SOLITARIO AMORE DI BEPPE

 
 

 " Venite in Paradiso, là dove vado anch'io, perché non c'è l'Inferno nel mondo del buon Dio…"


CUORE

A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m'hai insegnato
ad amare, ma senza di te. La vita
con il suo dolore mi insegna a vivere,
ma quasi senza vita, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro. Allora,
allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, a sognare, ma
non vedo in sogno che figure inumane.
Non ha più limite la mia pazienza.
Non ho pazienza più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche a odiare ho dovuto imparare
e dagli amici e da te e dalla vita intera.


                                           ***

C'è chi, al contrario di me, non dispera
che con salute e forza e virtù e buona
fortuna si arrivi a morire dopo
tanti bei giorni, pieni di tantissime
cose di questo mondo o di un altro mondo;
o dopo tanti giorni, e quella gioia soltanto
povera dei giorni. Io sono felice,
a questo mondo, solo di questo e spero
che a me il destino procuri - con le sue
pesti e le pietà e i suoi dolori -
un solo giorno più bello di tutti questi
miei dolorosi giorni, o di questo mio
dolore si dimentichi per un solo
giorno.


                                             ***

M 'innamoro di cose lontane e vicine,
lavoro e sono rispettato, infine
anch'io ho trovato un leggero confine,
a questo mondo che non si può fuggire.
Forse scopriranno una nuova legge
universale, e altre cose e uomini
impareremo ad amare. Ma io ho nostalgia
delle cose impossibili, voglio tornare
indietro. Domani mi licenzio, e bevo
e vedo chimere e sento scomparire
lontane cose e vicine.


                                         ***

Ma oltre queste verità e dentro queste
vuote parole ho perso la misura.
Ora io so soltanto che sono seduto
a questo tavolo e che per tante buone
ragioni ho tempo e odio da spendere.
E mi basta così senza nemmeno
maledire. E non è perdere al gioco,
e poi fa bene vivere. Un'arte
marziale voglio imparare, di che sempre
si possa indugiare di far male.
Un teatro astratto di colpi e pensieri
per i giorni neri. E poi le gioie e insieme
con gli amici far niente.


                                         ***

Viene la sera - è vero - silenziosa
piove una luce d'ombra e come
fossero i nostri sensi inevitabili
improvvisi, noi lamentiamo
una più vasta scienza.
Aver di quella il frutto
appariscente, la bella trama,
e l'ombra perfino, di sussurri
e di giochi, come bimbi.
Ma io lo so - Serena - io non posso
in questi tempi segnati dal segreto
di cui s'invade
la nostra intimità,
vivere adesso se non con tale affanno
e così lieve.
Di questo amaro stento già si fa più vero
un sentimento pago di letizia, al modo

che alla sera insieme

andando per le strade
chiare, t'ho visto, d'ombra
e di segreto,
noi siamo tra i perduti lumi
esseri più miti di chi
venuto prima di noi
ebbe solo a soffrire

salvi quasi per caso

e in questo pròdighi

i baci sono bellissimi doni.



                Beppe  Salvia     da       Un solitario amore


LE FIGURE AMATE DI ORSO

 
 

                                                          Che voglia di piangerti meglio…


Non smettono il giorno e la notte
di andare e confondere, di sbranarsi.

Qualsiasi parte di te è nella lucentezza
nera e pulsante che occupa il sole
in qualsiasi momento ma non abbastanza.

Abbiamo tentato, tu più di tutti.

Puoi lasciare - adesso - puoi lasciare
se sei stanco, se sei troppo stanco
per il troppo male, puoi lasciare.


                                               ***


Che stanchezza da pane dimenticato
in queste stanze di sonno breve,
in questo sonno a morsi amari
che voglia di piangerti meglio.




                        Orso  Tosco     da       Figure amate

giovedì 28 marzo 2019

LE POESIE DI ATTILIO 1

 
 

                                         Si screzia il tuo volto di bruna come i fiori che ami…


VENTO

Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano,
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.

Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti
si sconvolge l'acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.

