Voleva portare l'amore nel mondo…
(…) Non c'è viaggio senza un distacco: senza un partire, senza una
rottura. E l'arrivare, nel viaggio, non è altrettanto importante.
In ogni caso, se non si esce, non si ritorna, se non si parte non
si arriva. Staccarsi, distaccarsi, è il momento decisivo del
viaggio.
Partire, uscire, interrompere, spezzare. Liberarsi di una
monotonia, di una ripetizione, di una costrizione. Liberarsi,
liberare. L'altro nome del viaggio è la libertà. Una libertà di
interrompere, di rompere. Libertà del no, che è anche libertà
per un sì. Ogni viaggio è un dire di noi per dire di sì. No e sì
che si abbracciano, contestuali e indivisibili. Nessuna libertà
per qualcosa, per un progetto, può mai sorgere senza il
coraggio di un no ; un coraggio iniziale, e ripetuto. Nel
coraggio di un no non abita solo la rottura o la fuga,vi è anche
l'intuizione - per quanto confusa e vaga possa essere - di una
direzione, di un progetto, qualsiasi cosa ne pensino coloro che
con grande saggezza mettono sempre sull'avviso: " Non si
lascia la strada nuova per la vecchia senza sapere dove porta;
non si può soltanto criticare ".
La saggezza comune mette in guardia perché nel viaggio ci si
può perdere: si può partire senza tornare più. La rottura e il
pericolo sono intrinseci al viaggio, il rischio, ancora, da cui
proviene il suo indescrivibile fascino: voglia di lasciarsi tutto
alle spalle ( anche se solo per un po' e con qualche illusione );
di essere " liberi ".
Nel partire, nella rottura, c'è una libertà : la libertà dalla
propria ( presunta ) identità; la libertà per la ricerca di un'
identità, la libertà per la ricerca di un'alterità. Viaggiando si
interrompe la costante messa in ordine del mondo, la ripetuta
ricerca delle definizioni; una libertà di sperimentare allora
qualcosa di diverso, di nuovo rispetto allo sforzo quotidiano di
catalogare, di trovare : una libertà - in definitiva - di farsi
trovare. (…)
Franco Riva da Filosofia del viaggio
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