Che sia come a casa...
Non avrei dovuto mostrarti
la motilità
e come sono svelta a piegare la testa
verso fuori,
come corro lontano,
e che passo
e che " a mai più "
e come sto via due giorni
farti vedere lo spazio che si svuota
del mio corpo lento;
non avrei dovuto
farti granare gli occhi,
farti credere
che sia capace
di essere una foglia,
di volare,
di essere fragile,
di staccarmi dal nostro ramo sbigottito,
voltarmi in fretta, senza salutare.
Apparire a desolarti;
esserti una scelta da non fare
e non esserti invece l'obbligo
che abbiamo di amare,
di durare.
Avrei dovuto essere
la radice grossa,
il tronco intiepidito,
la corteccia che gratta il palmo,
che ti accoglie
lo zigomo appoggiato,
che resta
familiare come i nidi,
mansueta come una fronda,
come se tu fossi fra la gente
che abbraccia gli alberi.
***
Che cosa vuoi dalle mie rose?
E dove guardi?
Io guardo te, fisso.
Conto, che numeri a caso,
il poco che manca a che tu
mi voli via, trasformando,
con la tua magia sfacciata,
il movimento, il suono,
la vita,
in un vaso lasciato.
***
Che sia come a casa;
siano ben chiuse le finestre, senza spifferi,
che non entrino i freddi degli altri universi,
e non si disperda il calore del nostro;
sia come a casa;
sia tutto raccolto, compatto e forte, ma senza
pesare: disteso e tiepido, sia luminoso, senza
accecare e sia sulle gambe che abbiamo e con
i polmoni buoni;
sia placido e lungo come il respiro del sonno,
sia però ben sveglio su ciò che abbiamo;
sia casa;
non debba domandarsi niente, chiedere chi
manca, abbia le risposte che non fanno paura,
bicchieri giusti e per tutti ( e che siano mezzi
pieni );
abbia gli occhi asciutti, ma languidi di fiducia;
sia con gli occhi negli occhi di chi amiamo;
abbia gli occhi,
attenzione,
cura,
sia Natale, per tutti noi,
sia la fine dei nostri viaggi che feriscono i
piedi;
tornare a casa.
Beatrice Zerbini da Le mezze stagioni
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