(...) Il mondo interiore di Kikì Dimulà, che parla il linguaggio degli
oggetti, del quotidiano e delle sue presenze più umili - la
polvere, gli occhiali, le fotografie, il giornale, il cognac,persino
una forma grammaticale - si incontra poi con realtà intangibili,
inesprimibili.Ed è proprio da questo incontro, ora sorprendente
ora stridente, che nasce la sua poesia e l'emozione profonda dei
suoi testi.
I protagonisti apparenti della sua opera non sono che i segni,
le occasioni per entrare nell'altra dimensione: quella dell'
assurdo, talora del paradosso, e comunque sempre in una
realtà interiore dove a valere sono altre regole, diverse da
quelle del mondo esterno.
E questo discorso vale anche su un piano linguistico.La sintassi
della sua poesia è una sintassi che non segue le regole
codificate della lingua ufficiale, ma le regole dettate dal suo
mondo interiore, risultando dunque una lingua " trasgressiva"
a livello tanto lessicale quanto grammaticale e sintattico.
Con coraggio e creatività, Kikì Dimulà sfida continuamente le
regole grammaticali in nome di quelle non scritte della sua
estetica. I suoi versi sembrano così minacciare le radici stesse
della lingua, ma per restituirla rinnovata in una sintassi che
sia più consona ad esprimere le verità sottili del suo
immaginario interiore.
Gli aggettivi diventano verbi; i sostantivi avverbi; gli avverbi
sostantivi in un'apparente anarchia, eppure profonda armonia
delle parole, con l'uso di metafore che stupiscono e rapiscono
allo stesso modo. (...)
Paola Maria Minucci da L' adolescenza dell'oblio
Nessun commento:
Posta un commento