lunedì 4 marzo 2019

OGNUNO E' UN' ISOLA

 
 

                                                       Poi, la nostra stagione ci vinse…


                                                          
LA MEMORIA


Ancora ti sorprendo e non so come
nella mia poca quiete, generata
dalla bassa marea, qui ricondotta
da questi anni di angustie.
                                   Dopo i gesti
abituali d'amore, l'espiazione del sonno
aspettavo. In un vuoto di memoria
fiorivano parole logorate dall'uso,
allora, e la mia mano
sopra la tua posavo: tu dormivi
sazia d'amore. Cara, il nostro darci
e prenderci è per noi l'ultimo danno,
volevo dirti. Poseremo il fianco
qui per l'ultima volta; lasceremo
questa riva e il suo mitico entroterra,
noi, gli umani. Altre parole
volevo dirti, non sapute, mai dette.
Nasceremo di nuovo? Conteremo
altre notti, una, due? Da lontano verrai
nella mia poca quiete, se il ritorno
mi sarà dato.
                                Come
non so dirti, ma l'ansia che il tuo viso
- dopo tanti anni - mi risveglia, nasce
ancora da un dolore non estraneo.
Prezioso.


                                                 ***


Mia ghiandaia felice, la memoria
- oggi - ancora una volta ti ritrova
- come sempre - in un'ansia eterna di partenza.

Rosca venne l'aurora
e cancellò le tenebre discrete,
luogo d'amore.

Senza voltarmi - ingrato -
come uccello di transito che il nido
d'una notte non cura, ti lasciavo.

Per troppa furia ti dimenticavo,
isola estrema, amore.
Ora per nuova furia ti ricordo.


                                                        ***


Poco a te la memoria si concede.
Quando i giorni piovosi
filano ansia e noia, tu ritorni.

Felice eri, devota  a un tuo sogno d'amore.

Primizia della vita
da me forse aspettavi
- e mi speravi, e io
quasi non ti sapevo fatta donna.

Io, cornacchia di mare, al mare attento
e ai suoi segni il tuo non riconobbi.


                                                       ***


Ti recai lo stupore d'un ritorno
tardivo, nel quale non credevi:
troppo lunga l'attesa. Da un paese
straniero recavo - straniero
io stesso, temesti -
nuove menzogne e lacrime .

Ma no, cara, sognavo
la quieta forma delle braccia
tue, la bianca tua mano. Se tessevo
anch'io tele d'inganni, se provavo
gli altri e me stesso al gioco multiforme
della vita, non era per capriccio.
Qui, amore, il rondone
volando addormentato sopra cumuli gonfi
di nuova pioggia, qui tornava: al nido
di primavera.

                            Poi la tua, la nostra
stagione ci vinse. Spendemmo
senza risparmio tutti i nostri giorni,
lieti di farlo, e fu dolce la notte
scivolare nel sonno come ladri
dopo il furto d'amore. Quanto tempo
ci fu negato ( e forse ci negammo ) ?
Di quanto ci restò non fummo avari.

Così l'amore, il nuovo, il ritrovato
nostro amore quietò le vecchie smanie
mie d'avventura. L' ordine,
la preziosa abitudine fu il vanto
della nostra vecchiaia, fu la gloria
che ancora posso offrirti,, oggi, domani.


                                                       ***


ILRITORNO

Lasciami qui, tra i vasi dei gerani e i viticci
selvatici, in questo mio chiuso
spazio, in balìa di qualche evento che dal mare
nasca, come la dea.

                               Lasciami qui. Qui, dove
quel poco o tanto che m'è rimasto,
lo spreco di giorni mal spesi, di notti
senza amore, il susseguirsi di stagioni è la spia,
la misura dell'ansia che mi divide e tiene.

Di' tu - se puoi - cose meno banali,
ma lasciami la quiete
dove smarrire i miei passati errori
e quest'inganno - l' ultimo.
                                     
                                       Stasera
il mare com'è calmo !



 
                       
                     Camillo  Fonte    da          L' isola


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