mercoledì 30 giugno 2021

LA NOTTE, IL SOGNO

 




                                              " Il mio sogno è stabile
                              e regge il mio peso.
                              E' il gradino su cui salgo,
                              per avvicinarmi alle mie speranze".


                                
                                        Gabriele  D'  Annunzio           


QUESTI CHE SIAMO ( dice Linda )

 


                                                         Capitalizzo tutto, anche il dolore...




Mi sono girata per parlare

ai fiori, ho detto piano

che era tutto vero:

che c'era in questa acqua almeno

un litro di salvezza, ma credo ancora

in una vita stanca, di fortuna.

Che mi rimetto a questo :

al canto - che aderisca

ad ogni corpo.



                                                 ***


Belli mondi possibili che andate -

vi chiedo una nuova terra madre.

Lei era viva e ha dato tutto, perse andando

alla deriva, disperse a causa mia

l'istinto della  sera. Guarda l'agonia,

quanto sangue perso ieri.

Era questa la mia pena, lo sapevi:

tagliare i gambi ai fiori, tutti dritti

per darli a quella gente che non muore.



                                                  ***


Era la buona volta, sembrava un giorno

buono, il buongiorno

all'ora viva della notte.

Parlavano di delusioni

al bar e ho detto : sono " uscita

pazza" capitalizzo tutto, anche il dolore,

e presto ciò che non dovrei prestare, in mente

ho gente marcia e troppo storta dal silenzio

c'è tanta aria

e non vi aprite, mai

come porte al vento.



                                                  ***


Anche oggi sfarsi in due,

aversi in due

esemplari - doppi amanti, doppie

vite; solo non avere

occhio. E allo specchio

riconoscersi

a metà.


                      *                                 


La terra che mi segue e che

ritrovo, ad ogni passo,

si ostina a rintontirmi di una trama:

santa donna senza sé in se stessa.

La testa perdo e sono sana,

non importa l'apparenza della cosa -

ho ancora da innaffiare la mia rosa,

violentarla con l'arsura. Com'è dura

stare sul balcone ad aspettarsi,

mi vedo, giro l'angolo da ore,

là nascosta fra le ortiche

guardo quanto intorno è sano.

La mia vita è il rampicante

che ho avvinghiato qui alla mano.




          Linda Del Sarto   dalla Raccolta  inedita  Questi che siamo




IL CAFFE' DELLA SALA INFERMIERI

 


                                                         Foto da    Infermieristicamente.it




La sala numero uno era un acquario,

ma non c'erano pesci, nemmeno acqua,

alghe di plastica, sassolini sul fondale:

c'erano - invece - due donne nel letto,

ciascuna da sola, ognuna che nuotava per sé

e c'era un caldo che sembravano i tropici,

ma non c'erano palme, fiori esotici

e lunghe spiagge di sabbia bianca: non c'era

niente di tutto questo, soltanto il culo nudo

della vita, che ti prende alla gola, da un corridoio

bianco, che sembra non finire mai, ma appena

dietro la porta la paura che divora anche il buio,

gocciava lenta la flebo, c'era bisogno di pensare

a tutto, di non pensare troppo, se fuori

fischiava ancora la felicità, un abbaiare di cani,

la stanza numero uno era un acquario,

due pesci facili a farsi pescare.



                                         ***


La stanza numero due era il deserto, un deserto di sale:

lui stava sempre alla finestra, col braccio teso

sul tavolino, guardava fuori, un po' più in là;

se poi diceva - ho sete - gli davano da bere,

e un sogno giallo colava giù sopra il pigiama,

fresco, come il sole delle sette: del resto sono buone

le infermiere, come le caramelle, però non fanno male ai denti;

così la stanza numero due era il deserto, lo si doveva

attraversare a piedi, non c'erano cammelli né beduini;

non c'erano piramidi o sfingi o danzatrici seminude :

a lui bastava suonare il campanello: un lesto sciabattare,

due risate, il letto da rifare ogni volta, fargli la barba,

cantare con un nodo alla gola


sono il factotum della città.



                                           ***


CONGEDO



                                                   " Rimasto come un'ombra offuscata,

                                                     vagherò qui ancora per un po',

                                                     ricorderò tutto: 

                                                     la luce accecante, il buio infernale,

                                                     io stesso tra cinque minuti sparirò".


                                                             Boris  Rizij




Boris mi ha inviato un messaggio nel sonno:

non parlava, ma non c'era nemmeno silenzio:

guardandomi negli occhi precipitava ancora la neve :

una ragazza del New Jersey, per il terzo giorno,

mi mandava cartoline dal mare. A volte, se le guardo,

mi sento ancora nudo e solo. Ma io non so

 - Boris - cosa avrei detto,

qualcosa tipo  " Stammi bene, se hai freddo

pensa a un paio di occhi azzurri". Qui dall' Italia

le donne non si muovono più sotto il sole, pensa

a un cielo vuoto, di notte, un aereo, i piloti

si tuffano nel mare direttamente. Ecco, così,

senza paura delle onde, Boris, né degli scogli,

allora pensala, felice e bella, anche per me,

con le gambe sottili mentre balla -

ma a questo punto, mi ripeto buona notte,

buona notte, niente poesie, coglione.




