mercoledì 16 febbraio 2022

ABDELLATIF LAABI ( lettera di un padre )

 


                                                  Antonio Rodà - Padre e figlio


                                                                             A mio figlio Yacine



Figlio mio amato

ho ricevuto una lettera dove

già mi parli come un adulto

insisti sulle tue fatiche scolastiche

e io avverto la passione di comprendere

dissipare oscurità e bruttura

penetrare i segreti dell'enorme libro della vita

hai fiducia in te stesso

e con naturalezza

mi snoccioli le tue ricchezze

mi rassicuri rispetto alla tua forza

come voler dire : " Non preoccuparti per me

guarda come cammino

guarda come vanno i miei passi,

l'orizzonte, l'immenso orizzonte laggiù

non ha segreti per me".

E io t'immagino

la tua bella fronte bene in alto

e ben diritta

immagino la tua fierezza.


Figlio mio amato

ho ricevuto la tua lettera

e mi dici: 

" Ti penso

è a te che dono la mia vita

ignaro di tutto ciò che in me

provochi nel dirlo

il mio cuore folle

la testa tra le stelle

e grazie a queste tue parole

non faccio più fatica a credere

che arriverà la grande Festa

quella in cui i bambini come te

divenuti uomini

cammineranno a passi di gigante

lontani dalla miseria delle bidonville

lontani da fame, ignoranza e miserie.


Figlio mio amato

ho ricevuto la tua lettera

ne hai scritto da te l'indirizzo

l'hai scritta con fiducia

ti sei detto, se ci metto questo

papà riceverà la mia lettera

e io avrò forse una risposta

e hai cominciato a immaginare la prigione

grande casa dove la gente è rinchiusa

per quanto tempo, e perché?

Ma allora non possono vedere il mare

la foresta

non possono lavorare

per dar da mangiare ai loro figli

immagini qualcosa di maligno

non bello

qualcosa che non ha senso

 che fa sì che si diventi tristi

arrabbiatissimi.

Pensi ancora

quelli che hanno fatto le prigioni

sono certamente pazzi

e tante e tante cose ancora.

Sì, figlio mio amato,

è così che si comincia a riflettere

a comprendere gli esseri umani

ad amare la vita

a odiare i tiranni

ed è così

che ti amo

che amo pensarti

dall'abisso della mia prigione.




                               Abdellatif  Laabi      Trad. Chiara De Luca




Nasce in Marocco presumibilmente nel 1942.

Il 1972 è l'inizio degli " anni neri", della cappa di silenzio e di paura che si abbatte sul Paese. Viene arrestato, torturato e imprigionato con l'accusa di essere un sovversivo  e di aver complottato contro il regime. Diventa così il prigioniero n. 18611, ma non per questo  cessa di essere " libero" : anche in carcere non cessa di scrivere, di amare, di vivere.

Dopo otto anni e mezzo di prigionia, nel 1880, viene scarcerato insieme ad alcuni compagni, grazie ad una intensa campagna internazionale in suo favore.




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