mercoledì 30 gennaio 2019

ERO STRANIERO E MI AVETE OSPITATO 3


(…) Il considerarsi ospiti dell'umano che è in noi, ospiti e non
       padroni, può invece aiutarci ad avere cura dell'umano che è in
      noi e negli altri,a uscire dalla perversa indifferenza e dal rifiuto
      della compassione che , sola, può condurci a comprometterci
      con l'altro nel suo bisogno. Il povero, il senza tetto, il girovago,
      lo straniero, il barbone,colui la cui umanità è umiliata dal peso
      delle privazioni, dei rifiuti e dell'abbandono, del disinteresse e
      dell'estraneità, incomincia ad essere accolto quando io
      incomincio a sentire come mia la sua umiliazione e la sua
      vergogna, quando comprendo  che la mortificazione della sua
      umanità è la mia stessa mortificazione. Allora, senza inutili e
      vigliacchi sensi di colpa e  senza ipocriti buoni sentimenti, può
      iniziare la relazione di ospitalità che mi porta a fare tutto ciò
      che è nelle mie possibilità per l'altro. Ma dev'essere chiaro che
      l'ospitalità umanizza innanzitutto colui che la esercita : " Non
      ha ancora incominciato ad essere un vero uomo chi non ha
      vissuto la pietà per l'umanità ferita e svilita nell'altro" ( Don
      Pierangelo Sequeri "
      Scriveva  Jean  Daniélou ( teologo e cardinale francese, n.d.r ):

     " La civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo,
        il giorno in cui lo straniero, da nemico ( hostìs ) è divenuto
        ospite ( hospes ); il giorno in cui nello straniero si riconoscerà
        un ospite, allora qualcosa sarà mutato nel mondo…"

       In effetti, il modo di concepire e vivere l'ospitalità è relativo al
       grado di civiltà di un popolo. Ospitare è uscire dalla logica
       dell'inimicizia, è fare del potenziale nemico un ospite.
      Dovremmo imparare a pensare il grado di civiltà in riferimento
       al livello dell'umanità e al rispetto dell'umanità dell'uomo, non
       in termini di tecnologia e di sviluppo. Nel praticare l'ospitalità
       si fà dunque più che mai opera di umanizzazione, come già
       aveva compreso con molta intelligenza Benedetto, il quale,
       nella sua Regola chiede che il monaco mostri all'ospite
      " ogni umanità ", mostri dunque ciò che è proprio degli uomini.
       Ma come praticare l'ospitalità? Proprio l'esperienza  della
       vita monastica che tanto insiste su questa pratica fino a farne
       la sua diakonia più nobile e sempre all'opera, e ben conosce
       che ospitare significa creare uno spazio per l'altro, dare tempo
       all'altro, può offrirci una  deontologia dell'ospitalità (…)



                    Enzo Bianchi    da    Ero straniero e mi avete ospitato

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