                       Dario Bertini   da    Quaderni italiani di poesia contemporanea



LA DANZA DEGLI AIRONI

 


                                                        Rameau -  Rappel des oiseaux



" Ci resta,  forse,

un albero, là sul pendio,

da rivedere ogni giorno ".


                    R. M. Rilke  




Al mattino la collina è un'orchestra

di gazze balestrucci cardellini

e quanti altri assetano

le città del nostro silenzio.


Tutto dipende dall'apparenza

della luce : l'estate, la fatica

della muta, la partenza.


E' per loro che il vento prende forza, le nuove

remiganti fanno vela.



                                                ***


E' un altro sole che ritorna

stamattina e un grumo di calore

fra gli alberi irrequieti, spoglia

la città sotto un soprabito di polline.


E non ci sono giardini ma crescono prati

di gramigna tarassaco

margherite, risposte

luminose tra tutto quel verde.



                                         ***


Matura sulla buccia della mela

la sua cancrena, il tarlo

che dura oltre l'albero

covando in noi chissà quale terreno.


Dovremo - mi dicevi - imparare

a sciogliere i legami,

alternare di generazione

in generazione gli affetti, mancare

al tempo come le piante


imitare per gioco

la danza degli aironi.




                        Matteo Meloni     Inediti  da     La danza degli aironi



L'ISOLA C'E' O NON C'E' ?

 



                        E a pensarci, che pazzia! E' una favola, è solo fantasia...






L' ISOLA C'E'


Si tiene sempre al riparo dai tornadi.

Rélega la nebbia oltre l'orizzonte.

Rende docili le acque ma conserva

in sé il seme del fuoco nutrendosi

di magma e cenere.



L'isola c'è.



Erutta la lava della riappropriazione.

All'insegna del sangue che terra la madre versa

per espellere la vita

e rimetterla in circolo.




Ti sono.

Fallibile disse  Il.



Mi sei.

Riesco a toccare la tua fallibilità, rispose Ile.



Due, separati in uno.

Due, separati dall'utopia dell'uno.




Il  e Ile : si defilano l'uno dall'altro solo toccandosi.




                         Enzo Campi   da     L'inarrivabile mosaico



martedì 29 giugno 2021

IL CANE DI PICASSO ( presentazione )

 

" Sii la persona che il tuo cane pensa che tu sia  " recita un adagio. Questo libro ci regala nuovi particolari sugli animali di diversi personaggi celebri, spaziando dal re prussiano Federico II, che teneva una corrispondenza con la sorella come se fossero i loro rispettivi cani a scrivere; a Sigmund Freud e la sua cagnolina chow chow sempre presente alla sue sedute psicoanalitiche. Poi c'è Pablo Picasso, secondo cui l'amato bassotto Lump non era né un cane né una persona, ma " gli ricordava un sacco di cose": Wiston Churchill, perdutamente innamorato del suo barboncino e Penny Guggenheim, che è stata sepolta accanto ai suoi quattordici cagnolini. Per non parlare di Michel  Houellebecq e del suo Clément, che lo scrittore definiva " una macchina per amare".

Quella di Anja Rutzel è una divertente carrellata in cui compaiono anche Marilyn Monroe, Richard Wagner, Artur Shopenhauer e la regina Elisabetta II.

Un libro godibile e leggero, destinato sia agli amanti dei cani che agli appassionati di storia, insomma un piacevole mix di informazioni e di intrattenimento.



IL CANE DI PICASSO ( e altre storie di amicizia ) 1



   
                                             Cassius  Coolidge  - Cani che giocano a poker




(...) La ragione principale per amare i cani? Perché non sono esseri umani. Una ragione semplicissima per Sigmund Freud, per il quale altrimenti la stragrande maggioranza delle cose era estremamente complicata. Interi scantinati di sottotesti, mura che nascondevano camere segrete piene di significati, per non parlare dei terribili trabocchetti delle fissazioni. Negli animali invece è tutto molto facile." I cani amano i loro padroni e mordono i loro nemici ", così la figlia Anna cita Freud " al contrario degli esseri umani, che sono incapaci di amore puro e che ogni volta nel relazionarsi con l'altro mescolano amore e odio." Probabile che questo atteggiamento spieghi anche come mai soltanto a sessantanove anni Freud divenisse padrone di cani: evidentemente doveva passare dall'esperienza della più totale frustrazione nei confronti dell'umanità in generale - e dei suoi pazienti in particolare - prima di spalancare il cuore ad altre specie. Fino a quel momento i cani non lo avevano interessato molto. Persino nella sua Interpretazione dei sogni questi animali compaiono solo in quanto esempi di bizzarre cose che inconscio e subconscio possono proporci durante il sonno : morti che si dirigono tranquilli verso la loro tomba e cani che recitano versi, ecco i suoi esempi- A Freud piaceva che si sapesse che non amava particolarmente gli animali, e solo nel 1925 si decise ad acquistare, da un ufficiale di polizia, un grosso pastore tedesco nero, Wolf, detto Wolfi, che avrebbe avuto il compito di vegliare sulla figlia Anna, all'epoca trentenne, durante le sue passeggiate notturne per Vienna; fu perciò pensato in un primo tempo più come servitore che come membro della famiglia. Alcuni biografi ipotizzano che Freud si sia procurato Wolf soprattutto per far arrabbiare la moglie Martha, a cui non piacevano i cani.(...)




