lunedì 5 aprile 2021

IL SCAPPAMORTE DI VILLALTA

 


                                                            E un nuovo abisso è il risveglio...




Sono stato un bambino insonne.

All'inizio era tutto catturare il momento

dello sprofondo, quando l'io vigile

si dissolve e subentra quell'altro che sogna

e sa che dorme.

Non è stato facile

rinunciare a un gioco dove pareva possibile

soffermarsi sulla soglia del perdere sé

e sorprendere - nella notte,

nel buio della mente, afferrando - l'istante

la chioma già sua di cometa già dentro il niente.

Tra me e me lo chiamavo il scappamorte.

E' stato l'altro, poi, a sorprendere me :

da un sogno dove l'avevo lasciato all'alba

senza più ricordarmi,

mi ha svegliato mentre mi stavo perdendo

dentro le solite cose

che perdono tutti ogni giorno.



                                             ***


Ti stai attardando e lo sai nelle stanze del sonno

dove il gufo e la donnola parlottano quieti

nello specchio che versa il liquore degli anni

sul pavimento: hai avuto paura, ma ora il tuo corpo

galleggia nel tempo, c'è il platano nel cortile

della scuola, il trattore, prendi il tuo posto

nella foto con la maglia a righe.


Ancora un minuto   un minuto.


Ti riconosce una fuga di echi.

La proroga tra l'essere

chiunque e il diventare te stesso

dura l'incalcolabile.



                                                 ***


Passi dall'altro mondo, ti lasci per sempre ore.

Non solo quando dormi 

altri luoghi altri giorni abitano

la coscienza che forma il tempo

e ti ci immerge illudendo

che sei tu quell'assenza

che separa l'istante dentro l'istante,

e dubita della veglia, esposto nel corpo

sei tu che sprofondi nel sonno

e un nuovo abisso è il risveglio.

Chi è che pretende adesso

di essere te, attraversa

la soglia, chi è che sa cosa aspetta

in questa piega del buio, alle tre

di mattina, quando ha paura e non sa

se per la certezza dell'alba, oppure se più non verrà ?



                                           ***


Tutto questo tempo accumulato nelle facce

nelle pance alla base del collo sulle macchie

sui dorsi delle mani che ne facciamo

di tutto questo tempo che non mente

né ci lascia un istante mentre tenera

come un'amante che s'addormenta parlando

la mente investe le età come un vento

che ora è quieto e ora svelle ogni erba

o sospinge le nuvole nella solitudine.



                                        ***


Tornato dal sogno, una tristezza leggera

e silenziosa come il sorriso di una madre

accarezzava le immagini andate

dove avevi nel sonno perduto un giorno.


Un intero giorno non passato o futuro ma il giorno

che stavi vivendo si andava perdendo

e tu afferravi ( il tempo? ) e gridavi ( a chi

gridavi? ) di stare qui non portarti dentro


quel quieto niente. Un giorno intero

svaniva e - nel sogno - niente di vita

potevi tenere e gridavi ( che cosa ? ).


Piangevi ( per chi? ) mentre non era vero

ma crederlo faceva male uguale

a non credere in nulla ( inutile piangere, gridare )




            Gian Mario Villalta    da    Il scappamorte



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