sabato 7 agosto 2021

IL TUTTO NERO DI MARCO



                                         Mai più colori, voglio che diventi tutto nero...


" ripeto: lavoriamo per giorni sopra le parole; da giorni lavoriamo silenziosi intorno al nero. componiamo saggiamente le immagini; disegniamo immagini nere e silenziose. lavoriamo di silenzio e di nero." Sono queste la prime righe dell'ultima prosa di " Qualcosa che sembra la neve", la breve suite che introduce la terza e ultima parte di "Pronomi personali  ". Se si volesse tradurre questa breve sequenza, si potrebbe chiedere aiuto ad una particolare tecnica dell'arte dell'incisione: la maniera nera. Questa tecnica consiste nel granire la lastra, rendendola così nera, e da qui raschiare per tirar fuori le immagini, le zone di luce precedentemente incise. Lavorare per sottrazione - dunque - per arrivare  " dentro le cose, di fronte all'evidenza..."  (  M. C.




doveva riprendere prima o poi

l'usanza di mandarci cartoline

o forse codici, messaggi più sottili

quando il tempo affonda

e nessuno torna per nessuno.

un rigo appena per finalmente dire

che molto più  ci sopravvive

il saluto giunto da lontano,

che va tutto bene, che la vita

piano piano diventa

un gesto inutile nell'aria.



                                            ***


oggetto delle tue perlustrazioni

tutto si allontana, diminuisce,

perde valore.

ora come sempre

il cielo concede a tratti l'azzurro

illimpidisce, arriva dentro le cose:

per quanto possiamo reggere

di fronte all'evidenza

per quanta ingenuità si dilati

nello spettro discreto dei colori,

le tue mani sono ancora nere

non c'è più nessuna remissione

abbiamo un freddo lungo di anni

e di anni una debole stagione.



                                               ***


fissavo l'ombra sul muro e per esercizio

contemplavo le forme disfarsi agili

lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,

nervoso come il morso del nero,

in parte obliquo e in parte solo cedimento,

mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,

soda, del tutto insensibile al tatto,

poi divenne più esile, stremò

l'ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,

nel reparto intensivo dell'ultimo piano

cedette la pressione, la poca luce

emise un breve rantolo, e io docile fissavo

l'ombra più lunga sul muro, e salutavo.



                                                    ***


per finire un verso senza fondo

chiedi alla città elettrica

qualcosa di nuovo, una felicità

non usata. per mettere mano alla polvere

chiedi alla polvere di prenderti tutto:

mente, cuore e tallone. per dormire insieme,

ricordati di non assecondarmi.



                                                ***


avrai due anni, forse tre, al massimo

cinque e già parli di natura, mozart

e qualche altra indecenza raccontata

a scuola, sotto ai temosifoni.

ma ora che ti dedichi con perizia

all'esercizio della ninnananna

io guardo con orrore la pozza nera

dove affoghi i capelli

insieme a tutto il corpo

e provo uno stupore quieto

nel dirti che ognuno è solo

in questo dolcissimo viandare.



                    Marco Corsi  da   Poeti italiani nati negli anni '80 / '90



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