              Anja Rutzel   da   Il cane di Picasso ( E altre storie di amicizia )


IL CANE DI PICASSO ( e altre storie di amicizia ) 2

 

(...) A posteriori può sembrare una strana ironia il fatto che la famiglia, di origine ebraiche, acquistasse proprio un cane lupo, ossia un esemplare di quella razza ancora per poco non segnata da specifiche connotazioni culturali, ma che presto sarebbe stata sfruttata dai nazisti a fini di propaganda : il Cane Lupo - a loro avviso - fondeva in sé le cosiddette virtù tedesche di coraggio e fedeltà. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale 30.000 pastori tedeschi vennero impiegati in operazioni belliche e nei campi di concentramento. E non fu soltanto Freud a possederne uno di nome Wolf: anche Adolf Hitler dette lo stesso nome a un cucciolo nato da Blondi, il suo cane lupo femmina. Wolf era probabilmente quel secondo cadavere di cane che i soldati dell' Armata Rossa trovarono in un cratere di bomba accanto ai corpi bruciati di Hitler, Eva Braun e Blondi.

Presto Freud si affezionò a tal punto a Wolf che la figlia Anna, anche lei psicanalista, scherzava a casa di un amico sul fatto che quello paterno fosse un chiaro caso di transfer, ossia di un processo psicologico ben noto al padre, in cui una persona proietta inconsciamente antichi e spesso rimossi sentimenti su un nuovo rapporto: nel loro caso, tutto l'amore conservato e represso della non sempre semplice relazione padre - figlia, veniva ora regalato al cane lupo. Ma anche la stessa Anna non era male nel giochetto del transfer di affetti esprimibili solo in modo indistinto: un ano dopo scriveva al padre per il suo settantesimo compleanno una poesia a nome di Wolf, che gli avrebbe regalato insieme a una foto incorniciata del cane. Anch'io conosco famiglie che hanno osato mostrare il proprio affetto reciproco soltanto dopo l'arrivo di un cane, e trovo toccante che anche la famiglia Freud - una famiglia ad alto tasso di riflessione psicologica - avesse bisogno di questa stampella soffice e pelosa .  (...)



                          Anja Rutzel   da    Il cane di Picasso ( e altre storie di amicizia )


IL CANE DI PICASSO ( e altre storie di amicizia ) 3

 


(...)Nel 1928, quando aveva già settantadue anni, Sigmund Freud ebbe il suo primo cane personale : Lun Yug, detta Lun, una cagnetta chow - chow proveniente forse dall'allevamento della principessa Maria Bonaparte, discendente diretta di Luciano Bonaparte, il fratello più giovane di Napoleone. Prima di diventare lei stessa psicoanalista e amica di famiglia, la principessa era stata paziente di Freud. Amava i Chow Chow, questi cani antichissimi di color arancio che provenivano dalla Cina e le cui origini si fanno risalire  all' XI sec. a. C.. I Chow Chow sono  legati al loro padrone da grande lealtà e tuttavia sono molto indipendenti, o comunque il loro amore costa più di un pezzo di salsiccia. Lun portò con sé una lettera - ovviamente scritta dalla sua prospettiva; con la famiglia Freud non c'era da stupirsi. Scriveva che era arrivata senza invito, ma che sperava in un affettuoso benvenuto, e che voleva fare soprattutto compagnia a Wolf, perché aveva sentito che era molto solo. A Freud Lun piacque subito, ma purtroppo alla cagnetta fu fatale il fatto che gli essere umani siano - appunto - molto più complicati e faticosi dei cani. Un anno e mezzo dopo l'arrivo di Lun, la famiglia Freud si recò a Berchtesgaden per una vacanza estiva. Insieme a loro c'era anche la grande amica di Anna, Eva Rosenfeld, che a causa della sua depressione era in trattamento da papà Freud, e la nuova conoscenza - che presto avrebbe assunto una connotazione romantico - amorosa  - di Anna, Dorothy Burlingham. Schiumante di gelosia, ad un certo momento Eva tornò a Vienna portando con sé - non se ne conosce il motivo - anche Lun. Alla stazione di Salisburgo, la cagnetta strappò il guinzaglio e fu ritrovata dopo alcuni giorni dopo morta fra i binari. (...)



