sabato 31 luglio 2021

POESIE DI INGEBORD

 


                                                          S' avanzano giorni più duri...




TUTTI I GIORNI

La guerra non viene più dichiarata,
ma proseguita. L'inaudito
è diventato quotidiano. L'eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
è trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi è la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.

Viene conferita
quando non accade più nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico è divenuto invisibile
e l'ombra d'eterno riarmo
ricopre il cielo.

Viene conferita
per la diserzione delle bandiere,
per il valore di fronte all'amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l'inosservanza
 di tutti gli ordini.


                                        ***

MESSAGGIO

Dall'atrio celeste, tepido di salme, spunta il sole.
Non gli immortali sono lassù,
bensì i caduti, apprendiamo.

E lo splendore non si cura della corruzione. La nostra
divinità, la Storia, ci ha riservato un sepolcro
da cui non vi è resurrezione.



                                           ***

NELLA BUFERA DI ROSE

Ovunque ci volgiamo nella bufera di rose,
la notte è illuminata di spine, e il rombo
del fogliame, così lieve poc'anzi tra i cespugli,
ora ci segue alle calcagna.


                                          ***

IL TEMPO DILAZIONATO

S'avanzano giorni più duri.
Il tempo dilazionato e revocabile
già appare all'orizzonte.
Presto dovrai allacciare le scarpe
e ricacciare i cani ai cascinali:
le viscere dei pesci nel vento
si sono fatte fredde.
Brucia a stento la luce dei lupini.
Lo sguardo tuo la nebbia esplora:
il tempo dilazionato e revocabile
già appare all'orizzonte.

Laggiù l'amata ti sprofonda nella sabbia,
che le sale ai capelli tesi al vento,
le tronca la parola,
le comanda di tacere,
la trova mortale
e proclive all'addio
dopo ogni amplesso.

Non ti guardare intorno.
Allacciati le scarpe.
Rimanda indietro i cani.
Getta in mare i pesci.
Spegni i lupini!

S'avanzano giorni più duri.


                                     ***

ESTRANEITA'

Negli alberi non posso più vedere alberi.
I rami non hanno le foglie, che offrono al vento.
I frutti sono dolci, ma senza amore.
Non riescono nemmeno a saziare.
Che avverrà mai?
Davanti ai miei occhi il mondo fugge,
davanti al mio orecchio gli uccelli serrano il becco,
per me nessun prato si fa giaciglio.
Sono sazia prima del tempo
eppure ho fame di esso.
Che avverrà mai?

Di notte sui monti arderanno i fuochi.
Devo dunque rimettermi in cammino, riaccostarmi a tutto?

In nessuna via riesco più a vere una via.




                      Ingebor  Bachmann   da      Poesie ( Trad. M.T. Mandalari )


AUTORITRATTI DI EGON ( Schiele )

 



AUTORITRATTO

Io sono per me e per quelli

ai quali la morbosa sitibonda smania d'essere liberi

tutto a mio avviso effonde,

e anche per tutti, perché tutti amo - anch'io.

Sono tra i distintissimi il più distinto -

e tra che rende, il massimo.

Sono umano, amo la morte e amo la vita.


                                             ***



AUTORITRATTO


Un perenne sognare

colmo d'un tracimare dolcissimo di vita

incessante, con paurosi dolori dentro l'anima.

Divampa, brucia, sviluppandosi a conflitto -

spasmo del cuore.

Ponderare - follemente vivo di voglia eccitata.

Insensato è il torrente del pensare,

impotente a porgere pensieri.

Parli la lingua del creatore ed offra!

Demoni ! rompete questa furia !

La vostra lingua - i vostri segni - il vostro potere.



                                        ***




SCHIZZO PER UN AUTORITRATTO


In me scorre antico sangue tedesco e spesso sento in me la natura degli avi. Pronipote del consigliere di giustizia Friedrich Karl Schiele, sono nato  il 12 giugno 1890 a Tulin sul Danubio, da padre viennese e madre di Krumau. Da paesaggi pianeggianti con viali primaverili e da furiose tempeste ho assorbito le impressioni dell'infanzia che si perpetuano nell'immaginario . In quei primi giorni era come se già sentissi o odorassi i fiori prodigiosi, i giardini muti, gli uccelli nei cui occhi lucenti mi vedevo rispecchiato in sfumature rosa. Spesso mi si inumidivano gli occhi all'arrivo dell'autunno. Quand'era primavera sognavo la musica universale della vita, poi mi rallegravo della splendida estate e ridevo, immaginando il bianco inverno nel suo pieno fulgore. Fino ad allora vissi felice, in una felicità mutevole, ora serena ora malinconica, poi iniziarono i giorni del dovere e le scuole senza vita. Giunsi in città sconfinate che sembravano morte e mi compiansi. In quel tempo assistetti alla morte di mio padre. I miei rozzi insegnanti mi furono sempre nemici. Loro - e gli altri - non mi capivano. Il senso più alto è quello della religione e dell'arte.La natura è funzione, ma Dio è là, e io lo sento intensamente, con la massima intensità. Credo che non esista un'arte " moderna", che non conosce interruzioni.



                                                  ***



AUTORITRATTO


Io sono ogni cosa allo stesso tempo, ma non farò mai ogni cosa nello stesso tempo.



                                                 ***



Io esisto per me e per coloro ai quali l'inestinguibile sete di libertà che ho in me dona tutto, ed esisto anche per tutti, perché amo - anch'io amo - tutti. Sono il più nobile tra gli spiriti nobili - e quello che più ricambia tra chi ricambia. Sono un essere umano, amo la morte e amo la vita.



                                              ***




Un eterno sognare colmo dei più dolci eccessi dell'esistenza - irrequieto - con travagli angosciosi, dentro, nell'anima. Divampa, brucia, si accresce dopo la lotta, spasimo del cuore. Ponderare - e la folle esuberanza con eccitato piacere -. Impotente è il rovello del pensiero, inutile giungere all'ispirazione. Parlo la lingua del creatore e offro. Demoni! Spezzate la violenza!

La vostra lingua - il vostro segno - il vostro potere.



                                                 ***




Lassù sulla terra che stormisce circondata da ampi boschi, cammina lentamente alto e bianco l'uomo entro un vapore azzurro sempre fiutando i bianchi venti del bosco. Attraverso la terra che sa di cantina e ride e piange.




                            Egon  Schiele   da      Io, eterno fanciullo  e Ritratto d'artista 



giovedì 29 luglio 2021

LA NORVEGIA DI OLAV HAUGE



 

                                             Cammina come un uccello su ghiaccio...




LA TUA STRADA


Nessuno ha segnato la strada

che tu devi percorrere

verso l'ignoto,

verso l'incerto.


Questa è la tua strada.

Solo tu 

puoi percorrerla. E non

puoi tornare indietro.


E non segni la strada

nemmeno tu.

E il vento cancella le tue impronte

sulla montagna deserta.



                                        ***


IN BARCA


Il mare rumoreggia nel buio.

Uscire in barca ora?

Impossibile.

Sì, proprio ora.

La notte si apre, fa spazio.

Il cielo alza un muro a Occidente.

La luna si mostra luminosa -

ora deve accadere.



                                            ***


CANTO, CAMMINA ADAGIO SUL MIO CUORE


Canto, cammina adagio sul mio cuore,

cammina adagio come erica sull'acquitrino,

come un uccello su ghiaccio vecchio di una notte.

Se spezzi la crosta del dolore,

annegherai, canto.



                                                 ***


LA FALCE


Sono tanto vecchio

da non lasciare la falce.

Canta sommessa nell'erba,

e i pensieri possono correre.

Non fa nemmeno male

- dice l'erba - cadere sotto la falce.



                                             ***


NON DARMI TUTTA LA VERITA'


Non darmi tutta la verità,

non darmi il mare per la mia sete,

non darmi il cielo, quando chiedo la luce,

dammi un riflesso, rugiada, pulviscolo,

come gli uccelli portano gocce d'acqua

e il vento un granello di sale.



