domenica 14 agosto 2022

QUARE TRISTIS DI RABONI




                                           Adesso tocca a noi alzare questa poca voce...





Camminerai sull'acqua per tornare

dove sei sempre stato. Intanto vivi

pagando vecchi debiti, coltivi

la tua puntigliosità militare,


accumuli prove a discolpa come

se la gioia che ti aspetta dovessi

davvero meritartela o potessi

perderla ancora, ostaggio d'un cognome


inventato da chissà quale mente

boriosa se lo si legge in Giovanni

20,16. Quanti e che duri anni

a sentirti padre infinitamente


volendo essere figlio, a scongiurare

ferite, tu che le hai così care.



                                          ***


Filare tra le lenzuola tremando

di febbre, di felicità al pensiero

d'essere esente dall'essere, libero

dal suo fiato, dal suo affanno - ma quando?


solo al tempo dei tempi, quando ero

un ragazzo, e proprio così, sfumando

il presente e il futuro in un rimando

sine die ne facevo più leggero


il morso? O forse la si prende, questa

malattia, anche da grandi, e forse è grazia

che sia così, è grazia per chi s'appresta


a lasciare la vita e ancora strazia

il moto che la consuma, l'impura

dolcezza che la feconda e l'oscura.



                                                ***


Quanti fossero i pioppi, che importanza

può avere? So che c'erano, che adesso

non ci sono, che a volte m'è concesso

di vederli, immenso fruscio, sostanza


visibile al vento, e so che è ancora

questa la linea che separa da

catastrofi nere o abbaglianti la

grigia dolcezza del giardino. Sfioralo


con gli occhi - soltanto - il sipario, lascia

che di là vada come sai che è andata,

che bruci la fabbrica bombardata

dalle fortezze volanti, che l'ascia


s'abbatta sulle betulle, che i morti

assassinino e perdonino i morti.



                                             ***


Così a volte succede che nel buio

s'insanguini un volto, una mano

ci implori - così c'è

chi ignora e chi invece ha nel cuore

la comunione dei vivi e dei morti.



                                        ***


Stare coi morti, preferire i morti

ai vivi, che indecenza! Acqua passata.

Vedo che adesso più nessuno fiata

per spiegarci gli osceni rischi e torti


dell'assenza, adesso che è sprofondata

la storia. Adesso tocca a noi, ci importi

tanto o quel tanto, siano fiochi o forti

i mesti richiami dell'ostinata


coscienza, alzare questa poca voce

contro il silenzio infinitesimale

a contestare l'infinito, atroce


scempio dell'esistere. ( Al capitale

forse è questo che può restare in gola,

l'osso senza carne della parola ).




                        Giovanni  Raboni  da  Quare tristis



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