                     Anja  Rutzel  da   Il cane di Picasso ( e altre storie di amicizia )


IL CANE DI PICASSO ( e altre storie di amicizia ) 4


(...) Un anno dopo Freud ricevette due nuovi chow chow: Jofi, la sorella di Lun, e Lun II, anche lei in qualche modo imparentata con la prima Lun. Ma poiché le due non andavano molto d'accordo, Freud dette via Lun II  e si tenne Jofi, con la quale strinse un rapporto più stretto che con i suoi altri cani. Per Freud. infatti, Jofi era l'incarnazione perfetta di tutti i vantaggi di un cane rispetto ad un essere umano, come scrisse in seguito in una lettera a Maria Bonaparte. " Affetto senza alcuna ambivalenza, vita semplice senza gli insostenibili conflitti della nostra cultura, la bellezza di un'esistenza che riposa in se stessa ". Quando accarezzava Jofi, spesso si sorprende a canticchiare una melodia, " che persino io che ho un pessimo orecchio musicale riconosco essere l'aria di Ottavio dal Don Giovanni ( " Un legame di amicizia ci unisce " ). Con Freud Jofi può permettersi di tutto: mangia dal suo piatto quello che lui non può finire, cancellando in tal modo le prove del progressivo indebolimento del suo corpo. Freud apprezza molto la sua tipica testardaggine da chow chow e scrive in una lettera che la cagnetta " è una creatura incantevole, così interessante anche come femmina: selvaggia, impulsiva, tenera, intelligente e non così dipendente come possono essere altri cani . Non si smette più di provare rispetto di fronte a tali animali".

I cani di Freud non svolgevano mansioni terapeutiche, alla stregua di liberi professionisti, soltanto nel contesto familiare: lo psicanalista li adoperava anche in modo mirato come cani per terapia, svolgendo in questo campo un lavoro davvero pionieristico. Nel corso delle sedute di analisi, Jofi era utile a diversi livelli:uno più profano, contabile, in quanto, dopo cinquanta minuti in punto si alzava e sbadigliava, segnando in tal modo la fine della seduta. A livello empatico - emozionale, Freud era convinto che avesse un effetto tranquillizzante sui propri pazienti: pensava di poter leggere dalla posizione assunta da Jofi nella stanza, ulteriori dettagli riguardo ad essi. Se erano rilassati, lei si sdraiava molto più vicina a loro di quanto non facesse con quelli agitati e nervosi. Inoltre Freud sosteneva che in base a una sorta di test immediato, Jofi era capace -a suo avviso - di scoprire quali tra i candidati si prestassero meglio ad affrontare la psicoanalisi: se al primo contatto distoglieva lo sguardo o guardava il paziente con diffidenza, ciò significava che quella persona non era adatta a quel tipo di terapia, e dunque veniva gentilmente invitata  ad andarsene. (...)



                              Anja  Rutzel  da     Il cane di Picasso ( e altre storie di amicizia )



lunedì 28 giugno 2021

UN'ALTRA VITA PER TRIMEGISTO

 


                                                               Ci vuole un'altra vita...



" La conoscenza universale può essere rivelata solo ai nostri fratelli che hanno affrontato le nostre stesse prove.

La verità va dosata a misura dell'intelletto, dissimulata ai deboli - che rendono pazzi - nascosta ai malvagi, che solo potrebbero afferrarne qualche frammento di cui farebbero arma letale.

Racchiudila nel tuo cuore, che essa parli attraverso le tue opere.

La scienza sarà la tua forza, la fede la tua spada, il silenzio la tua corazza impenetrabile. "



            Ermete  Trimegisto  da    Scritti filosofici ( Corpus Hermeticum)



sabato 26 giugno 2021

PENSIERI DI UNA MUTA



                                              Raffaello - Ritratto di nobildonna ( La Muta )



Piena è la borsa dell'occhio

di monete di tempo:

la tasca è così aperta

in queste ore che

sento il tintinnare .



                                               ***


Le mie, le tue

labbra sono

le feritoie

dove cadono

monete, chiavi

di porte che

si aprono altrove.



                                        ***


Contaci me

tra quelli a

cui è venuta

meno la

parola, per

troppa luce.


fra quelli

che si contano

le dita

all'incontrario.



                                          ***


Le dita tutt'occhi

per sentirti nuotare,

annegare,

pensieri miei

tinti dal rumore d'api.


la voce tua 

sale dall'acqua :

ha buccia di spillo.



                                           ***


Sullo spigolo del

congedo mi sbuccio

il respirare.

il fiato

rammendato col

filo più scuro:

d'abbandono.