Poi, stanco s'addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l'amore.


                                              ***

PRIMAVERA

E' venuto il tempo
che il ranuncolo limpido
rischiara
l'erba folta e amara;
fitte e stupite
si schierano sulle prode
le margherite,
già l'usignolo s'ode.
Sotto gli occhi di ogni fanciulla
una tenera ombra è fiorita,
e con quell'ombra di viole
il giovane sole
si trastulla.


                                              ***

CONVALESCENTE

Ancora vita il tuo dolce rumore
dopo giorni bui e muti riprende.
Porta il vento di maggio l'odore
del fieno, il cielo immobile splende.
Gli occhi stanchi colpisce di lontano
il rosso papavero in mezzo al tenero grano.


                                                ***

ALLA MADRE

Se tu torni fra noi
è un caldo e grigio
giorno di marzo, è l'ora del riposo
per noi rimasti nella casa, in pace.

Così lungamente
abbiamo aspettato nel silenzio
delle stanze assopite; ora i bambini
sono andati per viole.

Oh, poterli cercare con te
fra le gaggìe nude nel sole.


                                        ***

PER UN BEL GIORNO

Un cielo così puro
un vento così leggero
non so più dove sono
dov'ero.

O gaggìa nuda,
bruna violetta
che nel calore fugace
appassisci in fretta.

Giorno che te ne vai
e non sai nulla di me e della violetta
che tanto amo
e del ramo
nudo della gaggìa,
giorno, non andare via.


                         Attlio  Bertolucci    da     Le poesie


LE POESIE DI ATTILIO 2



QUESTA SERA IL SOLE…

Questa sera il sole tramonta nei tuoi occhi
l'inverno vi si spegne, lenta brace tranquilla.
Così la gente indugia per le strade che l'ombra
non ha toccato ancora, ma il fumo appena
da umili camini intimamente annuvola.
Tu lascia che ristagni sulle case ed offuschi
i lontani del cielo che scolora.
Finchè un'altra pena
porti la notte, vigilia della primavera.


                                                   ***

PROVA DI SONETTO

Al sole che declina questo giorno
d'alte nubi, poeta derelitto,
imporpora soave il disadorno,
umile marmo ove il tuo nome è scritto.

La città che si muove a te dattorno
quetamente  felice lo sconfitto
tuo nome ignora, persa nel ritorno
del mese che il cucù saluta afflitto

dalla pianura verde e nera poi
che il primo temporale s'è perduto
di là dell'Appennino che rischiara.

Ma il tumulto pacifico che noi
nella sera moviamo, la tua amara 
ombra conforti e il tuo cuore muto.


                                                ***

E VIENE UN TEMPO…

E viene un tempo che la tua persona
si fa maturando più dolce, si screzia
il tuo volto di bruna come i fiori
che ami, i garofani e i gerani
dell'umida primavera di qui.
Gli anni sono passati, sull'intonaco
inverdito di muffa, luce e ombra
si baciano, a quest'ora che volge,
con tale disperata tenerezza
il tempo prolungando dell'addio.


                                                   ***

I PAPAVERI

Questo è un anno di papaveri, la nostra
terra ne traboccava poi che vi tornai
fra maggio e giugno, e m'inebriai
d'un vino così dolce così fosco.

Del gelso nuvoloso al grano all'erba
maturità era tutto, in un calore
conveniente, in un lento sopore
diffuso dentro l'universo verde.

A  metà della vita ora vedevo
i figli cresciuti allontanarsi soli
e perdersi oltre il carcere di voli
che la rondine stringe nello spento

bagliore d'una sera di tempesta,
e umanamente il dolce cedeva
alla luce che in casa s'accendeva
d'un'altra cena in un'aria più fresca

per grandine sfogatasi lontano.


                                               ***

NON

Non mi lasciare solo se io
ti lascio sola
e intorno a te la luce
è quella che fa piangere
dei giorni ordinari,

non allontanarti con passo
fiducioso in direzione
dell'estate e non
considerare rassegnata
la fatalità delle averse e del sole;

non acquistare viole in prossimità della casa.



