Di quel silenzio che non potevo tacere...
L' ABBANDONO
E' quando non vi è alcun dubbio
- né un sorriso malcelato e nemmeno
lo scendere le scale pensando che sarà
l'ultima volta - che ci perdiamo. Succede
a volte seduti a pranzo o nel sottoscala
ricolmo di scarpe - nel doponotte
che si trasforma in una sequenza
di parole che abbandonano un corpo
e non trovano altro dove andare
che le pietre scottate dal sole e un lento
movimento delle mani. Lì ci lasciamo
per ritrovarci al calore di una nostalgia
quasi allegra - una casa d'altri tempi
e una lieve redenzione oltre la porta.
***
Bene. Io sono arrivato. Mi piacerebbe
poter dire - sentirlo almeno
il peso del passo più lieve
e l'idea che un posto sia il mio posto.
Un posto che è il mio posto - ripeto
queste parole che vorrebbero
aggrapparsi al terreno - si sforzano
di penetrarlo. Ma quando ci provo
sono l'ombra che mi passa accanto
e fugge al primo tocco del sole
di sbieco a cercare le vittime ignare.
L'ombra di un luogo - l'orizzonte
che si incendia e l'incavo tenace
in un tronco di quercia. Quello è il mio posto.
***
Poi ci sono le cose che avrei potuto dire
e sono così tante che mi fermo - mi fermo
e respiro per non soffocarle.
Ho sempre agito così. Per sottrazione.
Riempiendo una riga dopo l'altra
di quel silenzio che non potevo tacere
- giustificando la mia indole
di pietra che graffia e s'arrovella.
Con una mano scrivevo
e con l'altra cancellavo le ombre -
finivo per esserne parte - toglievo
ciò che di me m'importava
e lo nascondevo ai miei stessi occhi.
Ero lo stesso io. Ma senza di me.
Michele Obit da La balena e le foglie
Nessun commento:
Posta un commento