                              Elisa Biagini   da    Dialogo con Paul Celan



venerdì 25 giugno 2021

L'AMORE VANO E LE DIMESTICHEZZE




 

                    " Mai come adesso aveva onestamente

                      sentito

                      che avrebbe potuto amarlo,

                      mai come adesso che tutto il suo amore

                      era vano".



                              Jane  Austen           


      

IL DOLORE DI ALAIDE

 


                                                              Qualche volta ascoltata...



" Costa poco la parola, anzi, non costa nulla. Tanto, la si dice soltanto, e dire non è fare. Dire non vale. Non è vincolante. Non è una promessa: si può sempre tornare indietro : tanto, t'ho solo detto... Siamo abituati a poter dire tutto ciò che vogliamo senza temere nessuna conseguenza, e infatti diciamo tutto. Siamo circondati di parole e produciamo in continuazione fiumi di parole : le parole non ci lasciano mai in pace, ma nemmeno a loro noi concediamo un attimo di tregua. Parliamo e non ascoltiamo, ma se ascoltassimo le nostre parole, ci accorgeremmo che il più delle volte non significano nulla. Tutto è possibile: tutte le parole sono permesse, e in questo fiume traboccante le parole non si distinguono più ."

( Questo non è un bel testo, non è scritto bene e non dice nulla di nuovo. Eppure non intendo limitarlo. Non ho in questo momento alcuna voglia di scrivere un testo bello e originale, perché la mia stessa abilità di manovrare le parole - come di volta in volta conviene - mi spaventa. Mi è sospetta. Io, donna di lettere, che ha condotto tutta la sua vita "nella" o "con" la parola, talvolta non mi fido più di me stessa " . ) ( Alaide Foppa )


Alaide Foppa fu una poeta, insegnante universitaria di italianistica e traduttrice guatemalteca. Fondò una Cattedra di Sociologia femminile a Città del Messico, dove si rifugiò durante la dittatura ( durata 22 anni ) del suo Paese. I suoi tre figli appartenevano alla Guerillia guatemalteca, e lei stessa fu donna di Sinistra. Poco dopo l'uccisione del figlio Juan Pablo, esattamente il 19 - 12- 1980, fu rapita e da quel momento non si ebbero più sue notizie.

Si presume che in Guatemala siano spariti durante gli anni delle varie guerre civili più di 45.000 persone.




Signore siamo soli

Signore siamo soli

di fronte a Te :

dialogo impossibile.

Grave è la tua presenza

per il mio amore solitario;

ascolto la tua chiamata

e non so risponderti.

Vive senza eco e senza destino

l'amore che tu hai seminato:

seme sepolto

che non trova la via

verso la luce del giorno.

Nel mio petto hai acceso

una fosca fiamma.

Perché- Signore -

non mi consumi tutta

se al tuo amore non c'è

altra risposta

che la mia silenziosa speranza?



                                                 ***


PREGHIERA


Dammi, o Signore,

un silenzio profondo

e un denso velo

sugli occhi .

E un mondo si chiuderebbe :


un'isola oscura

scaverò dentro me stessa dolorosamente

come nella terra dura.

E quando sarò dissanguata,

agile e chiara sarà la mia vita.

E come un fiume sonoro e trasparente

scorrerà liberamente

il canto imprigionato.



                                                ***


Talvolta si sente 

come una cosa dimenticata

nell'angolo oscuro della casa

come frutto divorato di dentro

da uccelli rapaci,

come ombra senza faccia né peso.

La sua presenza è appena

una live vibrazione 

nell'aria immobile.

Si sente trapassare dagli sguardi

e diventare nebbia

tra le goffe braccia

che la cingono.

Può darsi che voglia essere qualcosa,

un'arancia succosa

nella mano di un bambino

- non una buccia vuota -

un'immagine che brilla nello specchio

- non un'ombra che svanisce -

e una voce chiara

- non il pesante silenzio -

Qualche volta ascoltata.




                                Alaide  Foppa    (  Trad. di S. Detering )



DELLA VITA LE ZAMPE ( dice Friederike )

 


                 
                                                    
                                                        Da quella pioggia che tu eri...




come ti chiamo

quando ti penso

e tu non ci sei :


mia fragolina di bosco

mia lucertola di zucchero

mio cartoccio di consolazione

mio baco da seta

mio scaccia paure

mia Aurelia

mio fiore di ghiaia

mio bimbo appisolato

mia mano mattutina

mio dimentica tutto

mio croce della finestra

mio nascondi luna

mia bacchetta d'argento

mio raggio di sera

mio filo di sole

mia lepre con proboscide

mia testa di cervo

mia zampa di lepre

mia rana di rampa

mia ghirlanda di luci

mio ladro di primavere

mio ronzino tremolante

mia chiocciola d'argento

mio calamaio mio

mia volpe scopa

mio taglia boschi

mio sradica tempeste

mio guarda orsi

mio squaderna denti

mio orecchio di cavallo

mio albero del Prater

mio ricciolo di corno

mia borsa di scimmia

mia svolta d'inverno

mio carciofino mio

mia mezza notte

mio conto alla rovescia


( da capo ! )



                                          ***


DUE DICEMBRE


da quella pioggia che tu eri ho sentito

cadere il cielo su di me, sulle mie braccia quasi dovessero

AFFERRARTI! - ah, ma quando l'intera mia ( corpo) anima ti

desidera, tu rimani nell'ombra, immobile. Tu mi hai 

da tempo dimenticata

anche se dolcemente sulle mie guance

come lacrime colano i tuoi rivoli.