                      Attilio  Bertolucci    da     Le poesie


mercoledì 27 marzo 2019

LA BELLEZZA IN FOTOGRAFIA 1

 
 

                                          (  Come volevasi dimostrare… )


(…) Su quali basi si possono giudicare le fotografie? Dato che è
       sempre più facile esprimersi per negazioni, è meglio iniziare
       indicando alcuni parametri di giudizio largamente impiegati
       ma perversi, che quindi si potrebbero opportunamente
       abbandonare.Il più popolare è la sincerità .Argomento caro
       a molti giovani perché, nel fremito della disillusione, si
       convincono di aver fatto una scoperta rivoluzionaria: esistono
       persone che mentono. Tra i problemi che comporta usare
       questa accusa nella critica fotografica, c'è che è difficile
       provarla, come i critici letterari hanno appreso da diverse
       generazioni. Una cosa è sospettare qualcuno di essere falso,
       un'altra è stabilire che lo sia veramente. La fotografia è lì, è
       l'unica prova rilevante ( ammesso che non ci siano altre fonti,
       come lettere o diari del fotografo ) ed è difficile dimostrare che
     contraddice le convinzioni più profonde del fotografo.Potremmo
      forse anche dire che nessuna persona sensibile prenderebbe
      per vere le idee espresse in un'immagine, ma questa è un'altra
      questione.
      E' inoltre vero che si agisce sempre per un insieme di motivi
      diversi.Gli stessi fotografi - in genere - non sanno dire con
      precisione perché fotografano. Questa incertezza è un valido
      pungolo per l'autoanalisi, ma non una base per disprezzare i
      supposti compromessi altrui.
      Per meglio mettere a fuoco la " sincerità", vorrei avanzare un'
      idea: la sincerità, almeno per certi aspetti, è spesso una
      qualità negativa dell'artista che - per definizione - è alla
      ricerca della forma, delle forme generali della vita ad di là dei
      limiti impostigli dalle immediate condizioni sociali, economiche
      o politiche. Alcuni tra gli artisti peggiori, dopotutto, sono i più
      sinceri. Al contrario , James Joyce potrebbe essere considerato
      un irlandese poco sincero perché pare che si curasse dell'
      indipendenza del suo paese non più di quanto gli servisse per
      mostrare altre verità. Allo stesso modo, si potrebbe accusare
      Walker Evans di insincerità nei riguardi dei poveri contadini
      del Sud degli Stati Uniti: non li usava - forse - con fredda
      slealtà come allegorie - del tutto inconsapevoli - per quello che
      tutti siamo?  (…)


                 Robert Adams   da   La Bellezza in fotografia


LA BELLEZZA IN FOTOGRAFIA 2

 
 

                                                                       Robert Adams   ( America )


