domenica 20 gennaio 2019

L'UOMO CHE TREMA 3


(…) Quello che chiamo " cattivo umore" è in realtà una vera e
      propria malattia.Tuttavia non ha la forma di una vera e propria
      malattia e dunque, per secoli, è stata relegata al rango di non-
      malattia. Una non - malattia il cui effetto era - per Teresa D'
      Avila - " di oscurare e disturbare la ragione , cui non riesce a
      far arrivare le nostre passioni ". Più una bizzarrìa della mente,
      quindi,un capriccio, se non addirittura uno strumento nelle
      mani del demonio. Ma anche una devianza congenita, di quelle
      forme di devianza che, nelle loro manifestazioni più gravi ed
      evidenti, meritavano di essere trattate in manicomio.La mia
      malattia non ha una fisionomia precisa: due malati della mia
      stessa malattia possono mostrare sintomi differenti, provare
      diverse esacerbazioni, sempre nuove corruzioni del sistema
      nervoso. Soffro di questa malattia che la comunità scientifica
      definisce sommariamente " depressione maggiore " da quando
      ho coscienza del mondo, da quando cioè ho occhi e cuore per
      decifrare la realtà che mi circonda,perciò direi dalla più tenera
      età.Il mio problema è sempre stato quello di non attribuire
      dignità di malattia al modo in cui - appunto - decifro la realtà.
     Nella mia famiglia questa percezione veniva bollata con quattro
     parole : " Hai un carattere difficile". Qualcosa che, di volta in
     volta, aveva a che fare con la suscettibilità, la timidezza, l'
     ombrosità,l'asocialità,il peso di un'infanzia travagliata, con una
     generale intrattabilità, nei momenti peggiori con un'inguaribile
     indolenza. Ma non era niente di tutto questo, o forse era la
     somma di tutto questo, il complesso dei sintomi caratteristici
     della mia malattia, la malattia che la mia famiglia non
    riconosceva come tale.La mia ostilità e il mio cattivo umore sono
   stati i cupi compagni di viaggio con cui ho condiviso i miei giorni
    La presa d'atto di cosa si nascondesse in realtà dietro tutto
    questo è avvenuta molto presto. Sapevo che c'era qualcosa in me
    che non poteva essere attribuito come una colpa, ma non trovavo
    le parole per spiegarlo. E quindi, per decenni, mi sono preso la
    colpa, la colpa di avere un carattere difficile.
    Nell'epistolario di Freud si legge:" Nel momento in cui ci si
    interroga sul senso e sul valore della vita si è malati ,giacchè i
    due problemi non esistono in senso oggettivo". Questa, che
    potrebbe essere la tipica frase di un depresso, è un'istantanea
    realistica e feroce della depressione, poiché contiene il gioco
    assurdo,il paradosso impazzito in cui si dibatte il depresso. Sono
    malato nell'istante in cui dico a me stesso che la vita non ha
    significato. Ma se è - oggettivamente - così, ossia se la vita è
    realisticamente priva di significato, allora gli altri,  coloro che
    invece intravedono nella vita un significato, sono colpevoli di
    rimozione. Dunque si può dire che la malattia è insita negli
    esseri umani, ma solo coloro che riconoscono di essere malati
    vengono considerati tali, tutti gli altri si ritengono integri, e
    quindi l'integrità è la loro malattia. Il depresso si dibatte tutta la
    vita in questo corto circuito alimentato dal proprio realismo e
    dalla propria lucidità. (…)



                Andrea  Pomella    da     L' uomo che trema


3 commenti:

  1. All'inizio la sua descrizione dettagliata sembra la fotografia di qualcuno molto vicino a mea mi ha fatto venire i brividi, l'unica differenza è che lui ne e consapevole e non è cosa da poco...

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  2. La consapevolezza è l'inizio della " guarigione", ma poi bisogna fare dei passi - molti e seri - per venirne veramente fuori.
    Soprattutto ( ed è la cosa più difficile ) bisogna avere il coraggio di abbandonare
    certe posizioni ( che sono sostanzialmente difensive ma che costituiscono per il " malato " un alibi per non far emergere " la persona nuova " che è in lui.)
    Ti ringrazio per questa condivisione di un fatto della tua vita personale.

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    1. Hai centrato perfettamente il problema, basterebbe una piccola apertura per permettere alla luce di entrare e illuminare, allontanando le tenebre, ma spesso manca questa disponibilità...

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