                     Olav H. Hauge     Traduzione di  Fulvio Ferrari



MATTINO DI UN GIORNO D'ESTATE

 


                                                 La tue eterna estate non dovrà sfiorire...




XVIII


Dovrei paragonarti a un giorno d'estate?

Tu sei ben più raggiante e mite:

venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio

e il corso dell'estate ha vita troppo breve :

talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo

e spesso il suo volto d'oro si rabbuia

e ogni bello a volte da beltà si stacca

spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.

Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire

né perdere possesso del bello che tu hai;

né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,

perché al tempo contrasterai la tua eternità :

finché ci sarà un respiro od occhi per vedere

questi versi avranno luce e ti daranno vita.




                            William Shakespeare  da    I Sonetti



L' ORA DI FRANCESCA

 




                                                        Francesca  di Ezra Pound  






ERAT  HORA


" Grazie, qualunque cosa avvenga". E volta,

come su fiori penduli la luce

sfiorisce quando il vento li solleva,

se ne andava da me. Qualunque cosa

avvenga, un'ora fu piena di sole

e nulla un dio di meglio può vantare

d'avere atteso che quell'ora passi.




             Ezra  Pound   da   Personae, Opere scelte




mercoledì 28 luglio 2021

I CLAMORI DEL MONDO

 


                                                           Mondo, esisti buonamente...




AL MONDO


Mondo, sii, e buono;

esisti buonamente,

fa' che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,

ed ecco che io ribaltavo eludevo

e ogni inclusione era fattiva

non meno che ogni esclusione;

su bravo, esisti,

non accartocciarti in te stesso in me stesso.


Io pensavo che il mondo così concepito

con questo super- cadere super- morire


il mondo così fatturato

fosse soltanto un io male sbozzolato

fossi io indigesto male fantasticante

male fantasticato mal pagato

e non tu, bello, non tu " santo" e " santificato"

un po' più in là, da lato, da lato.


Fa' di ( ex - de - ob - etc ) - sistere

e oltre tutte le preposizioni note e ignote,

abbi qualche chance,

fa' buonamente un po':

il congegno abbia gioco.

Su, bello, su.



                                   Andrea Zanzotto    da     La beltà



IL LAVORO DA FARE PER BIAGIO

 


                              I grandi cambiamenti spesso sono solo cambi di indirizzo..




Calmati o il cuore ti scoppierà e non è metafora

poetica ma proprio sordo tonfo d'organo

risposta che travalica

domanda e nel vuoto degli occhi

si schianta

ora scrivi come hai sempre fatto

e non scherzare più col fuoco

della vita

o in una di queste mattine la piccola

storia sgangherata e per sempre

pronta a rimangiarsi il cielo

finirà tra lo strepito del condominio

non come si chiude un volo

ma come un colpo di tosse


calmati e scrivi : fallo anche ora

in mezzo ai capelli bianchi

fallo come quando eri ragazzo

col terrore negli occhi

fallo anche solo per non crepare

non si tratta più di conoscere

si tratta ora nel pericolo

grande solo di portare a casa

la pelle: non c'è niente in questo

di cui ti devi vergognare : è così

e basta.


e ora che la voce si alza riesci

perfino a vedere nella finestra

di fronte l'onda del mondo

che s'appiana in risacca di pietra

e metallo: senza prodigio non vai

da nessuna parte ché quello

che non ti fu dato all'inizio

non cesserà mai di mancare


e lo hai sempre saputo di andare

storto nel mondo come uno

che anche correndo lo fa

con una corda al collo : ora

non dare strappi : fa' colazione

fatti la barba siediti pure

ma fallo lentamente senza la stretta

non è colpa di nessuno se la voce

che ti dai è la sola che in piedi ti tiene.



