(...) Queste sepolture indicano infatti con certezza l'esistenza di una primordiale attività ideativa e culturale già impostata sulla negazione della morte. I cadaveri sono in esse deposti in una posizione già ritualizzata ( rannicchiati su un fianco ) di cui è stata data una duplice interpretazione : secondo alcuni ricercatori questa postura veniva usata perché consentiva più agevolmente di legare le mani e i piedi del defunto ( come verrà fatto in successive culture preistoriche e storiche ); secondo altri perché essa bene simboleggiava la rinascita del morto nel grembo della madre terra. Quale che sia l'interpretazione giusta, è evidente che in entrambi i casi siamo già in presenza di una elaborazione mitico - fantastica della negazione della morte, insomma di una credenza precisa della continuazione della vita oltre la morte. Inoltre, accanto ai cadaveri sono state trovate tracce di cibo fossilizzato e armi da caccia. Ancora una volta si tratta di un'elaborazione della bramata continuazione della vita oltre la morte: il defunto, come avverrà del resto in tante altre sepolture delle civiltà storiche, veniva fornito dei mezzi alimentari e difensivi necessari per assicurarsi un'esistenza prospera nell'aldilà.
Se si tiene presente che le sepolture neandertaliane sono attribuite a un'epoca compresa tra i 100.000 e i 40.000 anni a,C. e che esse sono di varie decine di migliaia più antiche delle più antiche pitture rupestri del paleolitico medio ( databili dai 28.000 ai 13.000 anni a. C. ) , mi sembra incontestabile che i primi documenti di attività culturale umana finora conosciuti sono chiare testimonianze di una negazione mitico- fantastica della morte, cioè di una difesa psichica contro lo shock esistenziale e l'angoscia di morte, che accompagnerà costantemente l'evoluzione e la storia umana a tutte le latitudini e in tutti i tempi, determinandone in larga misura le vicende. (...)
Luigi De Marchi da Lo shock primario ( scimmietta, ti amo ! )
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