Dal cimitero del Verano
Il sole di luglio irridente
splendeva sull'ultimo tratto di strada.
Erano tutti in fila sul marciapiede
e l'auto della polizia attendeva.
L' aria era innaturalmente ferma
come il corpo di mio figlio nella casa.
***
Lui sale ora
come le mura altissime
di una chiesa spoglia,
così solida, ferma e muta.
Come un insetto spaccato,
io mi contorco a terra,
nella sua luce dura.
***
Se io sapessi
di ritrovarlo al di là
di questo ruvido grigio
dove esercito l'occhio
a cadere a precipizio
tra i passi consueti,
sceglierei un piano alto
e gli correrei incontro
con la stessa felicità
con cui lo riabbracciavo
alla fine di ogni giorno.
***
In sogno ho spiegato
lungamente a mio figlio
- e a me, al contempo -
i motivi per non farlo.
Alla fine si è convinto.
Ma il sollievo al risveglio
si era già dileguato
e io non ricordavo
nessun argomento.
***
Ho attaccato un fiore
vicino a lui, sulla parete.
Ho scelto, senza volere,
proprio lo stesso colore
del fiore del suo disegno
che tengo ancora appeso
al muro accanto al letto.
Nel nostro sonno così diverso,
così lontano ci avviciniamo:
ciascuno dorme vegliato
dal fiore donato dall'altro.
***
La luna piena nel mattino
mi ricorda che da due mesi lui non c'è.
Per il resto sarà un giorno come gli altri
i morsi al cuore e arrivare a sera.
Francesca Del Moro
" Ho scritto queste poesie nei primi sette mesi dopo la morte di mio figlio, che si è tolto la vita, a 21 anni, la notte del 5 Luglio dell'anno che il mondo ricorderà come l'inizio della pandemia. Le ho scritte dal confine tra la vita e la morte, dove lui mi ha spinto, facendo di me la vittima di una scelta di cui ha rivendicato appieno- per iscritto - il diritto ".
Nessun commento:
Posta un commento