                                             ***


ora ti tocca prendere

questo dolore rancido

e portartelo ovunque

con te: puzza, certo,

come ogni cosa che viva

è andata a male senza

per questo sparire

ma non hai scelta:

è roba umana comunque


pensa che ognuno c'ha

qualcosa nascosta

del genere da qualche parte

e come te è fresco

di scoperte o peggio

morirà senza averlo mai

saputo


e pensa anche che all'aria

il sapore rancido

si seccherà

e un bel giorno per via

farai finta che quella

muta non ti appartiene:

tirerai dritto

come se il verme

fosse di un altro


quello che ti tocca

ora

è tenerti una tristezza 

in più

come ad un certo punto

uno accetta gli anni

che ha

e si sente la faccia

più calda e pesante

come se appunto


fosse passato del tempo

a dispetto delle ridicole

mosse che faceva

per restare in quella buca

dove una volta

era caduto


ora lo sai che se non esci

è perché hai imparato 

a giocare

non importa con che

pur di restare:

hai fatto il morto

insomma

per non morire


e adesso che sei fuori

a metà

senti come normalmente

il mondo sia lontano

ed è giusto così:

ognuno parla davvero

se lo fa

dal chiodo

che un bel giorno

l'ha fissato 


altrimenti è tanto per fare

altrimenti è il solito teatro.



                                              ***


certo, noi fummo ragionevoli

e non insistemmo più di tanto

ci tenemmo per noi

con l'alibi dell'arte

quest'eccedenza

di psiche - provammo

terrorizzati ad esorcizzarla

facendone bieco

commercio -

ma quella folla è infinitamente

più grande di noi

e oggi

nel meriggio della vita

siamo costretti ad ascoltarla

perché il bene non di dà

come intenzione buona

ma come una pura

possibilità di questa sofferenza

e di questa

agnizione



da giovani si cerca fuori

e si convince

o costringe

il mondo a seguirci

questo ovviamente non è vero

ma per un po' ci crediamo

e in quel po' di tempo sembra

che le cose confermino

le nostre attese : un quartiere

diventa tutta una città

una città diventa tutto il paese

un paese diventa il mondo

ed era solo un'idea o una fantasia

cresciute a dismisura

dove di reale c'erano solo

le disfatte che avremmo poi dopo

inseguite come spie di nascoste

verità : solo

che le disfatte come le vittorie

non contavano molto che contava

solo il nostro sentirci vivi


e di ciò soprattutto facemmo

esperienza

ma una volta sicuri

della vita

cominciò a contare la direzione

( della nostra vita )

e quindi ricominciammo

dalla fine : cose

e spettri si equivalgono per la vita

della mente

e la vita di fuori

( quella che resta

sottratta allo sterminio

della storia )

è ridotta a ben poca cosa :


i grandi cambiamenti

sono spesso solo cambi di indirizzo

o di modi di vestire.




                       Biagio Cepollaro    da    Lavoro da fare



martedì 27 luglio 2021

L' INDEX VACUUS DI NANNI

 


                              Tenere ultima con sé quest'amicizia per onde senza mare...



" Ho sempre vissuto la poesia di Nanni Cagnone come un immenso lavoro di traghettamento dal silenzio alla parola. Ovviamente sarebbe troppo facile e profondamente ingiusto ritagliare il suo sforzo all'interno dell'asola pur prestigiosa dei poeti orfici. Ciò che lo distingue è l'aurea di un radicale dubbio rispetto a qualsiasi ottimismo riguardante l'estrazione del verbo dall'irrapresentato. Non c'è mai la gioia della conquista del ritratto, di sé o del senso, che accompagna la scrittura. Questa - anzi - è un atto sorvegliatissimo e di estrema deferenza. In Cagnone  la relazione parola / silenzio è biunivoca. Si può passare dal silenzio alla parola, ma anche viceversa, con un gesto di pacificazione e di definitiva delusione nei confronti dell' esprimibilità ".

                 L' errore di fiorire  -   Paolo  Aita





Giorni anneriti 

e segnature d'infanzia.

Infine, questa stanza

oscuramente formata,

e oscura.

Anzi che il libro intero,

la stanca esultanza

dei frammenti.


Sì - dormiente

di sonno leggero, nome

senza testimoni che,

nel gonfiore del presente,

nel mai superato prologo,

qui, a costruire rovine.



