martedì 30 gennaio 2018
A DEBITA DISTANZA 2
(...) La tiepida distanza intermedia è certamente il compromesso
abituale, ma i protagonisti della nostra storia non sembrano
inclini ad alcun compromesso. Kafka scriverà nel 1922 a Max
Brod :" Che dire della solitudine? In fondo essa è la mia unica
meta, la mia più grande attrattiva, la mia possibilità". Si tratta
cioè di organizzare la propria vita affinché la solitudine - per
quanto orribile - si trovi a proprio agio e con essa la scrittura,
che le è consustanziale.
In palese conflitto con la scelta della solitudine al fine di
tutelare la propria singolarità, i nostri autori ( i quali - come si
comprenderà sin dalle prime pagine - sono personaggi
concettuali di chi scrive ) avvertono l'esigenza (per lo più
disattesa ) di una palpitante condivisione del loro universo
interiore, mediante la presenza ( non troppo invadente ) di una
donna che appaia loro come vocativo o dedicataria di esclusive
trame concettuali e avventure esistenziali.
All'interno della dialettica esistenziale tra solitudine e
condivisione, si insinua un'altra ,ineludibile dimensione di
scelta, quella di una vita che asseconda la fluida e
ingovernabile logica del desiderio e quella più rassicurante e
continua regolata da una logica degli affetti. Logiche tra loro
eterogenee che appaiono inconciliabili ai protagonisti della
storia qui ricostruita ( Kierkegaard e Kafka ) e che talvolta
inducono ad un esito tragico ( come nel caso di Kleist ).
Marco Vozza da A debita distanza ( Kierkegaard, Kafka , Kleist e le loro fidanzate )
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento