(...) Queste parole di Gesù, riportate nel Vangelo di Matteo, avrebbe potuto dirle anche il Buddha o un monaco buddhista? Sì e no. Sì, perché tanto Gesù quanto il Buddha conoscono la sofferenza di tutti coloro che sono " affaticati e oppressi". Irrompono entrambi sulla scena del mondo quali maestri capaci di dare finalmente riposo. E tutti e due insegnano con umiltà di cuore, con spirito di mansuetudine e di dolcezza. Ma anche no : queste parole di Gesù non potrebbero risuonare sulla via di Dhamma perché il cuore del Buddha è talmente pervaso di lievità, da rivelarsi un cuore vuoto. Vuoto non certo in quanto chiuso, insensibile e freddo, ma tutto all'opposto nel senso di cuore ospitale, aperto e pronto a recepire ogni minimo evento di questo mondo, ogni minimo sospiro di dolore. Cuore compassionevole, equanime e benevolo, disponibile a comprendere il grande o il piccolo turbamento altrui, per lasciarsi attraversare da tale turbamento e poi però lasciarlo evaporare via, senza che alcuna traccia vi si deponga. Cuore arioso e vuoto, incline ad accogliere ogni lamento senza però lasciarsene turbare perché nulla - in un simile cuore - si sedimenta mai. Cuore sorridente di infinita dolcezza verso tutti, ma vuoto perché tale dolcezza è rivolta in modo equanime verso tutti e verso nessuno in particolare. Cuore buono, ma vuoto in quanto cuore senza preferenze, senza legami verso quella data persona o quella particolare cosa. Cuore contento, momento dopo momento, di trovarsi in un certo luogo, ma vuoto, perché sempre pronto a riprendere il cammino quando occorre, indifferente a nostalgie e rimpianti. Cuore amorevole verso tutti, ma vuoto perché mai " perdutamente innamorato" di qualcuno in particolare, al punto da dire : " Tu, solo tu, sei il mio grande amore ". (...)
Giampiero Comolli da La malinconia meravigliosa ( I discorsi del Buddha e di Gesù )
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