                                         ***


Quando i nomi

ci fanno divergenti,

nomi che irretiscono

anche i morti,

ricorda il consiglio

dei colori cangianti,

piccole febbri

di chiaroscuro

che non scalfivano,

a cui bastò la gloria

d'infanzie a bocca aperta,

e quel sonnolento

andarevenire

entro invincibili metafore,

chiuse al tempo,

senza rovine.



                                               ***


Investiture di stanchezza

- un altro privilegio

da non spartire - mentre

si chiude alla costa

una marea, e tu

- sgomento esempio -

pensi agli invisibili

( oh il lamentato spreco,

il lacero saluto ),

pensi con sforzo

all'utilità del vuoto.


Tenere ultima con sé

quest'amicizia

per onde senza mare.



                                    ***


Sta fermo al diverso,

mentre tutto trabocca

spezza l'orlo.

E nuvole senza seme,

offuscate come

l'amico dello sposo

le vorrebbe, il solitario

ricordare - come

si sta attenti, nel sonno,

screpolati illesi

nell'incompiuto

torbido grembo.



                                            ***


Fine del mutevole.

Roveti di fiori. Abbàssati

finché l'argilla manda odore.

Non resta che la terra,

il polveroso promemoria,

il gelo il calco l'arsura.

Fossimo tra i primi,

macchiati da spavento,

la sapremmo dura sindone

di un'insaziata parte

del cielo.



                Nanni Cagnone  da  Index vacuus  ( non ancora edito in Italia ). Tratto da Poesia Italiana, Collana Inediti - B. Cepollaro .


TIRESIA ( di Giuliano Mesa )

 


                                                                     Ti lascio qui.



" In Tiresia la voce narrante procede rimontando i frammenti di un quadro frantumato, le schegge di un dire che si fa sempre più estenuante " scàpito " di fronte al peggio. In un'agghiacciante via crucis fra le vergogne e le catastrofi che hanno segnato gli ultimi anni della nostra storia, le pupille di un esausto Tiresia, ridotto a puro bisbiglio metallico del dolore, divengono la crepa, il canale per giungere ad uno sbigottimento tragico della parola. Il testo parte dalla frana che travolse nel luglio 2020 una baraccopoli di Manila, e qui la poesia, stretta tra mani e fiati ingolfati nella melma, si traduce in " impasto di macerie", per poi fissare le vittime dell'incendio di una fabbrica di bambole di Bangkok, gli esperimenti nucleari sulla popolazione inconsapevole, ( il cosiddetto Manhattan Project partito negli anni Quaranta ), il traffico degli organi fra Brasile e U.S.A, per chiudere il percorso, quasi a cerchio, tornando ancora sotto la terra, nelle fosse comuni che soffocano e stringono al silenzio, alla cancellazione il discorso autoritario, spietato che attraversa la nostra storia. Celanianamente, Mesa in quest'opera fonde la lingua nell'impasto dei corpi delle vittime, oltre il silenzio della loro testimonianza troncata, sepolta, cercando nel sibilo inesauribile e impercettibile delle loro voci l'alfabeto tragico che alimenta la sua scrittura, che muove il suo controdiscorso "


                   Alessandro Baldacci   - Parola plurale






I

ORNITOMANZIA. LA DISCARICA . SITIO PANGAKO


vedi. vento col volo, dentro, delle folaghe.

vedi che vengono dal mare e non vi tornano,

che fanno stormo con gli storni neri, lungo il fiume.

guarda come si avventano sul cibo,

come lo sbranano,  sbranandosi,

piroettando in aria.

senti come gli stride il becco, gli speroni,

che gridano, artigliando, facendo scaravento, in muta,

ascoltando la lunga parata di conquista, il tanfo,

senti che vola su dalla discarica, l'alveo,

dove c'è il rigagnolo del fiume,

l'impasto di macerie,

dove c'è la casa dei dormienti.

che sognano di fare muta in ali

casa dei renitenti, repellenti,

ricovero al rigetto, nutrimento, a loro,

scaraventati lì chissà da dove,

nel letame, nel loro lete, lenti,

a fare nicchia della terra nuova,

 gomitoli di cenci, bipedi scarabei

che volano su in alto, a spicchi,

quando dall'alto arriva un'altra fame.


prova a guardare, prova a coprirti gli occhi.



