Isola di Cuba, sangue che non finisce...
" Tutte le nostre ragioni si trasformarono in errori, forse non erano altro che stupidaggini. Ci ingannarono. O, peggio, ci siamo lasciati ingannare da un folle e non abbiamo saputo intuire sin dal principio che in lui si nascondeva un tiranno. La cosa più evidente che abbiamo ottenuto è stata una scia di morti lungo questo cammino .Morti veri e propri, ma anche morti in vita, e a volte sono proprio questi ultimi, i morti più morti che esistano. Abbiamo affrontato tanti sacrifici inutili per realizzare un sogno che non sarebbe mai stato niente altro che un sogno. Dal 1959 ad oggi, tra gli altri sacrilegi, abbiamo fomentato l'odio tra fratelli, del padre nei confronti del figlio, nei confronti della madre e tra gli amici. E almeno io, Felix,soffro giorno dopo giorno, come non puoi immaginare, quando penso ai tanti cubani dispersi per il mondo, allontanati forse per sempre dalla terra che li ha visti nascere. Condanno me stesso come se fossi colpevole di aver iniettato il virus di questo disastro ai miei figli e a tanti giovani che oggi possono contare solo sulla miseria e sulla paura. Uno non merita di restare vivo, Felix, dopo aver sbagliato in questo modo; sono in debito con una generazione che oggi soffre così tanto e porto sulle spalle questo orribile peso. Povera Cuba, Felix, da un tiranno all'altro, da un abisso all'altro ".
Frammento di una notta che, nel 1992,Manuel Parrado ( Manolito ) scrisse pochi giorni prima di duicidarsi.
Candide puttane della mia patria
Candide puttane della mia patria.
lontano, da questa gigantesca Città vi saluto,
vi amo da lontano,
ragazze che sognaste come me un futuro d'oro
equamente ripartito.
Puttane mie
puttane filologhe ingegnere medico economiste languide
laureate
che si sono vendute a un italiano grasso padrone di un'officina meccanica
a un cuoco svedese
a un camionista messicano
a un canadese che taglia il prato nei giardini altrui
a uno spagnolo specialista in salsicce
a un portoghese spregevole
vi voglio bene puttane mie
vi voglio bene, canto per voi e sono il vostro difensore
ragazze
adolescenti
a cui noi genitori dicemmo che la fame mai sarebbe entrata nel vostro regno
e che era
problema di altre latitudini
a cui, noi genitori assicurammo
che quello che oggi vi possiedono per quattro dollari
erano miserabili senza valore per costruire un futuro senza disonore
a cui, noi genitori assicurammo
che avremmo cantato alle cinque della sera
ogni giorno
nelle colline che innalzavamo dove avremmo coltivato flauti e chitarre.
Puttane della patria mia
ragazze adolescenti laureate per progetti perduti
vi voglio bene
e vi invito a continuare ad amare
quando arriverà il momento.
***
LA DONNA BRUNA
Lontano dalla patria ho conosciuto una donna
che possiede un acquario
e che di notte si culla con il vento lunare.
Lei ti salvò dal freddo e dalla incommensurabile solitudine
nella immensa città dove nessuno ti amava.
Tu eri lontano dalla patria,
o per meglio dire avevi smarrito la patria
e i seni di questa donna te la fecero ritrovare,
i suoi intimi umori ti dettero gli ornamenti
delle bandiere della tua patria che avevi smarrito.
Lei scendeva quattro piani per vederti
nelle albe in cui tu non trovavi il luogo della bocca
e credo che ti amasse come si ama
uno spettacolo per lungo tempo ammirato e preteso;
il suo sesso somigliava alla torta che desideravi
quando eri bambino :
era tenero e croccante e sembrava appena tolto
da un forno tiepido,
il suo ventre somigliava alla patria
perché non avresti mai voluto abbandonare il suo calore,
una donna bruna con gli occhi che erano i più temibili sfidanti della notte
i suoi seni dovettero essere stati scolpiti da colui che seppe
seminare il nettare nella pietra.
Tu succhiavi i suoi seni come se fossero
l'ultimo mazzo di carte segnato.
Lei ti toglieva tutti i tuoi umori
e il tintinnìo della sua voce
ti ha fatto capire
che un giorno gli uomini si ameranno
in modo tale che la patria comincerà in un prato
e terminerà tra le gambe di una donna
e nelle mani di un uomo sopra queste gambe.
Era bruna e furtiva nelle mattine e prima di arrivare da te
già il suo sesso aveva assaggiato la rugiada.
Tu comprendesti che le sue natiche erano state toccate da Cristo
e per questo non sarebbero mai morte.
Era bruna come il sole che cade tra le montagne
nell'immensa città.
***
ISOLA DI CUBA
Isola di Cuba,
quante chitarre sono state rotte in tuo nome,
quanti tiranni ti hanno violata dopo averti proclamata di nuovo donzella,
quante ragazze hanno morso la polvere del loro sogno
dopo che l'azzurrissimo mare si è fatto rosso col sangue dei loro amori
quanti bambini hanno perso i loro palloncini sotto il tuono garante di Giustizia.
Quante gonorree, quanti cancri
hanno depositato in te i tuoi salvatori
quanti, blandendo la rossa sfumatura della poesia,
hanno incatenato i tuoi occhi, hanno lanciato
in aerei di carta la menzogna di te come di una frutta di plastica.
Isola di Cuba, sangue che non finisce,
dove ti trovi in questa notte, dove
che i tuoi boleri non mi raggiungono,
dove che quelle donne non mi afferrano i timpani con le loro risa come
flauti che scoppiano, dove i negri che non giungono ansimanti,
noiosi,
sereni come serpi in fuga, dove
che le nere non mi assaltano con i loro culi come bastioni biblici?
E dove, dove queste mulatte
che sotto le nevi dei lampi consacrano l'ostia.
Dove,
amore mio,
in questa notte quando
mi fai male in tutta la bocca
quando
inutilmente
ti cerco nel lontano freddo.
Felix Luis Viera da La patria è un'arancia Trad. di Giordano Lupi
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