Leonid Pasternak - Uomo che scrive
Cara Nadia,
che belle le tue risposte. Nonostante la loro ferocia, mi sono di conforto. Mi prendo del " semplice " senza alcun problema da chi scrive con la tua lucidità, ma anche perché è possibile che tu abbia ragione ( ma non ho voglia di pensarci ora ). La cosa che so è che sono passati ormai diversi giorni da quando ho inviato la mia mail all'indirizzo corretto, e Agnese non si è fatta viva. Sopravvivo in una casa vuota, senza di lei e gli scatoloni davanti alla porta cominciano a sembrarmi delle urne. Contengono tutta questa vita insieme diventata polvere, tante scelte passate in cui abbiamo creduto e di cui ora non resta più niente. Mi sconvolge la facilità con cui una donna e un uomo possono perdersi, resettandosi dalle rispettive esistenze. Come si sarebbe potuto evitare? Avrei potuto fare di più? I tormenti del rimpianto si somigliano sempre. Tu dici che non esiste la donna giusta, ma io penso che forse possono esserci amori giusti. E il mio se n'è andato senza preavviso e mi ha lasciato qui, solo con la mia paura di invecchiare e morire. A neanche quarant'anni. Stare soli quando sei abituato all'amore è un impegno arduo. Mi sento così confuso e incerto che mi sembra di essere tornato alle mie paure di bambino, smarrito come quella volta che mio padre mi portò a funghi di notte, anche se era vietato. Quando alla pineta mi disse che scendeva nel dirupo per le finferle ma sarebbe tornato subito. Aspettami qui, disse. Invece non tornò. Rimasi il resto del tempo al buio, in attesa dell'alba, immaginando si fosse fatto male. Avevo otto anni. La cosa strana è che, nel mezzo del terrore, i piccoli rumori sugli alberi, i fruscii dei cespugli, le grida delle civette, anziché spaventarmi mi rassicuravano. Mi facevano sentite parte di qualcosa. Protetto. Vivo. La prima regola nel bosco è : se ti perdi , stai fermo, almeno finché le condizioni non consentiranno di muoversi con maggior sicurezza. Ma io quella volta, dopo un po', iniziai a spostarmi senza attendere la luce. Quando mio padre mi trovò erano le dieci di mattina. Avevo seguito il sentiero per conto mio ed ero quasi arrivato alla macchina. Mio padre non si scusò per la sua imprudenza, né si arrabbiò per il fatto che mi ero incamminato da solo. Mi abbracciò e basta. E' lì che ho cominciato ad adorare i boschi, credo. E' stato l'inizio della mia autonomia e l'unico abbraccio di mio padre che io ricordi.
Chissà perché ti ho raccontato questa storia. Forse per illudermi che stare qui a scriverti sia un modo per ritrovare la strada. L'inizio di uno spostamento, in attesa della luce.
Grazie,
Antonio
Matteo Bussola da L'invenzione di noi due
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