(…) La parola " sincerità"  - quindi -va applicata all'arte con
       cautela, riferendola semmai a quella che potremmo chiamare
       la sincerità del distacco dai condizionamenti dell'artista. Con
       questo, stiamo sfiorando un nodo critico legittimo, perché al
       centro del nostro interesse è l'essenza dell'arte, la
       conformazione complessiva che un artista trova nella sua
       materia, il significato che scopre nell'apparente confusione
       della vita.
       Altro metro di giudizio improprio è la " biografia",la vita dell'
       artista.Non si possono disprezzare le poesie di Marianne
       Moore per la sua abitudine ad indossare abiti stravaganti, o i
       racconti di Faulkner per la sua fama di bevitore, così come
       non si può attaccare una fotografia perché chi l'ha fatta lavora
       per " Life" o all'Università, è socialista o meno e così via.
       Secondo il critico Max Kozloff le note di presentazione di un
       fotografo dovrebbero specificare - tra l'altro - " le origini di
       classe dell'artista  e i suoi rapporti professionali ". Come
       regola generale vale invece il contrario, perché le uniche cose
       che distinguono un fotografo da chiunque altro sono le sue
       immagini, il solo motivo del nostro particolare interesse nei
       suoi confronti. Del resto, se non si possono capire le immagini
       senza conoscere i dettagli della vita privata dell'artista, questa
       sarebbe una buona ragione per scartarle. L'arte - per
       definizione - è indipendente da chi l'ha prodotta.
       Col passare degli anni spero anche che i critici possano
       liberarsi del loro pesante accademismo per arrivare alla verità
       Elaborati schemi concettuali di interpretazione - come la
       psicoanalisi - tendono perlopiù ad allontanare dalle fotografie
       e a semplificare oltremodo il mistero e la qualità dell'opera.
       George Orwell ha scritto che " si può interpretare " una poesia
       solo riducendola ad allegoria, che è come mangiare una mela
       per i suoi semi". Mi piace la similitudine perché conosciamo
       tante splendide immagini di mele ( Cézanne, Stieglitz, Steichen,
       etc ),
       ma non perdiamo per questo il piacere di mangiarle.Per alcuni
       però,le idee costituiscono l'interesse primario.Orwell mostrava
       i pericoli di un'eccessiva interpretazione, citando un passaggio
       da un libro su Amleto :" Nell' Amleto, un desiderio inconscio
       di incesto impedisce all'eroe di sposare la ragazza che ha
       corteggiato".Quindi proseguiva con un commento che mi piace
       ricordare agli amici intellettuali : " Davvero molto ingegnoso,
       ma quanto sarebbe stato meglio non averlo detto! ". Come
       sarebbe parsa migliore la storia, più ricca, più complessa,
       come la vita stessa .   (…)


            Robert Adams    da     La Bellezza in fotografia

martedì 26 marzo 2019

LA POETICA DI YEATS


(…) Yeats sviluppa in quattro punti le proprie argomentazioni: 1)
        Ho vissuto l'esperienza accecante dell'intromissione della
        Musa ( Daimon ) che mi ha illuminato sulle possibilità del mio
         real self. 2 ) Riconosco un fenomeno simile in artisti che
        sono miei amici ( Lady Gregory,  Synger ); 3) anche grandi
        artisti del passato sembravano aver lottato contro un destino
        che nella vita reale li rendeva molto diversi ( Keats, William
        Morris, Savage Landor ) ; 4) perciò la mia esperienza deve
        essere per forza universale: quando mi sento combattuto, non
        sono di fronte che alla manifestazione dell'  antithetical self :
       " Quando si crea una qualsiasi opera d'arte è come se
        una specie di " conoscenza" o di potere estraneo alla nostra
     mente entrasse in noi.Ciò avviene per via di un'immagine,credo.
      Un'immagine che ci deve essere data: non possiamo sceglierla
     come vogliamo.Ed è attraverso la sofferenza che l'artista scopre
     la maschera dell' Io antitetico e l'immagine che la esprime, e
     nel contempo riconosce nel conflitto un'armonia sempre più
     perfetta. La poesia pertanto, nella concezione yeatsiana non
     deve " criticare" la vita, che può essere percepita soltanto
     attraverso l'emozione: ne consegue che qualsiasi stimolo
     esterno esulante dal controllo del poeta non è un soggetto
     adatto alla poesia. " I simboli sono gli unici elementi liberi da
     ogni legame con la realtà e capaci di parlare il linguaggio della
     perfezione. "
     I simboli possono evocare risposte emozionali o risposte
     intellettuali, o entrambe. Nel primo caso agiscono su ogni uomo
     istintivamente, perché esistono da sempre nel suo spirito ( la
     teorizzazione yeatsiana è qui particolarmente vicina a quella
     junghiana di  " inconscio collettivo " ); i simboli intellettuali
     invece sono privilegi di pochi e comportano un maggior senso
     di perfezione.  (…)



              Franco Buffoni  ( Prefazione a )  Poesie di Yeats


WILLIAM BUTLER YEATS

 
 

            Diteci dunque di quella signora, che un poeta esaltato ci cantava…



AVVENTO DELLA SAGGEZZA COL TEMPO

Unica è la radice a molte foglie;
nella menzogna della prima età
volgevo fronde e fiori incontro al sole;
voglio appassire nella verità.


