giovedì 22 luglio 2021

KRANKENHAUS


 


                             Non so darti una lezione su come si soffre garbatamente...




Il dolore della mente è tale che mai lo si nomina in modo diretto; amplifica la presenza, il peso della sua indicibilità, la sosta dell' Io in una zona d'attesa o anticamera ospedaliera dei sentimenti del tutto o parzialmente inespressi, mentre si attende il responso di guarigione di un " tu" familiare ( di cui si paventa la perdita ) e dell' Io che ne scrive. Ma il dolore interiorizzato, imploso, opprime e incombe alla stregua di una notte senza soluzione di continuità. Versi ruvidi, talora sconfinanti in un duro disincanto, talora in dichiarazioni di inadeguatezza, disagio, straniamento.





Non so darti lezioni su come si soffre

garbatamente sul filo del mondo,

questa è roba da equilibristi,

barcollo da sempre. Cosa posso offrirti?



                                         ***


L'ospedale è elastico,

a prova di immaginazione,

supporta insanie,

applica suture,

satura i colori, il tempo.



                                                ***


Ogni giorno siamo sempre più creativi

nell'inventarci miracoli, nel trovare scuse

per tirare avanti, nel fingerci interi.



                                                 ***


Non sono capace di devozione.

Se vuoi - però - so trovarti

i difetti migliori, quei pregi

presentabili che non destano invidia.



                                                 ***


I ricordi non hanno sangue,

muscoli, odore. Non puoi stringerli,

succhiarli, sono coperte fatte di niente.



                                        ***


LUCE


Non c'è una sua versione

in polvere o in pillole,

ma se tocchi i bordi del letto

puoi sentirne il labile segno tattile.



                                             ***


La malattia ti ha reso gentile,

fai il galantuomo con le infermiere,

vorresti mettere la firma;

il foglio non si trova.



                                           ***


La notte è davanti

e alle spalle

sempre

in agguato.

Non puoi grattarla via,

a ottant'anni dovresti saperlo.



                                           ***


Ricordo il bianco dei locali,

l'odore infetto dei disinfettanti,

la Madonnina e al suo fianco una rosa.

Ricordo il disgusto, il frutto offerto

che non ho raccolto.




                  Luigi  Carotenuto   da    Krankenhaus




4 commenti:

  1. Tra le voci nuove, sicuramente una delle più intense (l'argomento, è vero, si presta...) e nondimeno controllatissima. Grazie.

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  2. Mi piace molto lo stile scarno e asciutto di questo autore e il modo sobrio di trattare un argomento che tutti ( chi più chi meno ) abbiamo ( purtroppo ) avuto modo di sperimentare nella sua drammaticità...
    Riferisco una nota particolare: il poeta si trovava in un locale pubblico nei pressi dell'ospedale dove era ricoverato il padre per una frattura al femore; avendo saputo che " ospedale" in tedesco si dice " krankenhaus ", trovò che il vocabolo fosse quasi onomatopeico ( krank... dà appunto l'idea del rumore di ossa che si rompono ), e tanto gli piacque che decise di intitolare in questo modo la raccolta poetica sull'argomento ( e ben fece... secondo me...).

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  3. Questi versi mi confermano nell'idea che l'arte migliore è quella ottenuta per sottrazione, cioè per scelte stilistiche che, fra tutte le possibilità, ne escludano la maggior parte. Per lasciarne poche, chiare e bene in evidenza.

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  4. Messaggio un po' cifrato, ma intuibile ( sarebbe necessario un discorso molto più lungo e circostanziato se volessimo entrare nel dettaglio, ma temo che il risultato diventi poi solo per " addetti ai lavori..." ).

    Grazie per il passaggio e per il contributo .

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