                                                 ***


IL SENTIERO DELLE ERBE DELFINICHE


( " tu mi guardi con i tuoi occhi e i tuoi occhi mi dimenticano

e il tuo cuore mi ha da tempo dimenticata

mi tocchi con la tua mano e la tua mano non da di

me e la tua mano mi ha dimenticata

il tuo piede ha toccato la mia soglia ma il tuo piede mi ha

dimenticata

per quanto io sussurri per quanto io ti gridi nel cuore:

meste fluttuano le ombre allacciate i giardini con i

marmorei fiori del phlox con le impronte

del tuo piede con l'immagine riflessa dei tuoi

sogni con l'orma del tuo cuore

oh, troppo prodigo amore oh sopore - di - reseda " )


ghirigoro di marzo perfido pesce migratore fumo di primavera:

come farò a vezzeggiarti?

come a trattenerti?

potrò annodarti un nastro?

ti lascerai forse imbrigliare

come i corsi d'acqua ?


( sì - sì - sì - sì - ruzzola per il pendio come una ricadente barba irsuta

ridacchiante sì come i mustacchi di Salvator Dalì

come baronesse di stazza come ibischi come sale - meteorico

come torri di sogni finali : tonanti e azzurri

mentre il sentiero delle erbe delfiniche... " ).



                                           ***


il respiro abbiamo 

scambiato le anime

nude -


e tuttavia tu dici :

" i tuoi capelli da indiana ..."




                     Friederike  Mayrocker    da    Della vita le zampe ( Trad. Sara Barni )


Friederike è morta il 4 Giugno.



LE MIGLIORI POESIE D'AMORE ( quando l'amore diventa poesia )



           Le migliori poesie d'amore si preparano all'idea di tornare al mittente...




Le migliori poesie d'amore

hanno il pelo sullo stomaco,

coltivano begonie

e vagliano le avversità,

in mancanza di trofei

si preparano all'idea

di tornare al mittente.


Le migliori poesie d'amore

sembrano slitte volanti,

si confermano invece nidi

presìdi, postazioni, casse armoniche

di viole e violoncelli,

all'occorrenza campane di vetro.


Le migliori poesie d'amore

sfoggiano un savoir faire

da ex dive del cinema,

può deprimerle o distrarle

solo la scarsità di applausi.

Se c'è da fingere, fingono

pur di non scivolare sul piano inclinato

delle vecchie comiche.


Le migliori poesie d'amore

vanno messe sul ponte dell'autofficina

e ispezionate da sotto.

Possono causare incidenti domestici

in mano a uomini gelosi

o a muse irrisolte.

Se ricevono uno schiaffo,

offrono l'altra pagina.

Prese alla gola,

mutano in necrologio.


Le migliori poesie d'amore

resistono ai draghi e ai roghi,

sono porte tagliafuoco

certificate Cee,

boicottate dalla Geenna.


Le migliori poesie d'amore

dopate dalla propria innocenza,

vanno messe sui social

solo dopo l'analisi del sangue

e dei traumi infantili

dei loro Trovatori.



                           Ennio  Cavalli        Inedito



giovedì 24 giugno 2021

ADDIO, GIULIA




                                                               Giulia Niccolai -   Le Eolie




Lo strumento ( con sopra disegnato

un omino supino, le ginocchia

piegate, tre pulsanti sopra e tre sotto),

per alzare o abbassare il mio letto

d'ospedale in tre diversi punti,

è costruito dalla società Hill - Rom

( zingari della collina? )

e ha nome...

ha nome

AvantGuard.

( Dentro mi risuona una risata irresistibile ).

E' questa la versione contemporanea

degli dei che comunicano coi personaggi

epici? Quelli di Omero - per fare un esempio? -


Mi sbagliavo. Non è questione 

di tempo. Di duemila anni di

differenza, né di quei particolari

e spesso magici eventi esterni.

Audacia, sofferenza, pazienza

e poi anni di lavoro in miniera

per prendere coscienza di tutto ciò

che si è fatto ( di giusto e di sbagliato )

e del perché...

e finalmente - quasi alla fine

vieni accontentato.

Capisci la  metafora che Omero

ci ha dato. Il modello epico.

