mercoledì 21 aprile 2021

NARCISO ( IERI E OGGI )

 


             Io, con una donna ho più coraggio, mi accarezzo, mi tocco, mi corteggio...



Narrato per la prima volta da Ovidio nelle Metamorfosi, scritte all'inizio dell'era cristiana ( dal 3 all' 8 secolo d.C. ), non casualmente appare così tardi nell'universo dei miti, perché la storia di Narciso coincide con la scoperta della soggettività nel pensiero occidentale. Giustamente Julia Kristeva ( in " Storie d' amore " ) sottolinea il posto che il mito occupa nella storia della soggettività, ma anche  fa l'esame dei sintomi critici e dei pericoli che la soggettività produce. Narciso siamo noi!

Narciso, che abita la nascita della soggettività, subito la dichiara legata alla morte. E la sua morte percorre tutta la cultura dell'occidente, perché in Narciso non muore un " altro" qualsiasi, ma è l' " io" stesso che muore e che si guarda morire.  ( f. )




LA DANZA DI NARCISO


Io son nero di amore,

né fanciullo né usignolo,

tutto intero come un fiore,

desidero senza desiderio.


Mi sono alzato tra le viole,

mentre albeggiava,

cantando un canto dimenticato

nella notte uguale.

Mi son detto : " Narciso! "

e uno spirito col mio viso

oscurava l'erba al chiarore dei suoi ricci.


                                      P.P. Pasolini



                                         ***


NARCISO


Narciso.

Il tuo odore.

E il fondo del fiume.


Voglio restare sulla tua riva

fiore dell'amore.

Narciso.


Onde e pesci addormentati

passano nei tuoi bianchi occhi

nei miei, uccelli e farfalle

si stilizzano.


Tu minuscolo e io grande.

Fiore dell'amore.

Narciso.


Le rane quanto sono scaltre.

Ma non lasciano tranquillo

lo specchio in cui si guardano

il tuo delirio e il mio delirio.


Narciso.

Il tuo dolore...

E il mio dolore medesimo.


                                  F. G. Lorca



                                         ***


LA SALVEZZA DI NARCISO


Guarda nel tuo specchio e di' al volto che vedo

che ora è tempo per quel volto di formarne un altro;

se ora tu non ne rinnovi il fresco aspetto,

inganni il mondo, e una madre privi di benedizione.


Perché dov'è la donna così pura il cui insolcato grembo

disdegni l'opera del tuo dissodamento?

O qual è l'uomo così fatuo  da voler essere la tomba

dell'amore di se stesso, arrestando la sua posterità?


Tu sei lo specchio di tua madre, ed ella in te

rimemora il leggiadro aprile del suo rigoglio;

e così dalle finestre della tua vecchiaia tu vedrai,


- a dispetto delle rughe - questo tempo tuo dorato.

Ma se tu vivi per non essere ricordato,

muori solo, e la tua immagine muore con te.


                                         W. Shakespeare



Nessun commento:

Posta un commento