lunedì 27 agosto 2018

BORIS A EVGENIJA ( Lettera ) 3



(…) Ho sempre voluto che tu sapessi queste cose. E se tu le sapessi
       in modo più certo, profondo e coraggioso di quanto in realtà 
       non sia, questa fiducia ti salverebbe dalle ultime prove:
       useresti senz'altro il potere spirituale che hai si di me in modo
       diverso. Avresti la capacità di distinguere tra l'unione, la
       confluenza dei nostri meriti - rimasta intatta - solamente sfinita
       dalle eterne discussioni che non la riguardavano( come se essa
       non esistesse o si potesse fare a meno di lei o non tenerla in
       debita considerazione ): saresti capace di distinguere quell'
       unione da quella matrimoniale che abbiamo rotto con forza
       poiché in momenti diversi - ma in maniera uguale - non ci
       soddisfaceva.
       E' il terzo giorno che ti scrivo. Scrivo a pezzetti. Ho davanti a
       me la fotografia inviata con la tua lettera, tu e lui. Ti sei fatta
       più bella! Ma che aria triste, triste, che avete? Non immagini
       quanti sconvolgimenti questa fotografia produce nel mio
       animo. Esso si scioglie in lacrime sopra di voi. Che cosa ho
       fatto, che cosa ho fatto! E dire che ti indignavi ogni giorno
       perché io mi accontentavo di parole, perché non mi decidevo.
       Non conoscevi il segreto della mia arrendevolezza, della mia
       dedizione all'abitudine. Ti facevi ingannare dalla presunzione,
       sopravvalutavi le mie forze. Io, a mia volta, temevo quel mare
       di rimorsi e pentimenti che - sapevo bene - avrei dovuto
       attraversare a guado. Mi si è spalancato davanti d'estate, e
       tutt' oggi non sono in grado di varcarlo.
       Perché mi ami in modo così ultimativo e mirato, come uno che
       lotta per la sua idea; perché esibisci la tua infelicità alla vita
       come una condizione, un'esigenza del tipo: ecco quel che ho da
       dire, e adesso che sia la vita a parlare, e che io muoia se non
       dico la verità! Perché non prendi parte attiva alla vita, non ti
       affidi a lei, non ti rendi conto che essa non è un'antagonista
       alla discussione, ma ha tanta tenerezza per te e vuole
       dimostrartela in tutti i modi, e non domanda  altro che uscire
       dall'isolamento dei discorsi preliminari e abbandonarsi all'
       immediata contiguità e collaborazione con lei, alle
       sollecitazioni quotidiane di turno, al loro umile adempimento -
       dapprima amaro - ma in seguito gioioso!
       Ma non serve e niente che io parli di te. Per quanto io ami, per
       quanto rimpianga il nostro passato che serviva da casa a
       Zenicka ( sono sempre le stesse cose che mi circondano e che
       parlano con la sua voce ), non ho le forze né il diritto di
       pensare e volere per te.
       Così finisco da dove ho cominciato : perdonami per tutto, ti
       prego - perdona - mia cara.
       Ti abbraccio forte di tutto cuore (…)


                               B.

 Boris  Pasternak  da   Il soffio della vita ( Corrispondenza con Evgenija 1921- 1931 )

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