Sempre possibile. Mai cambiato.



Solo da quando

ho ritrovato

me stessa tredicenne,

ho anche capito

che l'Odissea

è il libro più importante 

della mia vita.




                                         Giulia  Niccolai



Spero che tu abbia trovato - finalmente - la tua sintesi.

Riposa in pace nell' infinita Bellezza.



                                            frida



LA TRADIZIONE AFRO - AMERICANA DI JERICO

 


                                                           Noi compriamo il silenzio




LA TRADIZIONE

Aster. Nasturzio. Delphinium. Pensavamo
che dita nella terra volesse dire terra nostra, imparando
nomi nella calura, in elementi che i filosofi
classici dicevano ci avrebbero cambiati. Giglio.
Digitalis. L'  estate pareva sbocciare contro la volontà
del sole, che per i notiziari bruciava su questo
pianeta più caldo di quando i nostri padri morti
s'asciugavano sudore dal collo. Cosmea. Gypsolphila.
Uomini come me e i miei fratelli filmavano le cose
piantate a prova della nostra esistenza prima
del troppo tardi, avanti col video per vedere i bocci
sbocciati in secondi, colori che t'aspetti in poesie
dove finisce il mondo, d'ogni cosa il knock - out.
John Crawford. Eric Garner.  Mike Brown.


                                         ***

ELENCO PUNTATO

Non mi sparerò un colpo
alla testa, e non mi sparerò
alla schiena, e non mi impiccherò
col sacco dell'immondizia, e se lo faccio,
ve lo giuro, non lo farò
in un'auto della polizia ammanettato
o in cella di prigione d'una città
di cui conosco solo il nome
perché ci passo in macchina
per andare a casa. Sì, forse rischio,
ma ve lo giuro, mi fido più dei vermi
sotto le assi del pavimento
di casa a fare quello che devono
a ogni carcassa di quanto mi fidi
d'un agente della legge del paese
a chiudermi gli occhi come farebbe
un uomo di Dio, o coprirmi con un telo
così pulito che mia madre lo userebbe
per rifarmi il letto. Quando mi ucciderò,
lo farò con tanti americani,
ve lo giuro, fumo di sigaretta
o un pezzo di carne che mi strozza
o così rovinato da congelarmi
uno di questi inverni che insistiamo
a chiamare peggiori. Ve lo giuro, se sentite
che sono morto da qualche parte accanto
a uno sbirro, lo sbirro m'ha ucciso. M' ha 
preso da noi e lasciato il mio corpo che,
fa niente cosa ci hanno insegnato,
è più grande dell' indennizzo di una città
a una madre perché  smetta di piangere,
e più bello del proiettile nuovo
estratto dalle pieghe del mio cervello.


                                             ***

DUPLEX

Una poesia è un gesto verso casa.
Fa domande oscure che chiamo mie.

La memoria fa domande oscure che chiamo mie.
Il mio ultimo amore guidava un'auto bordeaux.

Il mio primo amore guidava un'auto bordeaux.
Era veloce e terribile, alto come mio padre.

Deciso e terribile, il mio alto padre
picchiava forte come una grandinata. Lasciava i segni.

La pioggia leggera picchia piano ma lascia il suo segno
come il suono d'una madre che piange ancora.

Come il suono di mia madre che piange ancora.
Nessun sonoro pestaggio finisce dov'è iniziato.

Nessuno dei pestati finisce dove abbiamo iniziato.
Una poesia è un gesto verso casa.


                                            ***

REBUS

Noi non riconosciamo il corpo
di Emma Till. Noi non sappiamo
il nome del ragazzo né il suono
del pianto di sua madre. Mai 
sentito il pianto d'una madre.
Non conosciamo la storia
di questa nazione in noi. Non
conosciamo la storia di noi
su questo pianeta perché noi
non dobbiamo conoscere cosa
crediamo di possedere. Crediamo
di possedere i vostri corpi ma non ci
servono le vostre lacrime. Distruggiamo 
il corpo che nega l'uso. Noi usiamo
mappe non disegnate da noi. Ecco 
il mare allora attraversiamolo. Shhh.
Non possiamo prendere quel suono.
Cos'è il pianto d'una madre? Non
riconosciamo musica finché non la
vediamo. Vendiamo cosa non può essere
comprato. Noi compriamo il silenzio.
Lasciateci aiutarvi. Quanto costa
trattenere il vostro respiro sott'acqua?
Aspetta. Aspetta. Cosa siamo noi. Cosa?
Cosa diavolo siamo sulla Terra? Cosa?