                                  ***


II

PIROMANZIA . LE BAMBOLE DI BANGKOK


fumo. nugoli, sciami di gusci neri,

bruciano le mandorle degli occhi, le falene,

le dita piccole e incallite, le mani stanche, stanche.

bruciano, scarnite, a levigare guance,

i gusci gonfi delle palpebre

che si richiuderanno.

fumo portato via, che trascolora,

che porta via le guance, paffute, delle bambole,

le anche dondolanti, a fare il movimento di ripetere,

in altalena, in bilico di piede, che lenisce,

gioco che non finisce mai,

che non arriva mai,

tempo di ricordare, dopo,

di ritornare dove si era stati.

a fare il gioco del silenzio,

nel preparare doni, meraviglie, a milioni,

passate per le mani una ad una,

per farli scintillare, gli occhi stanchi,

tenerli aperti, sempre,

e quando arriva il fuoco, che sfavilla,

ecco, giocare a correr via,

gridando, ad occhi chiusi.


tu, se sai dire, dillo, dillo a qualcuno.



                                       ***


IV ONIROMANZIA


concave, ad accogliere, acqua di pioggia,

fitta, scura di polvere, e piume, albume,

lucidi, quei filamenti rossi, luci che sono lampi,

fanno tremare forte, l'acqua, nelle conche,

che sono mani semichiuse, 

sono molluschi, muschio,

resina che brilla lucida,

dura, chiudendo le fessure.

sai. c'è solo il cavo, l'incavo, la conca.

non hai scavato tu, con le tue mani,

che tremolano morbide nel sonno, pingui,

né lui, da cui ricevi luce, e tu non sai 

con quali arnesi, docili,

si fa la chirurgia.

con le sue tibie piccole, a condurmi,

titubante, che sento l'odore del tramonto,

le luci che si addensano, s'incrostano,

la stessa resina che cuoce nel tuo sonno,

gli stessi grumi che si ghiacciano,

dopo i rasoi, i forcipi, quel lento lampo,

scuro, che lo inscuriva, muto,

immobile, portandolo con sé.


la luce, questa luce, non sarà mai la tua.



                                    ***


EPILOGO


ti lascio qui

con queste nubi cariche di pioggia

striate da un bagliore

che ti risveglierà, anche domani,

quando avrai più ricordi

da pensare.


vado

nella penombra che rimane,

dove ritorno, adesso,

adesso che potrà ricominciare,

che potrei,

adesso c'è soltanto il desiderio:

lasciare, lasciare intatto

questo momento prima del dolore,

quando il dolore

è diventato nenia di conforto

e poi silenzio,

questo silenzio che sentiamo insieme,

adesso - è adesso che sappiamo,

in questo momento che divide


ti lascio qui.




                            Giuliano Mesa   da      Tiresia



lunedì 26 luglio 2021

LA TERRA ORIGINALE DI ELEONORA

 



                                La sola impronta commestibile, indelebile era la tua...



" La qualità che più sorprende in Eleonora Rimolo è la fermezza della tessitura stilistica : la precisione del suo andare a capo, l'equilibrio finissimo delle soluzioni metrico - sintattiche. Ogni sequenza, nella densa brevità del suo procedere, si risolve in un unico strutturatissimo movimento, in cui brevi sintagmi si annodano entro una trama di riprese e di variazioni per via di scarti, scatti improvvisi, ricongiungimenti. La sensazione è che ogni incipit richieda una sua conclusione imminente, necessaria, febbrilmente invocata fin dal suo porsi, ma anche che ogni conclusione ingiunga con altrettanta urgenza un nuovo incominciamento..."  ( Dalla Prefazione di  Giancarlo  Pontiggia  )






Sono cresciuti insieme a te i miei capelli,

io meno. Ancora sono tentata dallo svanire

se ogni giorno scavo un lembo di pensiero

e mi riduco a un liquido vischioso, irriflessivo,

che non lascio bere a nessuno. Potremmo

davvero esserci tutti senza nient'altro

- solo nutrirsi ogni tanto - umane necessità.

