Chi si allontana preferisce un ricordo disperso...
Quello che colpisce e alla fine seduce nella poesia di Jordi Virallonga, paradossalmente non è che lui ci apra mondi confortanti o visioni gioiose dell'esistenza: tutt'altro. La sua poesia illumina senza mezzi termini, spesso con le parole più feroci e persino volgari, la condizione limitata e frustrante dell'esistenza. Possiamo avere degli ideali, ma la realtà sa come distruggerli; possiamo avere progetti, ma il tempo arriva prima a farli abortire ; possiamo sognare, ma il risveglio del quotidiano ci impone miseria e frustrazione. La poesia di questo autore colpisce senza pietà e ci parla con dura chiarezza, sia dal punto di vista maschile che femminile; il suo io poetante, a volte si identifica con l'uomo, e altre volte con la donna, sempre con una rara capacità di captare l'umana sensibilità, così come le condizioni di sgomento che giorno dopo giorno siamo costretti a subire. La certezza della morte, poi, come inevitabile porto finale, toglie senso alla vita, mentre tutta la filosofia e tutto l'affetto che possiamo abbracciare, non può fare niente di fronte alla rovina che il tempo giorno dopo giorno impone al nostro corpo.
L'INDECENZA SENZA IMPORTANZA
Il macellaio sa se mangi sola a natale,
la mattina odora di burro,
l'attraversi come il cristallo in queste strade
che si allungano tra te e la gente.
Più o meno prevedibile,
come goccia che protegge un divisorio,
la città ti offre poche sorprese,
negozi antichi uguali ai tuoi giorni,
un'ora digitale per mangiare senza eleganza.
Nel parco gli amanti cercano spiazzi,
pesi e misure, una bibita
quella di sempre, affinché passi il tempo;
tu invece desideri
una notte di nubifragio per le strade di Parigi,
respirare fertilità, comprare scatolette, ricette
da fascicoli domenicali, preparare
un banchetto con qualche vanità
che sfiori l'indecenza senza importanza.
In questa catalessi, quando la città appartiene
esattamente al letargo dei pasti,
le spazzature si riempiono di resti di bietole,
così come i giornali di brutte notizie
che eviti, scegli musica nella radio,
rimescoli il perverso con i sali,
ti lavi con la luce delle fessure,
con l'angelo dalla spada fulminante,
e devasta un terremoto la vasca da bagno.
Allora possiedi già il tuo miracolo,
poi imbocchi il corridoio come queste strade
per le quali passi lavoratrice e truccata,
apri il frigo, marciscono i pomodori,
friggi le cipolle, calmi il sangue che addenta
i salumi pieni di occhi,
fai il servizio all'amore come ai tuoi genitori,
alla storia degli uomini e più uomini
che ti abituarono al bacetto e all'insalata,
quando tu sin da piccola volevi
sposarti con un principe, vergine e sensata,
e ormai è tardi per essere una libertina.
***
PERSINO LA MORTE RITARDA
Era un uomo invertebrato,
ma lui lo sapeva.
Raramente ebbe l'incoscienza dell'eroe,
osservava gli indizi come un rospo :
alcuni uccidono, altri cadono, altri guardano,
premesse ordinarie di smorfie
con frasi rifritte, volgari
bassezze solidarie.
Aveva imparato a pensare,
poi a sentire senza pensare, più avanti,
un amore incerto per l'estetica,
per i viaggi in paesi con cascate,
una chiara propensione da ectoplasma
alla virtualità e alle arguzie
che si inventano per poter vivere soli.
Anche così, era un uomo,
un uomo relativo, può essere
che bevesse molto per questo o quello,
perché aspettasse una visita,
dato che l'invertebrato
anche con una piccola parte di qualcuno
sarebbe rimasto soddisfatto.
Ma persino la morte ritarda,
nel frattempo concilia - ebbene sì - un pensiero
si disarticola nel sofà con un bicchiere di vino nero, nero
e i molteplici ragni del National Geographic.