               Jerico Brown     Inediti in italiano ( a cura di A. Francini )



LA LINEA INTERA E SPEZZATA DI MILO


                                                                   Chet Za  -  Mostri






NEMINI

Sali sul tram numero quattordici e sei destinato a scendere

in un tempo che hai misurato mille volte

ma non conosci veramente,

osservi in alto lo scorrere dei fili e in basso l'asfalto bagnato,

l'asfalto che riceve la pioggia e ci chiama dal profondo,

ci raccoglie in un respiro che non è di questa terra, e tu allora

guardi l'orologio, saluti il guidatore. Tutto è come sempre

ma non è di questa terra e con il palmo della mano

pulisci il vetro dal vapore, scruti gli spettri che corrono

sulle rotaie e quando sorridi a lei vestita di amaranto

che scende in fretta i due scalini, fai con la mano un gesto

che sembrava un saluto ma è un addio.


***

DOPPIO PASSO

Qui, fra le trottole e il gatto parlante, in questa camera

dove ondeggiavano i vetri e la fiaba ci proteggeva,

proprio qui si svuota più veloce la clessidra

nel pavimento rosso delle sette capriole

si asciuga all'improvviso l'oceano dell'infanzia

balbetta una lingua morta nelle nostre mani calcinate

che ieri furono sorgente e primavera, foglio e inchiostro,

proprio qui irrompe la fine che scruta solo noi e tace,

tace in un respiro di salgemma.



E allora facciamo silenzio, mio piccolo amore, slacciamo

i sandali, togliamo il braccialetto di cuoio:

chiuderemo la porta e scenderemo, scenderemo

con i nostri pochissimi anni nell'occulto che ci chiama,

mentre il pavimento prende il colore della notte,

scenderemo noi due, scenderemo noi soli, perderemo

la vita.


***

IL PENULTIMO DISCORSO DI DANIELE ZANIN

Le antenne si muovono nel vento

il corpo ondeggia ma è deciso a pronunciare

ad alta voce le sue accuse. E tutto il quartiere,

con il fiato sospeso, scruta quel ragazzo alto e magro

in piedi sul tetto, con il golf bianco e le dita

coperte di farina. Ognuno attende la sentenza.

Ognuno affonda nel mistero

di se stesso, guarda in alto e non sa

dove si trova esattamente

ma sa che quelle parole sono per lui

e lui, mentre ascolta, le sta pronunciando.



" Mi chiamo Daniele e ho pensato seriamente alla vita.

La vita ed io siamo state due creature

che si accusavano a vicenda, finché un'energia furiosa

ci ha spinti l'una contro l'altro e ho cominciato

a vedere l'altra faccia di ogni foglio, ho cominciato

a nuotare nei laghi del tramonto ed ora sono qui

con gli occhi forati e le lacrime di piombo

e vi ho chiamati ogni mattina, vi ho chiamati

uno per uno per nome e per cognome

finché non vi ho più visti e cominciò

questo mio sempre

di ore deserte e istanti morti".



" State attenti, tutti voi, perché non parlerò due volte.

Sono nato alla fine di una festa, al Gallaratese,

quando la bocciofila restò senza luci e tutti

se ne andarono.

Gridai che era tardi, ed era tardi.

La musica delle sfere precipitò in una zattera,

il mio pianto ammutolì e allagò tutta la vita,

mi divisi per sempre da me stesso, persi la mano

della fata e a tutti voi scagliai in faccia

il mio sacchetto di canditi".



" Nella vasca dove entrai un pomeriggio

vidi la fine separata dal suo inizio, vidi 

le prime crepe del sorriso e divenni un istante ossidato,

una mezza notizia che nessuno raccoglie, vidi

la folla disegnata sulle mie unghie, vidi

per la prima volta i miei amati cavalli

fermi in una giostra di pietra,

mi aggiravo fra spigoli di buio, avevo un piede

immerso nella calce, studiavo i libri

degli antichi e dei moderni, riempivo la cucina

di appunti e foglietti. Poi l'artiglio di un gattino grigio

lacerò tutto il pensiero do Hegel".



" Cominciai a vedere nelle lampadine spente

il viso di mio padre, cominciai con la mia cannuccia

a succhiare veleno, mi immersi

nell'acqua passata

e apparve l'ombra dei lupi, entrò come un arpione

nella bocca, mi tolse la parola: sentivo le urla

dei pazzi in una culla di catrame

finché di colpo appassì l'ibisco e mi accorsi

che ormai da sette giorni sotto il mio cuscino

dormiva la morte ".


***

UDIENZA

Ormai sta pulsando, nelle parole che hai detto, il respiro

di quelle taciute.E sono lì, sono lì, bussano alla porta

non se ne vogliono andare, restano ferme fino a sera,

ti sfiorano il viso e si allontaneranno solo all'alba.

Restano lì e la stanza diventa un'aula di tribunale e tu

sei l'imputato.L'accusa è sempre la stessa: il silenzio.

Le attenuanti non contano: dovevi parlare, dovevi

tirare fuori la bestia, esporre il demone nero al pubblico giudizio,

mostrarlo alla primavera, spargerlo per il mondo, guarire.





Milo De Angelis    da   Linea intera, linea spezzata