Parmigianino - Auroritratto
DOVE FRANCESCO MAZZOLA, DETTO IL PARMIGIANINO, IN PREDA ALLA FEBBRE PER GLI STUDI ALCHEMICI, RIPUDIA LA SUA PITTURA
Castelmaggiore, Estate 1540
(...) Non turbare il mio sonno. Non ora. Non venire a trovarmi. Lasciami solo. Non sono più il Parmigianino. Niente. Nihil. Nessuna commissione. Non voglio pensare a nessun affresco. I miei animali stiano dove stanno. Sui muri. Nei ritratti. Non aggiungerò pitture a pitture. Bata con la Cappella della Steccata. Io voglio la luce.
Febbre altissima. Fuori la palizzate, un sole nebbioso, nuvole. Orrore! Niente di limpido. Ma io devo trovarla, quella luce. Io, Francesco Mazzola. Non posso più metterla in una pelle, in un riflesso, in un colore : ne morirebbe! Basta pennelli. Voglio vetri, legno, carbone : voglio congelare il mercurio, trovare l'oro!
E voi, uomini della Steccata, non mi troverete là, a fare il pittore. R
esto a letto, febbricitante, selvatico. Quell'autoritratto con la faccia da bambino e la mano enorme dentro lo specchio, è roba sepolta.
Oro giallo, la luce.
Non ha spighe, né stoffe né carne.
Non ha forme. Nulla. Nihil . Nessuna immagine.
Oh, mi scottano le mani !
Francesco (...)
Marco Ercolani da Atti di giustizia postuma
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