Da tempo scrutiamo l'abisso. Da tempo, da quando ne abbiamo coscienza. Una distanza infinita separa due punti: l' io dal tu, il qui dal lì, un istante da un altro. Come sarà ancora possibile l'incontro, come potrà Achille raggiungere la tartaruga? Dai paradossi matematici, che hanno armato e disarmato le speculazioni per secoli, il dubbio rimbalza sui confini dell'etica, investe la funzione dell'arte e della letteratura.
La terra smotta sotto i nostri piedi ogni qual volta ci affacciamo sulla dimensione della dualità, che rischia di aumentare la distanza anziché tracciare possibilità di avvicinamento. Eppure esiste un luogo dove questo incontro può ancora avvenire. Per raggiungerlo, occorre abbandonare le strategie di giustapposizione, dar fuoco all'ego e spingersi coraggiosamente fino all'estremo. Occorre saltare nel vuoto.
Questo salto significa dismettere l'io per trovarsi con l'altro in un non- luogo. La dismissione dell'io avviene in ciò che gli è più proprio, nell'autoritratto, laddove potrebbe affermarsi, farsi uno e potente, trasparente a se stesso. L'io sa che nello specchio potrebbe perdersi, sedotto da se stesso come Narciso, e così si nasconde. Il titolo " Autoritrarsi" traduce già questa volontà facendosi forma pura del verbo che abbandona l'ostinazione del sostantivo. Oltrepassato questo limite, si apre il territorio del possibile, dell' " uno a uno", dei " quaranta " ( poesie) e " quaranta" ( fotografie ), simili a un edificio che si elevi in sistemi di altezze, ma che - nel contempo - accoglie dentro di sé piani orizzontali.
Dell'io sopravvivono frammenti : un occhio che scruta da uno schermo, minimi pezzi di corpo, contorni. Innumerevoli filtri si sovrappongono e mai si ritrova la certezza dell'intero. L'incompiuto è sempre in agguato.
Autoritratto con San Domenico Savio ( io non sono venuto )
Dove sei? Lui ti vede,tu l'hai
visto. Si chiama reciprocità.
M non riguarda te, che sei leggero.
Tu non hai pesantezza, e la materia
del sogno è il capolavoro dell'esistere
con cocciutezza : questo, se la vede,
la spacca, l'acquasantiera.
Questo è morto danzando sulla rima
baciata, facile, tra la sue preghiera
e il pestoso colera che l'ha ucciso.
Un rigo appresso all'altro. Ed è per questo
che nella foto tu non sei venuto.
***
Autoritratto con coso
Non sapendo che fare
di questa smania, prendo a sagomare
figure impersonali e mi assottiglio
per forza, per incollo e per rovello
a epifanie incertissime, che provo
imploro, aggiusto, rompo e poi detesto.
Così detesto me, che me deploro,
per interposto guasto, e quasi cozzo
con un coso all'ingiù, dal collo appeso
ad infinite altezze, a perdifiato,
pencolante nel vuoto e in imminente
pericolo di andare in mille pezzi.
Ciao, sono il coso finito qui per caso
a testa in giù, secondo il tuo giudizio.
Invece sono ritto e sono qui
da ben prima di te, che sei arrivato,
- all'improvviso e assai improbabilmente -
nella postura di un pazzo capovolto.
Ciao, coso, neanche vedo dove porti,
se mai li porti, gli occhi e tutto il resto.
Io sono il fingitore e ti detesto.
Faccio scatti a casaccio. Tu sei il caso
che fa di me colui che non sa fare
che riprovare dopo aver provato.
Non sapendo che fare, hai riprovato.
Da coso a coso, ti dico che hai sbagliato.
Mi viene il torcicollo. Torna su.
Stammi a sentire. Sparisci pure tu.
***
Autoritratto in ritirata
Sono solo, non è
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