(...) Quasimodo, in maniera incredibilmente teologica, nella lirica " Al tuo fiume naufrago", scrive : " Il tuo dono tremendo/ di parole, Signore /, sconto assiduamente". Questa non è una preghiera " finta" come si è azzardato. E' una preghiera vera, consapevole, umile. Intanto Quasimodo dice che la parola è dono; e tutta la Bibbia, dal Libro dei Re, ai Profeti, ai Vangeli, è piena di minacce di punizione verso chi non considera la parola un dono: guai a chi la svilisce e la disprezza! E' un dono che rimane in eterno ( assiduamente ) dice il poeta. Per di più è un dono tremendo, come tutto ciò che è divino. Infine - come tutto ciò che è divino - il dono della parola è da scontare, da mettere cioè in lista sul tableau della sofferenza. In quanto al verso " Tu m'hai guardato dentro / nell'oscurità delle viscere", rappresenta il dramma di sentirsi nudo, impotente, astratto da qualsiasi potere gestuale sotto l'implacabile lente divina - una lente ustoria che provoca disagio e malessere; tanto che - essendo la sua ricerca una concatenazione ininterrotta - l'implorazione " non lasciarmi solo alla luce", implica il timore di non saper " rispondere" al dono tremendo di parola ricevuto da Dio. Di restare bruciato. (...)
Curzia Ferrari da " Dio del silenzio, apri la solitudine ". La fede tormentata di Salvatore Quasimodo
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