"Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una - e la guardo - fino a quando non comincia a splendere". ( E. Dickinson )
" Il culo - diceva mia nonna - o come dite voi oggi: il sedere.Il culo
lo chiameranno culo quando occorre - diceva don Milani - non
una volta di più né una di meno, come tutte le altre parole del
vocabolario senza borghesi distinzioni; scorrette sono solo le
parole inutili e false" . ( da una lettera a Corrado Bacci, 1961.
n.d.r. ). Saper chiamare le cose col loro nome serve - innanzitutto-
per non essere fregati, come quella volta, quando a Barbiana, nel
1962, nascono le prime scuole guida che iscrivono i ragazzi all'
esame senza alcuna richiesta. Spedendo cartoline dall'apparente
ufficialità, al fine di frodare i neomaggiorenni e le loro famiglie.
O quell'altra volta, quando una ditta di articoli fotografici fa
firmare ordinazioni di ingrandimenti di defunti a tutti i cittadini
del Mugello per un totale di centinaia di migliaia di lire. Non
serve neanche il latinorum per ingannarli, basta l'italiano.
Per questo, un imperativo categorico per don Milani consiste nel
difenderli da chi " ha più parole di loro". Per questo don Milani
studia un galateo per saper rispondere ai carabinieri in caso di
multa o sgombero di una fabbrica, e per questo si ostina a far
leggere il dizionario.
Scrive all'amico- giornalista Giorgio Pecorini che lo aiuta a
denunciare la vicenda degli ingrandimenti fotografici:" Non basta
saper leggere, bisogna saper " pesare" le parole, saper
sospettare, avere pratica di mondo e frodi, conoscere le
conseguenze giuridiche di una firma, saper leggere così
speditamente da non doversi vergognare a leggere tutto un foglio
davanti al cittadino.
" Saper usare le parole distingue chi comanda da chi è destinato a
obbedire."
A combattere la guerra per colmare questo deficit linguistico,sono
in molti: don Milani non è certo solo. Quella sulla lingua è una
delle grandi battaglie di quegli anni, anche se raramente viene
ricordata in tutta la sua complessità. Ma certo il priore di
Barbiana è uno dei pochi a combatterla in trincea e non in una
redazione o dietro una cattedra universitaria: la classe sociale
di riferimento - come spesso succede - distingue la retroguardia
dall'avanguardia.
" A noi non interessa tanto colmare l'abisso di ignoranza", scrive
nelle Esperienze pastorali , " quanto l'abisso di differenza".
E uno dei modi per farlo è intervenire sulla padronanza della
lingua e del lessico. La fine dell'analfabetismo determina la fine
dello stato di minorità sociale di alcune classi e non viceversa:
una prospettiva troppo umanistica, troppo poco strutturale, che
molti guardano con diffidenza.
Bisogna agire sulla parola per cambiare i rapporti di forza fra
gli esseri umani . (…)
Vanessa Roghi da La lettera sovversiva ( Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole )
Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani
Nessun commento:
Posta un commento