                                                 ***

LA BELLEZZA VIVENTE

Volevo, ormai consunti olio e lucignolo
e i canali del sangue in gelo secchi,
l'inappagato cuore ora appagare
nella bellezza che un modello emana
di bronzo, o in abbagliante marmo appare;
appare, e se ti volgi ahimè scompare,
alla tua solitudine lontana
più di un fantasma. O cuore, siamo vecchi;
la bellezza vivente è per l'ardore
dei giovani. Né è dato a noi recarle
il tributo di lacrime selvagge.


                                                 ***

A UNA GIOVINETTA

Mia cara, mia cara, io so
più d'ogni altro che mai
così ti fa battere il cuore;
nemmeno tua madre
può saperlo come io lo so,
che per lei mi spezzavo il cuore
quando il selvaggio pensiero
ch'ella rinnega
e ha dimenticato
tutto le agitava il sangue,
sfavillandole nelle pupille.


                                                 ***

SOGNI INFRANTI

Fra i tuoi capelli è qualche filo bianco.
E i giovani ormai quando tu passi
d'improvviso non soffoca il respiro.
Ma qualche vecchio forse mormorando
ti benedice, ché una tua preghiera
l'ha scampato sul letto della morte..
Per te che sai del cuore ogni tormento
e ogni tormento hai inflitto all'altrui cuore,
di gracile fanciulla germogliando
la tua bellezza grave - per te sola
il cielo ha cancellato la sentenza,
tanta parte gli serbi in quella pace,
se cammini soltanto in una stanza.

La tua bellezza può tra noi lasciare
solo ricordi, pallidi ricordi.
E un giorno a un vecchio un giovane dirà:
" Diteci dunque di quella signora
che un poeta ostinato ci esaltava
quando l'età gli ebbe gelato il cuore".

Vaghi ricordi, pallidi ricordi,
ma nella tomba tutti rivivranno.
La certezza che un giorno la signora
vedrò giacere o ritta o camminare
nella bellezza sua prima di donna
col fervore degli occhi giovanili
m'ha fatto come folle delirare.

E tu sei bella più d'ogni altra donna,
ma una macchia offuscava il tuo bel corpo:
non erano le tue piccole mani
belle, e temo che tu forse non corra
e remi fino al polso in quell'arcano
lago sempre ricolmo dove quelli
che hanno adempiuto alle divine leggi
recano e sono ormai perfetti. Lascia
immutate le mani ch'io baciavo
per amore di un'amicizia antica.

L'ultimo tocco della mezzanotte
muore; l'intero giorno ho allineato
di sogno in sogno e poi di verso in verso
divagando come un fantasma d'aria:
solo ricordi, pallidi ricordi.


                                                 ***

LE FACCE NUOVE

Se voi, che avete tratto i vostri giorni
a vecchiezza, doveste morir prima,
né cedro né catalpa udrebbe il mio
piede vivente, né valicherei
dove operammo noi che spezzeremo
i denti al Tempo. Sì, le facce nuove
giochino i loro tiri in sale antiche.
La notte può predominare il giorno,
per la stridula ghiaia del giardino
vanno ancora le nostre ombre, e i viventi
ecco appaiono piò ombre delle ombre.


                                                 ***

DOPO UN LUNGO SILENZIO

Dopo un lungo silenzio ora parliamo;
estraniati o morti gli altri amanti,
celata nella propria ombra la luce
avversa della lampada, calate
sopra la notte avversa le cortine,
giusto è che dibattiamo senza fine
il sommo tema  dell' Arte e del Canto:
è decrepito il savio; ci amavamo
in giovinezza e s'era noi ignoranti.


         William Butler Yeats   da     Poesie



lunedì 25 marzo 2019

POSSIBILE PASSATO

 
 

                                                            E io che mi credevo più forte…


Un violento rovescio ha allungato la pioggia
sui vetri:
inutili lacrime su guance
di una furtiva  scompagine
avvolta  di cinereo.

Tempi troppo lunghi
da descrivere a mozzichi
al telefono;
ardua la vita senza noi
scomparsi con passi malfermi.