Cosa riempirebbe allora le coscienze,

quale commento, quante penose idee.



                                              ***


Come scende la vita queste scale

come si sottrae all'incontro, come

affonda dentro la ferita cava, pulsante

quando terminato il giorno guaisce

il cane disperato col seme in eccesso.

Vorrei che fossi tu, vorrei

che nulla restasse inviolato,

bere quanto trabocca, e infine


ubriachi, prossimi alla partenza

con le code che salutano e le lingue

asciutte, noi educati viaggiatori noi

bestie turbate, incontaminate.



                                            ***


Era reale sovrapporre l'andata al ritorno,

cambiare loro il nome, mutarne l'emozione

in cosa nuova, una barricata tenuta alta

dalle piccole povere mancanze

che non so evitare. Mi muovo assistendo

ad uno spettacolo che mi inquieta,

saturo tessuti troppo tesi per non lacerarsi :

lo faccio per capire se davvero

un momento è uguale a un altro, se

si può uscire dal guscio molle dei mesi,

masticandolo fino a saziarsi. Intanto

ti guardo fare gesti banali, rincorrere

la gioia, carezzare la bellezza, inchinarti

al suo idolo sfuggente : non so decidere

un amore, un dolore a te destinato :io

cerco solo una recinzione, un pascolo

sterminato, un istante terminale in cui

capire tutto prima di sparire.



                                                ***


Quando avremo terminato di contare

le partenze saremo come formiche

in processione, così superbe piccole

da una tana all'altra continuamente in esilio :

da qui ti scriverò un milione di lettere,

chiederò cosa portarti per farti contento,

perché sul tuo grembo mi spoglio

sognando l'infanzia, riallaccio la vena

fermandone ai tralci il sostegno,

ne impedisco l'uscita dal suo stato di grazia.



                                         ***


Possiamo ancora scegliere come invecchiare,

non c'è motivo di pensare ad altro : dove essere

quando il cielo si farà nero, con quale spugna

sfregarci le cosce, con quale punteruolo

profanare la ferita. Allora saprò dirti quanto

bene ho avuto per te, anima incredibile, per cui

ho lasciato sul tavolo le carte schiantando

la sedia, rinunciando all'inganno del gioco.



                                        ***


Coi muscoli rotti dall'umido passo

trasciniamo le settimane, pronunciamo

distintamente tre parole sole. Essere

stanco significa soffocare dentro a un letto,

spendere meno sangue possibile per non

replicare il dolore: in questo modo

non ricrescono le voglie, si eradicano

tutti i contagi e in me non resta

che il deserto asettico dove ci siamo

contaminati, in cui siamo stati lasciati.



                                               ***


Ormai non interessa più a nessuno

questa commedia, la ripetizione

dei singhiozzi, la filastrocca noiosa,

lo spreco di immagini, cibo, acqua :

non fa differenza mettere all'angolo

il nemico oppure salvarlo.


Ogni nostro gesto è messaggio

rigato sul vetro, corrotto.



                                         ***


Perdonami, sai com'è vivere quando

ti lanciano addosso le cose, una sola

adiacenza pagata, con questo spasmo sintetico

assorbito da carta che si scioglie,

che si mangia, che si digerisce come

un frutto appena colto nella nebbia

di un giardino


tu quale scegli


io sono preda dell'interruzione, per me

impiccata al ramo orientale sorretta

la sola impronta indelebile

commestibile era la tua.




                         Eleonora  Rimolo   da    La terra originale



NELL'ANTRO DEL MISANTROPO



                                        Ci vuole immaginazione per credere nelle rose...




I CIECHI CONOSCONO I CIELI


I ciechi conoscono i cieli

e spesso hanno  un loro concetto

degli arcobaleni.

Più di tutto sono esperti di spazi immensi

e di giorno vanno di notte nei deserti.


Ci vuole immaginazione

per credere nelle rose

ci vuole un bel po' d'esperienza

per setacciare la realtà dall'apparenza.


A volte un cieco giovane

ritorna un cieco vecchio

ma ho visto ciechi che hanno visto ciechi

che hanno visto ciechi

che hanno visto se stessi allo specchio.



