LA " O " DISGIUNTIVA
Mi ha chiuso in casa la pioggia
e ora dipendo dalle gocce.
Ma come sapere se è pioggia
o lacrime dal cielo profondo di un ricordo?
Sono troppo cresciuta per dare
senza riserve un nome ai fenomeni :
questa è pioggia e queste sono lacrime.
Rimango asciutta tra
due possibilità: pioggia o lacrime,
e tra tante ambigue realtà:
pioggia o lacrime,
amore o modo di crescere,
tu o piccola oscillante ombra
dell'ultima foglia che saluta.
Ogni ultima cosa,
la chiamo ultima senza riserve.
Sono troppo cresciuta
perché questo sia motivo di lacrime.
Lacrime o pioggia, come saperlo?
E continuo a dipendere dalle gocce.
E sono troppo cresciuta
per aspettare una misura quando piove
e un'altra quando non piove.
Gocce per tutto.
Gocce di pioggia o lacrime.
Dagli occhi di un ricordo o dai miei.
Io o il ricordo, chi lo sa.
Sono troppo cresciuta per distinguere i tempi.
Pioggia o lacrime.
Tu o piccola oscillante ombra
dell'ultima foglia che saluta.
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CRAVATTA NERA
Innaffia tu la pianta
e lasciami piangere.
Scrivi però le ragioni,
forse devo altro dolore.
Voglio avere la coscienza in pace
di avere sofferto per tutto.
Scrivi che piango per uno specchio.
Un tempo oggetto ornamentale,
oggi oracolo.
Per la brusca buonanotte
che danno le poche possibilità
e si dileguano.
Scrivi che piango per la tua finestra,
chiusa e senza saluti,
melanconica per nascita.
Per gli uccelli dell'ultimo decennio.
Il loro terrore delle antenne televisive.
Per il loro adattarsi
e svolazzare
tra questi alberi di ferro.
Impararono a cantare
su rami di ferro.
Scrivi.
Per questo sabato sera sepolto
tra due cipressi
nella chiesa di campagna.
Per la luna in lutto - indossa
una cravatta nera nuvola,
scrivi che piange.
Piango perché mi hai chiesto
se ho visto la luna piena.
No, non ho visto niente di pieno, non ho vissuto.
Piango perché i ragazzi portano lo zaino
come una conoscenza già completa,
e non entrano nel tenero rassicurare
delle ore ancora acerbe
e non giocano.
Scrivi che piango per le madri.
Le mie più antiche madri.
Belle ed esili,
amanti delle finestre,
arpiste della vendetta
che la morte ha colto impreparate
e sono longeve materne
nelle fotografie del salotto
e nei ricami.
Piango perché hanno accesole luci
e la domenica gatta raggomitolata
sulla mia finestra.
La paura si veste a festa
e aspetta.
Scrivi.
Che piango per le bufere,
il poco cibo,
per tutto il Poco,
per i terremoti
senza preavviso.
piango perché va sprecata
la notizia che mi hai dato
della prima farfalla vista ieri.
Piango perché non fa notizia l'effimero.
Scrivi. Piango
perché la sorte si è chiusa in casa,
la dilazione è arrivata al boia,
la borraccia è arrivata nel deserto,
la gioventù nella fotografia.
Piango perché chissà chi chiuderà
dei miei giorni gli occhi.
Innaffia tu la pianta
e lasciami piangere perché...
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TERRA IN MAIUSCOLA
Ultimamente - per leggere -
per riconoscere, per conoscere,
mi tiro un po' indietro
e spingo più lontano
quello che devo vedere.
Subentra una nuova distanza
tra me e ciò che miro.
Altrimenti non vedo.
Voglio dire che la vista
per unirsi con ciò che vuole
deve pre- vivere
una separazione.
Altrimenti non vedo.
E' naturale, dicono i medici.
Qualche grado di presbiopia,
qualche gradazione di stanchezza
per l'età il duro
lavoro nelle miniere dell'indistinto.
Devo mettermi occhiali da vicino.
Davvero naturale, questo.
Dovermi mettere gli occhiali
per poter vedere
l'evidente.
Ciò che è evidente lo vedo,
vedo bene dove vanno a parare le cose,
mi vedo affrontarle
a mani cieche
e con pianti legati
mi vedo pre-vivere una separazione.
Se cade la pioggia con la maiuscola
la vedo,
se cade con la minuscola
mi piace.
Mi vedo cadere con la minuscola.
Quel che ho visto non l'ho visto
soltanto con i miei occhi.
Anche la difficoltà è una vista.
Le cose capitali
sono riuscita comunque a leggerle.
Con il sentimento ho visto
segni e prodigi.
E mi metterò gli occhiali
per leggere chiaramente la terra maiuscola
che mi ingoierà,
cadrò con le minuscole
cadrò con le maiuscole?
Pensa,
mettermi occhiali da vicino!
Avvicinare con gli occhiali
ciò che è vicino.
Io che non l'ho avvicinato né con gli occhi
né con i miei pezzi.
Eh no! Mettermi gli occhiali
per vedere i miei pezzi.
Kikì Dimulà da L' adolescenza dell'oblio
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