E io che mi credevo più forte.



                                   frida


IMAGO PIETATIS 1

 
 


(…) Il bambino è sdraiato carponi. Il braccio sinistro, l'unico
       visibile nelle fotografia, è appoggiato sulla rena, il palmo della
       mano rivolto verso il cielo. Si scorge la parte sinistra del viso,
       tanto da notare il taglio corto dei capelli. L'orecchio è bene in
       vista. Dell'occhio si è incerti se giudicarlo aperto o chiuso. Il
       bimbo indossa una maglietta rossa, sollevata sopra l'addome,
       un paio di pantaloncini blu con un piccolo disegno o ricamo
       su una gamba. Le scarpine ai piedi sembrano nere e se ne vede
       per intero la suola. La parte inferiore del corpo è quasi all'
       asciutto, mentre il viso è carezzato dalle onde.
       Potrebbe dormire - per come lo vedo -ma so che non si
       sveglierà mai più. Quando guardo la foto su un quotidiano
       online, mi è chiaro di che si tratta: è una delle immagini che
       compongono un servizio fotografico su un naufragio di
       migranti nel Mar Egeo.
       Le foto hanno soggetti diversi: adulti, bambini. Scene di
       disperazione e gesti di salvataggio. Alcune di quelle immagini
       sono terribili e anche senza mostrare cadaveri, si vedono
       abiti ammonticchiati sulla sabbia, trasportati evidentemente
       dal mare, o il pianto dei sopravvissuti ( l'intollerabile senso di
       colpa di chi sopravvive, che si fa strada fra le pieghe del
       sollievo per aver conservato la propria vita ).
       Il bambino invece compare in una piccola serie di foto che è
       destinata ad avere una propria storia a parte.
       In una seconda immagine, rovesciata rispetto alla prima, è
       ritratto il suo corpo abbandonato sulla spiaggia, da solo: i
       piedi a sinistra e la testa a destra, la nuca esposta verso chi
       guarda. In un'altra, due poliziotti gli sono vicini,  a una
       distanza di non più di due metri. Stanno in piedi. Quello più a
       sinistra è girato di spalle,l'altro,che imbraccia una fotocamera
       sembra allontanarsi dalla battigia. Ancora un'immagine: uno
       dei poliziotti ha preso in braccio il corpo del bambino. E'
       lievemente curvo in avanti e indossa guanti di gomma. I suoi
       gesti sono carichi di delicatezza e rispetto. (…)


Fausto Colombo  da   Imago pietatis ( Indagine su fotografia e compassione )

IMAGO PIETATIS 2

 
 


(..) E' il 2 Settembre 2015. Scoprirò poi che il bambino si chiamava
      Alan Kurdi ed è morto annegato durante la notte del naufragio
      del gommone che doveva portare lui e la  sua famiglia da
      Bodrum, in Turchia, all'isola greca di Kos. Il poliziotto che ne
      raccoglie il corpicino è un padre di famiglia, con bambini quasi
      dell'età di Alan, forse destinato a portare per sempre dentro di
      sé tutto quell'orrore.
      Le foto del bambino faranno il giro del mondo e del web,
      provocheranno conseguenze, dichiarazioni e scelte politiche.
      Un'ondata di rielaborazioni e commenti alla foto più diffusa,
      monopolizzerà Twitter e le indagini sui motori di ricerca. Non
      mancheranno ricostruzioni e polemiche sulla famiglia di Alan,
      sulla scelta del padre di intraprendere il viaggio fatale, sull'
      immigrazione e sui suoi rischi. Artisti di ogni Paese
      rielaboreranno in vario modo l'immagine del corpicino
      abbandonato, riproponendola così alle coscienze di milioni di
      abitanti del pianeta. " Morte di Alan Kurdi" diventerà una voce
      di Wikipedia. I primi anniversari  del naufragio verranno
      ricordati dai quotidiani. La curiosità, la compassione, la
      volontà di riscatto e di reazione che l'onda emotiva scatenatasi
      sui media ha stimolato e suscitato, dimostrano che a volte -
      nei grandi dolori come nelle grandi gioie - possiamo essere
      tutt'uno, provare una sorta di compassione universale,
      comprendere con un'improvvisa intuizione il nostro comune
      orizzonte, la nostra comune radice .  (…)


