sabato 23 marzo 2019

IL SILENZIO DI DAVID 1

 
 
 
 
L' IMPOSSIBILE SILENZIO DELLA COMUNICAZIONE

(…) Il solo silenzio che la comunicazione conosca è quello del
       guasto, della défaillance della macchina, dell'arresto di
       trasmissione. E' cessazione della tecnicità più che emergenza
       di un'interiorità.Il silenzio diviene allora reperto archeologico,
       residuo non ancora assimilato. Anacronistico nella sua
      manifestazione, produce malessere e un immediato tentativo di
      arginamento, quasi fosse un intruso. Evidenzia gli sforzi ancora
      da compiere affinché l'uomo possa finalmente accedere allo
      stadio glorioso di " homo communicans ". Al tempo stesso, però
      il silenzio risuona come una nostalgia, fa appello al desiderio
      di un ascolto senza fretta del fruscìo del mondo. L'ubriacatura
      di parole rende invidiabile il riposo, il godimento di pensare -
      infine-a ciò che è accaduto e di parlarne concedendosi il tempo
      necessario nel ritmo di una conversazione che procede a passo
      tranquillo sostando - alla fine - nello sguardo dell'altro. E il
      desiderio, da rimosso che era, acquista allora un valore
      infinito. Alle volte, grande è la tentazione di opporre alla
     " comunicazione" profusa della modernità, indifferente al
      messaggio,la " catarsi del silenzio " ( Kierkegaard ), nell'attesa
      che sia pienamente restaurato il valore della parola.
      L'imperativo di comunicare, nel senso moderno del termine, è
      un atto di accusa nei confronti del silenzio, l'eliminazione di
      qualsiasi forma di interiorità. Non concede tempo alla
      riflessione perché pervaso da un'esigenza di reattività.Bisogna
      restare connessi, eternamente disponibili, in stato di allerta.
      Se il pensiero esige pazienza e riflessione, la comunicazione-
      invece - è sempre caratterizzata da velocità e utilitarismo.
      Trasforma l'individuo in interfaccia oppure lo priva degli
      attributi che non corrispondono - nell'immediato - alle sue
      esigenze. Nella comunicazione non c'è più posto per il silenzio:
      vige un obbligo di parola, di replica e di confessione, perché la
      comunicazione viene proposta come risoluzione di tutte le
      difficoltà personali o sociali. In questo contesto, l'unica pecca
      è comunicare "male"o, più riprovevole ancora, rimanere in
      silenzio. L'ideologia della comunicazione assimila il silenzio al
      vuoto, alla rovina, non riconoscendo che, talvolta, proprio la
      parola è la lacuna del silenzio. Più che il rumore, è il silenzio
      il nemico giurato dell' " homo communicans ", sua terra di
      missione.Presuppone infatti un'interiorità, una meditazione, un
      distanziamento dalla turbolenza delle cose, un'ontologia che 
      non ha il tempo di apparire, se non le si riserva attenzione.
      La parola che la moltitudine dei mezzi di comunicazione finge
      di liberare, diviene insignificante perché rimane sommersa
      nella profusione locutoria. Alla fine regna soltanto la
      malinconia del comunicante, sempre costretto a ripetere un
      messaggio inefficace nella speranza che susciti- prima o poi -
      qualche risonanza. Più la comunicazione si estende, più
     ingenera l'aspirazione a tacere - almeno per un istante - per
     poter sentire il fremito delle cose. La saturazione della parola
     produce la fascinazione del silenzio o, quanto meno, induce una
     prima presa di distanza da una comunicazione soverchiante e
     onnipervasiva.   (…)



 David  Le Breton  da   Sul silenzio ( Fuggire dal rumore del mondo )

       

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