Comincerò questo libro sull'amore convocando a madrine le donne, alle quali Dante attribuiva uno spontaneo " intelletto d'amore ". Proprio a loro viene naturale al poeta di rivolgersi per dire di lei " de la mia donna ". Pur convinto che mai potrà " sua laude finire ", intanto vuole " ragionar d'amore ", desidera " isfogar la mente", perché anche a questo serve parlare d'amore : " a fare" l'amore. A far sì che l'amore prenda corpo di parola.
Era un modo di dire delle generazioni passate - ancora mia madre raccontava di " aver fatto l'amore " con mio padre per anni, prima di convolare con lui a nozze felici. Intendeva dire che il devoto spasimante andava a casa di lei: si sedeva in salotto,e parlava, parlava... Lui la corteggiava con discrezione, lei lo ascoltava con pudore. Accadeva a volte che la conversazione si animasse di una certa esuberanza: Marina era una giovane donna spiritosa e intelligente, Angelo un giovane assai cortese e ironico e non si saranno di certo negati il contatto degli occhi, né la carezza rapida e leggera delle mani sulla spalla, sulla guancia. Dominavano però incontrastate le parole. A dimostrazione che l'amore più che un'azione, è un discorso . ( Anche dalle mie parti lombarde, fino a una buona metà del secolo scorso, per due che erano fidanzati, si usava dire " Se parlen... ", n.d.r. ) .
Così non c'è bisogno di sottolineare - credo - come, proprio in quanto discorso, l'amore prenda nei vari secoli diverse intonazioni, grazie alle metafore di cui di volta in volta si ammanta e si traveste. Metafore che mutano grazie alla costante oscillazione di senso delle parole stesse, che vibrano in un campo semantico animato da ambiguità, contiguità e contrasti, creando così un mondo di emozioni e di pensieri mutevoli e cangianti. Del resto, grazie a scivolamenti appena percettibili di senso, cambia l'orizzonte delle nostre esistenze, che prendono forma e significato per l'appunto all'inteno di un universo linguistico.
Nadia Fusini
( continua )
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