Fausto Colombo  da  Imago Pietatis ( Indagine su fotografia e compassione )

IMAGO PIETATIS 3

 
 


(…) Ma tornando a me, quelle foto sono rimaste nei miei occhi
       durante le ore,i giorni e le settimane successivi. Qualche mese
       dopo mi sono reso conto che non le avrei dimenticate mai più.
       Ed è stato allora che ho deciso di fare l'unica cosa che so fare:
       studiarle, girando attorno alla loro terribile forza e al loro
       intollerabile mistero. Ripercorrere la strada che le ha portate
       nel cuore di un'umanità abitualmente distratta. E' stato un
       viaggio complicato nel tempo e nelle idee, perché l'arte
       fotografica ha ormai una lunga storia e molti autori se ne sono
       occupati quasi fin dalle origini, e sulla forza del web nel
      diffondere ogni tipo di contenuto sono stati già versati i classici
      fiumi di inchiostro. Le pagine che seguono sono il diario del
      mio viaggio: i tre capitoli raccontano la breve vita di Alan e la
      diffusione delle sue foto; il legame tra quest'ultime e l'intera,
      complessa storia del rapporto tra fotografia e rappresentazione
      della morte; infine un percorso nelle radici dell'immagine del
      bambino- vittima della storia della ( nostra ) cultura.
      E' un diario senza nessuna pretesa di esaustività, di profondità,
      di saggezza né tantomeno di conclusioni universali. Come ha
      scritto Pierluigi Cappello :" Il poeta non scrive della rosa ma
      di questa rosa, della sua sfumatura, della sua breve durata ".
      Lo stesso ho fatto io, senza essere un poeta. Incapace di
      risolvere questioni universali come il dolore del bambini, le
      responsabilità degli uomini, il ruolo della fotografia, la forza
      dei social media, mi sono concentrato su poche strazianti
      immagini. Nel farlo, ho cercato di tenere sempre in mente
      Alan. Se non ci sono riuscito chiedo scusa una volta di più a
      questo sfortunato bambino, figlio, nipote e fratello di tutti noi.
      (…)


Fausto  Colombo   da  Imago pietatis ( Indagine su fotografia e compassione )


                                   
 
 

 

domenica 24 marzo 2019

IL TEMPO DELL' ATTESA

 
 

                                          Aggrappati ai miei fianchi come a covoni maturi..


Toccami l'anima in questo tempo di fuoco e carne,
scopri gli angoli del mio corpo in una voglia che
cresce liquida, bagnata come una lacrima perduta.
Entra nella mia mente in silenzio e aprimi il cuore
scivolando dolce nei miei respiri.

Aggrappati ai miei fianchi come a covoni maturi
e méscolati al mio sangue, rosso rubino come
papavero d'estate, ribollente come mosto d'autunno.
Voglio sentirti tutto in me come alito tiepido
sugli occhi, mentre dentro ci esplode l'anima.



                            frida


sabato 23 marzo 2019

IL FUTURO DI MARK STRAND ( Presentazione )



(…) Nel grande paesaggio dell'immaginazione, il più kafkiano dei
       maestri americani si muove tra desiderio e disperazione,  tra
       possibilità che non possono che svanire e compiutezza
       assoluta,e lo fa  unendo alchemicamente allusività e precisione
       meticolosa, densità ed evanescenza. La sua scrittura si colloca
       in scenari struggenti di sconsolata felicità, presenze perdute,
       vita oltre la morte e morte in vita. In un'atmosfera
       eminentemente romantica, fatta di luce lunare, bruma, vento,
       notte, mari in burrasca e interni angusti e spogli, Strand ci fa
       assaporare " il miele dell'assenza", ci insegna che " fissare il
       nulla è imparare a memoria / quello in cui noi tutti verremo
       spazzati", dentro il futuro che " non è più quello di una volta ".
       (…)