***
LA MISURA IMPOSSIBILE DEL MARE
Ciao, mamma, non ti arrabbiare,
so che sei morta e che Dio non esiste,
che devo essere felice e che faccio male a preoccuparmi di cose
che ti renderebbero infelice,
ma oggi stavo con Vera sul terrazzo,
il mare aveva la misura impossibile
che ti ha rimpiazzato,
e mi manchi per via dello zucchero e delle posate,
per il desiderio che tu ci sia,
che come vedi, lo so che non mi vedi,
e che non ti chiederò dei miei figli.
Non voglio parlare di te perché ti porto
in questa bimba che sono io quando ero tuo e
che ti farebbe essere più giovane, meno morta,
non questa rovina permanente senza colonne
che la tempesta non finisce di devastare,
quell'ultima sete, l'immensità sconfitta dell'abbandono.
Questo l'ho scritto perché a volte,
quando mi sento male
perché non mi domandano di te e glielo dico,
e so e non so - mamma - tu mi conosci,
ho bisogno d'inventarmi il nonno che non ho avuto e quello che ho avuto,
il figlio di puttana di tuo padre, e che a casa mia
ci sia stato l'amore, ci sia stata una regina,
ci sia stata gente straordinaria.
***
QUANDO DUE SI SEPARANO
Quando due si separano
qualcuno rimane senza foto,
di solito è quello che rimane senza casa,
senza vedere ogni giorno i suoi figli,
privo di quasi tutti i suoi libri,
privo della sua scrivania, del suo quartiere,
del coltello del pane.
Dopo un po' di tempo vuoi di nuovo un armadio,
coinquilini, qualcosa di residuale,
perché non ti abitui a dormire
in letti prestati e a passare le notti
bevendo gin, sentendo la mancanza
dei primi amici, delle gite,
il colpo netto dell'acqua nella gola,
quelle colazioni che le madri ormai morte
impacchettavano in fretta per le figlie felici,
capitane di una gioventù seminale
e che non dovevano essere come loro.
Chi si allontana preferisce un ricordo disperso,
il blues che martella
come dieci ore di una vacanza
in un momento della vita che è passata.
Quando ti alleni solo in un campo senza luce,
quando osservi le gradinate vuote,
quello che non sarai più porta un ordine a chi sei stato,
e strappi la nostalgia con i denti.
C' è sempre qualcuno che vuole salvarti
e ti salva molto male; c'è sempre qualcuno
che non ha smesso di amarti e ti rovina la vita,
e giura e rigiura che non sei stato tu
quello che segnò il goal della bandiera
quando era impossibile essere un po' più uomo.
Poiché, chi rimane in casa a guardare le foto,
non vuole che esistano le navi pirata,
le sere con bambini e risate
né può permettersi il perdono
né coprire più terra desolata.
Chi rimane ti umilia,
poiché hai rovinato l'inerzia della fertilità
con la retrazione dell'amore
e dei tessuti vitali della storia.
Per questo viviamo smembrati
con falsi ricordi e futuri, e
non importa che siano veri perché a volte
la vita di un viaggiatore
sta in una scatola con foto e chiavi senza porta,
sta nel rifiutarsi di morire,
per la ragionevolezza ottenuta nel
leggere e scrivere poesia.
***
ANALOGIE TRA UOMINI E CANI
Il mio cane è un furibondo ammiratore
dei pastori tedeschi.
Quando li incontra
si getta a terra,
lecca le loro zampe mentre loro gli annusano il culo.
Il mio cane assomiglia a molte persone
che non vogliono che io sia loro amico,
perché io non so se sono o meno un cane,
sono un tipo comune che lavora per uno stipendio,
ma loro sì, sanno chi sono loro,
e che i figli dei cani,
se sono uomini,
vengono chiamati figli di puttana.
Jordi Virallonga da Persino la morte ritarda ( trad. di M. Benacci e M. Canfield )