Mai più colori, voglio che diventi tutto nero...
" ripeto: lavoriamo per giorni sopra le parole; da giorni lavoriamo silenziosi intorno al nero. componiamo saggiamente le immagini; disegniamo immagini nere e silenziose. lavoriamo di silenzio e di nero." Sono queste la prime righe dell'ultima prosa di " Qualcosa che sembra la neve", la breve suite che introduce la terza e ultima parte di "Pronomi personali ". Se si volesse tradurre questa breve sequenza, si potrebbe chiedere aiuto ad una particolare tecnica dell'arte dell'incisione: la maniera nera. Questa tecnica consiste nel granire la lastra, rendendola così nera, e da qui raschiare per tirar fuori le immagini, le zone di luce precedentemente incise. Lavorare per sottrazione - dunque - per arrivare " dentro le cose, di fronte all'evidenza..." ( M. C.)
doveva riprendere prima o poi
l'usanza di mandarci cartoline
o forse codici, messaggi più sottili
quando il tempo affonda
e nessuno torna per nessuno.
un rigo appena per finalmente dire
che molto più ci sopravvive
il saluto giunto da lontano,
che va tutto bene, che la vita
piano piano diventa
un gesto inutile nell'aria.
***
oggetto delle tue perlustrazioni
tutto si allontana, diminuisce,
perde valore.
ora come sempre
il cielo concede a tratti l'azzurro
illimpidisce, arriva dentro le cose:
per quanto possiamo reggere
di fronte all'evidenza
per quanta ingenuità si dilati
nello spettro discreto dei colori,
le tue mani sono ancora nere
non c'è più nessuna remissione
abbiamo un freddo lungo di anni
e di anni una debole stagione.
***
fissavo l'ombra sul muro e per esercizio
contemplavo le forme disfarsi agili
lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,
nervoso come il morso del nero,
in parte obliquo e in parte solo cedimento,
mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,
soda, del tutto insensibile al tatto,
poi divenne più esile, stremò
l'ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,
nel reparto intensivo dell'ultimo piano
cedette la pressione, la poca luce
emise un breve rantolo, e io docile fissavo
l'ombra più lunga sul muro, e salutavo.
***
per finire un verso senza fondo
chiedi alla città elettrica
qualcosa di nuovo, una felicità
non usata. per mettere mano alla polvere
chiedi alla polvere di prenderti tutto:
mente, cuore e tallone. per dormire insieme,
ricordati di non assecondarmi.
***
avrai due anni, forse tre, al massimo
cinque e già parli di natura, mozart
e qualche altra indecenza raccontata
a scuola, sotto ai temosifoni.
ma ora che ti dedichi con perizia
all'esercizio della ninnananna
io guardo con orrore la pozza nera
dove affoghi i capelli
insieme a tutto il corpo
e provo uno stupore quieto
nel dirti che ognuno è solo
in questo dolcissimo viandare.
Marco Corsi da Poeti italiani nati negli anni '80 / '90
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