                                      Enzo  Siciliano


IL FUTURO DI MARK ( STRAND ) 1

 
 

                      Di' loro che mi reggo su una gamba mentre l'altra sogna…


A VACANZA DAVVERO FINITA

Sarà strano
sapere infine che non si poteva andare avanti all'infinito,
con quella vocina a ripeterci sempre
nulla cambierà,

e ricordare anche,
perché allora sarà tutto finito, come stavano
e cose, e come abbiamo buttato via il tempo, come se
non ci fosse nulla da fare,

quando, in un lampo
il clima cambiò, e l'aria lieve si fece
d'una pesantezza insopportabile, il vento straordinariamente
taciturno
e le nostre città cenere,

e sapere pure
ciò che non avevamo mai sospettato, che era qualcosa come
l'estate
al massimo della magnificenza tranne che le notti erano più
calde
e le nubi parevano rilucere,

e perfino allora,
perché non saremo molto cambiati, chiederci
che ne sarà delle cose, e chi rimarrà a ripetere
tutto daccapo,

e in qualche modo cercare,
ma tuttora incapaci, di sapere cosa davvero
sia andato storto del tutto, o come mai
stiamo morendo.


                                               ***

RINUNCIARE A ME STESSO

Rinuncio ai miei occhi che sono uova di vetro.
Rinuncio alla mia lingua.
Rinuncio alla mia bocca che è il sogno perpetuo della mia lingua.
Rinuncio alla mia gola che è la custodia della mia voce.
Rinuncio al mio cuore che è una mela in fiamme.
Rinuncio ai miei polmoni che sono alberi ignari della luna.
Rinuncio al mio odore che è quello di una pietra che si muove sotto la pioggia.
Rinuncio alle mie mani che sono dieci desideri.
Rinuncio alle mie braccia che hanno voluto lasciarmi comunque.
Rinuncio alle mie gambe che solo di notte sono amanti.
Rinuncio alle mie natiche che sono le lune dell'infanzia.
Rinuncio al mio pene che in un sussurro incoraggia le mie cosce.
Rinuncio ai miei vestiti che sono mura agitate dal vento
e rinuncio al fantasma che le abita.
Rinuncio. Rinuncio.
E tu non ne avrai neanche un po' perché io sto già ricominciando da zero.


                                                ***

A QUESTO PUNTO

Abbiamo fatto quel che volevamo.
Abbiamo cestinato i sogni, privilegiato l'industria pesante
l'uno dell'altra, e abbiamo accolto il dolore a braccia aperte
e denominato rovina l'abitudine impossibile da spezzare.

E adesso eccoci qui.
La cena è in tavola ma non riusciamo a mangiare.
La carne resta lì nel lago bianco del piatto.
Il vino attende.

Arrivare a questo punto
ha i suoi vantaggi: nulla è promesso, nulla è sottratto.
Non abbiamo cuore né grazia salvifica,
non un posto dove andare, non un motivo per restare.


                                               ***

RESPIRO

Quando li vedi
di' loro che io ci sono ancora,
che mi reggo su una gamba mentre l'altra sogna,
che solo così si può fare,

che le bugie che dico a loro sono diverse
da quelle che dico a me stesso,
che con lo stare sia qui che oltre
mi sto facendo orizzonte,

che come il sole si leva e cala io so qual è il mio posto,
che è il respiro a salvarmi,
che persino le sillabe forzate del declino sono respiro,
che se il corpo è bara è anche madia di respiro,

che il respiro è uno specchio offuscato da parole,
che solo il respiro sopravvive al grido di aiuto
quando penetra l'orecchio dell'estraneo
e permane ben oltre la scomparsa della parola,

che il respiro è di nuovo all'inizio, che da esso
si stacca ogni resistenza, come il significato si stacca
dalla vita, o il buio si stacca dalla luce,
che il respiro è ciò che dò a loro quando mando saluti affettuosi.



         Mark  Strand  da    Il futuro non è più quello di una volta