" In altri casi, l'azione violenta può essere un modo di rompere i legami che l'adolescente sente come insufficienti, un modo paradossale per uscire dall'impasse del rapporto con l'Altro vissuto come mancante o carente, o peggio, come impostore, rompendo ogni ancoraggio. Ancora, l'azione violenta può essere un modo per cercare di trattare, limitare, circoscrivere un'angoscia debordante o invasiva, che in tal modo viene localizzata ( per esempio attraverso agiti contro il proprio corpo, o azioni distruttive ) e che produce - come molti ragazzi testimoniano - un effetto di sollievo. Infine - ma l'elenco non è esaustivo - la violenza è soddisfazione " diretta" della pulsione di morte: il bambino o il ragazzo violento trova una soddisfazione nell'atto stesso di distruggere. Ricordiamo che Freud aveva messo in rilievo nella sua opera che in certe condizioni " straordinarie", come quella della guerra, gli uomini potevano lasciarsi andare ad atti di crudeltà e brutalità incompatibili con la loro morale in situazioni " normali". Aveva attribuito questo scatenamento al venir meno della funzione regolatrice operata dalla cultura e dalla tradizione: cioè dagli ideali. Aveva anche messo in rilievo come la libido, cioè la funzione del desiderio, potesse fare ostacolo alla forza oscura del godimento che la guerra può scatenare".
Paola Bolgiani da Adoviolenza ( La psicoanalisi e la violenza degli adolescenti )
* Il testo è stato prodotto ad opera di GRiM ( Gruppo di ricerca minori )
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