Io, con una donna ho più coraggio, mi accarezzo, mi tocco, mi corteggio...
Narrato per la prima volta da Ovidio nelle Metamorfosi, scritte all'inizio dell'era cristiana ( dal 3 all' 8 secolo d.C. ), non casualmente appare così tardi nell'universo dei miti, perché la storia di Narciso coincide con la scoperta della soggettività nel pensiero occidentale. Giustamente Julia Kristeva ( in " Storie d' amore " ) sottolinea il posto che il mito occupa nella storia della soggettività, ma anche fa l'esame dei sintomi critici e dei pericoli che la soggettività produce. Narciso siamo noi!
Narciso, che abita la nascita della soggettività, subito la dichiara legata alla morte. E la sua morte percorre tutta la cultura dell'occidente, perché in Narciso non muore un " altro" qualsiasi, ma è l' " io" stesso che muore e che si guarda morire. ( f. )
LA DANZA DI NARCISO
Io son nero di amore,
né fanciullo né usignolo,
tutto intero come un fiore,
desidero senza desiderio.
Mi sono alzato tra le viole,
mentre albeggiava,
cantando un canto dimenticato
nella notte uguale.
Mi son detto : " Narciso! "
e uno spirito col mio viso
oscurava l'erba al chiarore dei suoi ricci.
P.P. Pasolini
***
NARCISO
Narciso.
Il tuo odore.
E il fondo del fiume.
Voglio restare sulla tua riva
fiore dell'amore.
Narciso.
Onde e pesci addormentati
passano nei tuoi bianchi occhi
nei miei, uccelli e farfalle
si stilizzano.
Tu minuscolo e io grande.
Fiore dell'amore.
Narciso.
Le rane quanto sono scaltre.
Ma non lasciano tranquillo
lo specchio in cui si guardano
il tuo delirio e il mio delirio.
Narciso.
Il tuo dolore...
E il mio dolore medesimo.
F. G. Lorca
***
LA SALVEZZA DI NARCISO
Guarda nel tuo specchio e di' al volto che vedo
che ora è tempo per quel volto di formarne un altro;
se ora tu non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, e una madre privi di benedizione.
Perché dov'è la donna così pura il cui insolcato grembo
disdegni l'opera del tuo dissodamento?
O qual è l'uomo così fatuo da voler essere la tomba
dell'amore di se stesso, arrestando la sua posterità?
Tu sei lo specchio di tua madre, ed ella in te
rimemora il leggiadro aprile del suo rigoglio;
e così dalle finestre della tua vecchiaia tu vedrai,
- a dispetto delle rughe - questo tempo tuo dorato.
Ma se tu vivi per non essere ricordato,
muori solo, e la tua immagine muore con te.
W. Shakespeare
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