mercoledì 6 marzo 2019

LETTERE DA UN MATRIMONIO ( Postfazione di Anna ) 3



Quando a Marzo tornai a Roma, con la Compagnia, andai a vivere in un vecchio appartamento che era stato di mia nonna. Un seminterrato dalle parti di Piazza Quadrata. Vedevo i piedi della gente che passava nella strada, annaffiavo le stente piantine protese verso la luce in un'aiuola lunga e stretta che correva intorno al muro, riempivo di rose gialle i vasi di quella buia e umida casa e mi sentivo viva, ricettiva, felice. Mai più ho amato una casa quanto quella povera cantina.
Dopo qualche tempo, B. e io ricominciammo a vederci ogni tanto. Andammo a cena fuori, lui venne a casa mia e io andavo a Via Fleming a trovare mia figlia e per dei periodi la tenni anche con me. Parlavamo pacatamente di tutto; un leggero imbarazzo vedeva le nostre parole, ma niente di più. Ricomparimmo perfino insieme in Via Veneto, fra i suoi amici. Nel Settembre del 1945, B. andò a Torino per operarsi della cisti di cui soffriva e la cosa non si poteva procrastinare. Io andai con lui, come per un tacito accordo. Stava benissimo, in realtà : gli esami clinici erano perfetti, ma il volume della cisti era molto aumentato e si temeva potesse alla fine premere sul cuore. Dogliotti, suo carissimo amico, gli consigliò espressamente l'intervento chirurgico.
Stemmo a Torino per qualche giorno, prima del suo ingresso nella Clinica Fornaca, per completare i vari esami. Vivevamo in albergo, andavamo al cinema, facevamo lunghe passeggiate al Valentino, mangiavamo al " Cavallino di bronzo", all'aperto, nel tiepido sole di quel mitissimo Settembre. Furono giorni molto calmi, assorti, dolci, sgombri di paure e di angoscia.
Un giorno andammo alla Clinica Fornaca per scegliere la camera dove doveva trascorrere la convalescenza: era la camera più bella, sulla piazza, con un grande balcone. Gli tappezzai le pareti di riproduzioni di quadri celebri, attaccandole con lo scotch. Poi uscimmo sul balcone. Nella piazza passava un tram. " Guarda - mi disse con gioia - è il numero 12! E' di buon augurio!". Guardai: sì, era il numero 12, ma purtroppo lessi anche la destinazione: CIMITERO. Lo feci rientrare in fretta e non saprò mai se anche lui se ne accorse. Il 25 Settembre lo operarono. Sul lettino che lo portava in sala operatoria, già un po' intontito dai sedativi, mi disse, con un sorriso dolcissimo: " Sta' tranquilla, non preoccuparti… " Furono le sue ultime parole.
Non rientrò più in quella camera. Rimanemmo io, mia madre, suo fratello Corrado e quelle riproduzioni alle pareti, grottesca carnevalata.


            Anna Proclemer   da     Lettere da un matrimonio


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