                                            ***


MI SONO AFFACCIATO ALLO SPECCHIO DI UN ALTRO


Mi sono affacciato allo specchio di un altro

dev'essere un tipo sveglio

un uomo scaltro

capace di nascondere le ombre

lo sguardo impenetrabile a ogni emozione

assente impermeabile neutrale.

Eppure so che dentro

gli stanno sgozzando un maiale.



                                        ***


OGGI HO PIANTATO UN SASSO


Oggi ho piantato un sasso

innaffiandolo e parlandogli

dandogli semi e cercando

il terreno adatto.

Il mio sogno è che cresca come

un Partenone.

Oggi ho piantato in asso

un fiore per un sasso.



                                        ***


HO FATTO TESTAMENTO IN MIO FAVORE


Sono a centoventi testamenti

ammetto che amo lasciarmi

oggetti sempre più importanti.

La cosa più bella è toglierli agli altri.

Quando il notaio leggerà

le mie ultime volontà

vorrei che ci fossero presenti

parenti amici e conoscenti

e a ognuno di loro lasciare

il niente che mi accingo a diventare.



                                             ***


STO DIVENTANDO ME STESSO


Sto diventando me stesso

non ho bisogno di uno specchio per saperlo

sta accadendo proprio adesso

e non c'entra come mi sento.

Tra poco sarò un sasso

immobile e incapace

di fare un solo passo.

Non mi aspettare più in là

o domani

non dirmi di stringere

o aprire la mano

o stropicciare gli occhi

davanti al mare immenso

perché sto diventando me stesso.




                         Simone Consorti  da   Nell'antro del misantropo



domenica 25 luglio 2021

IL VIAGGIO DI LUCIO ( e di Elio )

 




                                                Sì, viaggiare, evitando le buche più dure...




IL VIAGGIO


E' un viaggio andarsene lungo le spiagge

strette dal sonno

coi piedi nudi che incespicano, sotto muraglie

di un tempo che non si misura.


Cerco un altrove dove incontrare folle

randagie di ignoti e, nella folla, volti

da tanto perduti:

in quale gesto fermarli, per quale parola?


Pure nel cuore batte ancora l'attesa.


E case d'ombra e stanze mai abitate

e mutazioni improvvise e tetre minacce,

sordi silenzi gridano un nome, che nome?

Forse un altrove, ma troppo simile al giorno :


a quell'andare stretto, abusato, inconcluso.




                     Elio Pecora  da    Forse un altrove. Ipotesi di viaggio dentro la poesia



RIFRAZIONI - PER ELIO

 


                                 Ci sono stati giorni in cui la gioia era un vento fresco, lieve...




Ci sono stati giorni

in cui forse la gioia

non era più di uno stordimento,

un vento fresco, lieve,

niente altro chiamava, valeva,

solo quel vento.



                                      ***


Sceglie le parole come un tubero o un seme da interrare

e sa che da questi verrà fuori un frutto, un fiore,

una foglia minuscola. Sa pure

che la parola non è più di un cenno, un avvio

per un altrove nemmeno ancora intravisto.



                                          ***


Un altro tempo corre in questo tempo

che contiamo a minuti :

è l'ansa dove il sogno della mente

non conosce durata,

la parola che tenta se stessa

esatta, svelata.



                                             ***


Tutti qui i paradisi e gli inferni, così da non avere più

ascendere o discendere. Di quel che chiamiamo

" felicità frammentaria" godiamo ignari - sempre

perdura nel desiderio. Nella parte infernale

mai beghe di diavoli o gironi roventi,

solo ansia e sconforto, " dolore frammentario".



                                          ***


" C'è stato un tempo in cui sono stato felice"

si dice l'uomo che non riesce a dormire,

ma cerca invano nella memoria confusa

anche una sola scaglia di luce;

eppure sa che gli è toccato quel bene

se ne conserva ancora il forte richiamo.


Di quali ragioni s'intesse il desiderio

se di continuo si mostra a dismisura !



                                  Elio Pecora     da   Rifrazioni