Quanto ancora sul tasto ribattendo Sokolov...
Domandarsi, così, a tempo perso, cosa tu faccia.
Dentro gli occhi il ricordo scaleno della tua faccia.
***
A quanti lutti, sempre a qualche lutto
dovrò rifarmi per immaginarmi
di un certo peso, in qualche modo arreso
alla coscienza, anch'io coinvolto in quanto
intanto andava, proseguiva, andava,
mi sterminava intanto.
***
Che lenti accoppiamenti. ( Delle mosche . Per aria )
E parità, virtù, sinonimia.
O casta vita che con me - ma basta.
( Per stare in agio dentro il tuo deserto
ho preso una camicia color sabbia ).
***
Le case crolleranno, si è dimezzato
nel bianco l'Oltrarno e in sovrapposte
immagini trascorre per la brina
la figura. Non avendo mercato
da comprarvi o da spendervi lo stipendio di grazia
me lo tengo per me, mi ci trastullo in cadavere:
fioccano i tuoi bei dentini da tutte le parti,
lo scrigno di Ligeia si è aperto e non posso
con l'icona di quella martoriata
bocca sdarmi nel sangue della neve.
( E quanto dura la neve, quanto dura Pistoia,
quanto ancora sul tasto ribattendo Sokolov
porterà la memoria di te a sognarsi ancora non nata.
Dentro la vita morbida ci si gettava il seme
del futuro, ma nulla funzionava. Nell'atteso
meccanismo inceppavano gli umori finali.
Quando hanno detto nevica ho guardato la neve
e con la mano affondavi nel linimento del bianco, ti ho
gettato una corda di parolette sottili, ma l'ho
mancata di poco la tua mano vermiglia, la
tensione cresceva, ti si spaccavano i pori.
Ma le città quanto durano, quanto
dura il nevaio, dalla finestra lo vedo
e mi ripete che è morto, che non si
sveglia la crepa, che qui
nessuno ti sgela ).
Francesco Vasarri da Don Giovanni all'ossario
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