lunedì 16 maggio 2022

POETE DEL '900 ( Katherine Mansfield )

 


                                                              Catherine  Mansfield...




L' INCONTRO


E cominciammo a parlare,

guardandoci un attimo, imbarazzati e schivi.

Intristivo nelle lacrime crescenti,

ma piangere non potevo; e ardevo

prenderti per mano, se la mia

non avesse tanto tremato.

La somma quindi facesti dei giorni

che portavano a un altro convegno,

benché ognuno sentisse nel cuore

che appartato andava ormai per sempre.

Il suono d'una campana acuta infittì la stanza.

" Ascolta" dissi. " Batte alta

come un cavallo in galoppo perso nella notte".

La morsa delle tue braccia mi fece tacere,

finché il rintocco travolse il battito dei nostri cuori.

" Non posso andare " , scandì la tua voce,

" quanto vive in me è qui in eterno".

Così in disparte te ne andasti.

Il mondo era mutato. La campana giunse sopita,

e sempre più fioca divenne una minuta cosa.

Confidai all'oscurità : " Se si ferma devo morire".



                                          ***


DORMENDO INSIEME


Dormendo insieme... com'eri pigro e stanco!

Sulle calde pareti della nostra stanza la fiamma

brulicava, sul soffitto e sul gran letto bianco.

Un pallido bisbiglio parlavamo

da bambini veri, per un attimo di sonno

ognuno a turno squillava rapito:

" Non ho punto dormito".


Era un mill'anni fa?

Mi svegliai nelle tue braccia, una volta

ch'eri perso al fondo d'un torpore,

e un belante soffio di pecore mi trasse

in muto striscio alla finestra:

sulla neve vidi gli agnelli zampettare.


Oh gregge di pensieri col pastore Spavento,

vecchia desolata larva del gelo,

ch'entrasti nello stabbio del mio cuore!

Forse mill'anni... Non era invece 

ieri che, due fanciulli dall'antico tremore,

tenendoci avvinti nell'oscurità

dormivamo la stanchezza comune?



                                         ***


UN GIUNCO, UN'ERBA SONO


Un giunco, un'erba sono

che ora si piega e dondola

su una sponda diruta.

Anche una lunga erba livida

che ondeggia come fiamma,

sono una canna,

una frusta conchiglia che dirama

in eterno lo stesso canto,

un viluppo di sterpi,

una bianca pietra abbagliante,

un ossame.

Fin che nella sabbia

m'immergo di nuovo,

e mi giro, e qua e là mi protendo

a un angolo marino

nella luce calante,

quando la luce scompare.

Ma se torni, non dire:

" Ella non è più qui in attesa,

ha dimenticato". Con cespi, per gioco,

con erbe e pietre non ci siamo mascherati

mentre passavano le strane navi,

lente, gravi, dinanzi a uno sciame di spuma

che l'isola nativa scioglieva dolcemente

e le bolle di schiuma ponevano sulla pietra.

L'iride degli arcobaleni? Guarda diletto...

No, esse sono andate.

E le vele e il cielo muovono insieme.




                   Catherine  Mansfield    Trad. di G. Altichieri



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