Io l'attendevo la pioggia, purché facesse
da sé tutto il nero scompiglio
di cielo severo, pomeriggio inflessibile
lucido viscerale e disperato,
per i fondi bucati nelle giacche,
gli aggettivi, eccetera,
ossa che avevano gettato la spugna.
***
A strappare l'erba nuova
ci andavano i bambini
il pomeriggio, con l'unica voce
d'abisso, ferita aperta
senz'ombra di un fondo.
***
Io avrei voluto essere e non ero
ancora, le ombre fuggevoli
zigzagavano tra le rocce; era
la collina ad aspettare : lontana
come un ricordo, una bestemmia
alla notte, presso le sponde del fiume.
***
Passo dopo passo l'interesse
ricade a foglia sui piedi in sequenza
volevo ascoltarti ancora non perdermi
nella distanza costante che assillava
come un dono del tempo, della notte strepitosa
di stelle e di blu, e ci spazzava via
come polvere da un libro oltre il nostro oltre.
***
Non ci fu rito in quest'assenza
che affama di nulla polverizzato
addosso e fa il male di un'arma
un dolore indifferenziabile, non
ecologico, persino i passi sono
un soffio di niente che la bussola
non saprebbe orientare.
Martina Campi da Quasi radiante
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