domenica 21 luglio 2019

L'ANIMALE CHE MI PORTO DENTRO 4



(…) Ho cominciato questo libro raccontando il momento in cui si è
       rivelato dentro di me il dolore d'amore, così come Salgari
       comincia la saga di Sandokan nel momento in cui lui sente dire
       che nelle isole vicine c'è una giovane chiamata la Perla di
       Labuan. Ma prima, sotto, dormiente, sordo,c'è l'animale:in me,
       in Sandokan e in qualsiasi maschio esistito al mondo.
       Quasi sempre i maschi, per giustificare la loro brutalità, il loro
       cinismo e le loro menzogne, dicono che hanno sofferto tanto.
       Quasi tutto l'armamentario maschile giustificatorio è basato
       sulla sofferenza. Ma il dolore non giustifica: può rendere
       comprensibile una certa dose di violenza cinica; allo stesso
       tempo è vero anche il contrario, cioè che il dolore diventa la
       giustificazione per comportarsi in qualsiasi modo. Questo libro
       comincia con una ragazzina della seconda media che mi lascia
       e io che sto tutta la mattina a piangere- è come se dicessi: tutto
       nasce da un dolore e allora dovete essere comprensivi, e allora
       posso liberare la potenza onnivora,sono autorizzato a imporre,
       urlare, insultare, picchiare, tradire, sputare, scopare.
       Quando la frustrazione viene fuori e diventa terribile,
       soprattutto se si è sofferto molto per amore, se si è stati
       ingannati, il problema sono le conseguenze. Come è possibile
       che si arrivi a dire: ho sofferto, perciò faccio soffrire?
       La reazione alla debolezza è una forza spropositata e usata
       male. Ma c'è di più: il dolore non fa solo da giustificatore, ma
       da motore propulsore per il maschio.
       La frustrazione e il dolore non sono - come appaiono , o come
       si è tentato di dire - una giustificazione della bestialità. Sono,
       più precisamente e più sinceramente, il mezzo che trova la
       brutalità per palesarsi in modo più esplosivo e senza sensi di
       colpa, perché si dice a se stessi e agli altri: posso farlo, ho
       sofferto. E non si comprende che non è esattamente così, che
       non si ha il controllo su questo. Ma è l'animale che ha cercato
       delle aperture nei punti deboli, ha costruito la sua voglia di
       esplodere approfittando di tutte le fragilità, aizzando,
       ragionando per ottenere la possibilità autorizzata di scatenarsi
       (…)



              Francesco  Piccolo   da    L'animale che mi porto dentro



2 commenti:

  1. In effetti siamo proprio bravissimi a trovare scuse zoppe e monche wuando è il momento di essere non più uomini, ma solo dei maschi. Maschi in gruppo, poi...

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  2. Il fatto è che maschi si nasce… uomini si diventa… ( volendo! ) con tutto quello che ne consegue.

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