Scie di numeri e fame di voli...
L'IMPASTO
Le regole precise dell'amalgama
le lascio ai farmacisti e ai pasticceri.
L'impasto ha a che fare con l'anima.
Le ricette fatte dalla massa
forzano ingredienti in loco
mischiano il troppo, con poco.
Acqua, farina e lievito aprono stanze sul tavolo
nonostante l'aumento delle intolleranze,
danno costanza al lavoro del pane,
la danza del povero diavolo.
***
L' affanno riempie gli spazi
nella sera l'afa satura l'aria.
Scie di numeri e fame di voli,
sospirano le cose tra noi.
Non ammettere gli scalpi
appesi all'attaccapanni,
mentre le lampade sono,
la luce che cerchiamo.
Sfaldate le cartelle,
i rigurgiti del passato
portano ancora afrore,
dove spirano aliti e anéliti.
***
Il rientro accade ancora,
a stridore di rotaie.
Programmi di svago obbligatorio
favoleggiano, verso l'onirico
sapore mattutino.
Il ritorno è eterno
attraverso paesaggi e recinti,
il prosieguo. Accorgersi,
guardando lo ieri dall'oggi
che contrasta in avvio.
***
Le paure sono approssimative,
difettano degli estremi.
I lineamenti affannano sugli spazi
concessi alle solitudini.
Rumori di porcellana
rivelano presenze attorno.
Tra i piatti da lavare nell'acquaio,
resti scrostano parole di ieri.
Un detersivo al limone profuma
questo rito, di grattare sul fondo.
***
Si è soli nella disfunzione dell'essere, nel distacco
dal significato della parola vivente, che include il morire
nei tramonti scorsi a ovest, nel sorgere nuovamente a est.
Gli elenche dei dolori sono sepolti all'ufficio
delle reclamazioni scontate, imbrigliati nelle scartoffie
accettano la polvere come compagna fedele.
Non vorresti sentire le notizie, gli annunci
le voci di paese paiono allontanarsi
nelle bocche colme di cioccolata d'oltre confine.
Rodolfo Ceré da Il giorno del panettiere
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