Anch'io ti seguo negli anni e nel mondo
anch'io ti racconto la strada.
Ci ha toccato il comune salario,
questa comune famiglia
di dolore e bellezza
nel conto semplice e quotidiano
della nostra dolcissima storia.
***
Anche oggi affondo in una casa limata
nel midollo. Il gioco sembra muto.
Il mio amico sbuffa
e si butta sopra il letto. Suo padre si ferma sulla porta.
Poi mi guarda. E' un occhio soffocato, cariato
nella posa. Sembra un pesce con le mani.
***
Tutto appare nell'apparenza senza apparire mai.
Non solo i circuiti, connetto anche
il tempo, la sua indisponenza
attraverso le mie dita.
Affogo, sempre più composto e ordinato.
Ultimo e in silenzio.
***
Entro in fretta. Sullo schermo esplodono
piazze monumenti colori epilettici.
La pubblicità è già un viaggio o meglio
l'immagine incalcinata sul pensiero.
Londra, Amsterdam, Barcellona...
Purché sia lontano, lontanissimo
da questo immoto cimitero
senza ali.
***
Vorrei finire qui
in questo limite poco estremo
delle nostre vite che per fantasia
o illusione conteggiamo in anni,
così umanamente al giudizio della rabbia
e del perdono, tra l'ultima realtà
della veglia e il primo sconosciuto avvenire,
ordinati e neutri quando anche l'unico
pensiero rimasto muta in un respiro
buio e silenzioso
nel dolce sonno innocente
del nostro nulla.
Fabrizio Bernini da Il comune salario
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