martedì 24 agosto 2021

IL GRIDO DI GIOBBE 2


(...) La scena che domina il Libro di Giobbe è allora quella di un abbandono: l'uomo retto e giusto, timorato di Dio, viene lasciato cadere, rotola nella " polvere e nella cenere", il suo corpo viene ricoperto di piaghe. La notte di Giobbe assomiglia a quella di Gesù nell' Orto del Getsemani: il padre non si cura del figlio, non lo tutela, lo lascia nella solitudine più assoluta; il silenzio di Dio appare scandaloso di fronte al dolore dell'uomo. Ma costretto a questa solitudine e a questo silenzio, Giobbe non cessa di rivolgersi a Dio. La sua deve insiste nella forma acuta del grido: " Perché ? " Perché la legge di Dio non sanziona il malvagio e azzanna l'innocente? Il dolore di Giobbe non può essere ricondotto all'ordine del senso perché nessuna teologia è in grado di spiegarne l'eccesso. Il grido di Giove accade laddove le parole della teologia sono costrette al silenzio, dove ogni forma di sapere deve rivelare i propri limiti. L'uomo non è padrone del dolore come non è padrone della propria morte. Giobbe però, diversamente dall'uomo greco, non si limita a costatare l'assurdità del dolore, la sua originaria insensatezza e crudeltà, ma insiste nel rivolgersi a Dio, esige di incontrarlo " faccia a faccia", di vederlo in persona. E' per questo suo carattere radicale che la domanda di Giobbe mette sottosopra la Legge di Dio. Il Dio della  Legge di cui Mosè canta le lodi e il rigore nel Deuteronomio mostra un altro volto, quello inquietante di un nemico irriducibile all'uomo. Mentre il Dio di Mosè è il Dio del patto, quello di Giobbe è il Dio della potenza che infrange il patto. Di fronte al destino che si accanisce contro la sua vita, egli non sceglie però la via del sacrificio rassegnato di se stesso, quanto quella del grido. Egli desidera incontrare Dio che ha rotto il patto per chiedere le ragioni di questa disdetta drammatica. Ma quando finalmente, al termine del Libro, avviene l'incontro con Dio in persona, Giobbe si trova di fronte alla dismisura della creazione. La potenza di Dio non è la potenza del male, ma quella ontologica della creazione. Egli deve così rettificare la sua posizione, convertendosi a una nuova versione della fede. (...)



                     Massimo Recalcati  da    Il grido di Giobbe



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