martedì 8 febbraio 2022

ENDIMIONE

 


                                                        Sentire che le parole ci legano...



Il titolo della raccolta fa riferimento esplicitamente al mito di Endimione ( nel quale il poeta rappresenta se stesso ).
La straordinaria bellezza dell'eroe fu soggetto  frequente  dell'arte antica, che lo presenta come pastore o cacciatore. Curiose alcune spiegazioni razionalistiche degli antichi, secondo una delle quali l'amore di Selene ( la Luna ) per Endimione significherebbe il contributo che al crescere dell'erba dà la notturna rugiada che si produce per le emanazioni della luna ; mentre secondo un'altra, Endimione sarebbe stato un  cacciatore che avrebbe cacciatore di notte con Selene ( cioè al chiaro di luna ) e dormito di giorno, sicché sarebbe stato colpito da eterno sonno.
Come Endimione, anche il poeta sogna, e il sogno esorcizza la paura della morte " E mi svegliavo / pensando : ho sognato la mia morte, ecco / magari me ne andassi così, / magari fosse questo / il mio ultimo giorno,"
La posizione di Damiani può essere definita " oraziana": per lui è meglio un angolo appartato che ci protegga e ci permetta di non farci travolgere dagli affanni, un punto di osservazione che sia anche il laboratorio segreto delle nostre confessioni, dei nostri pensieri. Tutto questo, non per complicarci ulteriormente la vita ma, al contrario, per riportarla entro schemi più semplici, quotidiani, umani, dove gli affetti, gli amori e la natura diventano gli elementi più importanti ed essenziali.






Mi piace pensare al tuo corpo
senza guardarti, solo pensarti, tenerti
nella mia mente,
catturarti nelle parole
senza guardarti
sentire che le parole ci legano
e ci costringono ad abbracciarci.


                                                    ***

Ti tengo la testa tra le mani
accarezzo le tue sopracciglia
il disegno delle tue palpebre
e sprofondo dentro il mistero,
poso le dita su una linea
percorrendo a velocità molto bassa
qualcosa che fu creato
a velocità inimmaginabile;
è come posare le dita
sulla lama di una sega elettrica
e allora sollevo la mano
e ti guardo, e senza capire
mi scaldo un po' al tuo fuoco.
Sono fiamma le tue labbra
fiamma che brucia, fiamma che va tenuta
- come il fuoco - a una certa distanza.
Il fuoco divora ossigeno
tu invece lo produci
come le piante
e avvicinandomi a te respiro
quell'aria senza la quale
non potrei vivere.
Tutti noi siamo come i condannati
a morte del Risorgimento,
ragazzi che prima di morire
hanno sulle labbra la parola " patria".


                                                         ***

Molte volte la vita è sofferenza,
altre volte ci sono stati dei mattini luminosi,
dei risvegli: c'era nebbia e si saliva
come su strade di montagna
dove il cielo era sempre più azzurro
e si sentiva come una chiamata, un appello
come se tutti fossimo chiamati in un punto
verso quelle nuvole, al di là di esse
e c'era poi una donna, non saprei dire chi fosse,
se piangeva o sorrideva, una donna
che piegava il capo con dolcezza.


                                                 ***

Tutti si muovono, vanno su, vanno giù,
fanno questo, fanno quest'altro,
e chi sono io, chi sei tu?
tu invece non facevi niente
stavi lì ferma, seduta
e soltanto sorridevi.


                                               ***

Camminavamo per questa strada
in mezzo ai fiori
e ogni tanto ci baciavamo,
tu eri molto contenta dei fiori
e delle siepi, e accarezzavi le api
ed eri sorpresa dalle lucertole;
l'aria era bianca e fina e tu la respiravi,
io la respiravo nella tua bocca
e la espiravo, e il sole alto brillava
e diffondeva la sua luce su tutto.
Più bianchi erano i tuoi piedi
dei colombi che si posavano
sui rami alti dei pini.




                                  Claudio  Damiani    da     Endimione



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